di Silvio Ghidini

VIAREGGIO. “Oh ma dove vai? Stai attento a quelli, è gente brutta!”. Una signora anziana mi esorta a lasciar perdere. Lei è sempre lì, su quella panchina un po’ muschiosa della pineta di Ponente, ogni giorno, a guardare male i suoi scomodi dirimpettai. “Quelli vendono la droga – continua – ormai la pineta è loro”.

Il problema non è assolutamente nuovo, ma negli ultimi anni lo spaccio di stupefacenti nelle pinete versiliesi è cresciuto esponenzialmente: dalla Darsena alla pineta di Ponente, dal parco dietro l’Esselunga di Lido di Camaiore ad ogni zona verde leggermente appartata anche nell’entroterra.

Ma chi sono questi compagni di passeggiate di nonni e nipoti, passanti e corridori? Sono andato a fare due chiacchiere con alcuni di loro: pochi sono disponibili (la paura dell’agente in borghese aleggia sempre), soprattuto se in gruppo, ma da soli sono più aperti. Di seguito la chiaccherata con un gruppo (sono 5 o 6), quello più disposto a raccontarsi, nonostante i sorrisi sornioni poco rassicuranti…

Quanti anni avete?
“20, 21”.

Da dove venite?
“Marocco e Algeria, quasi tutti”.

Da quanto siete Italia?
“Alcuni forse due anni. Tutti da minimo uno”.

Perché in Italia e non in un altro paese?
“Perché ci sono i soldi e tutti quanti i nostri amici, non possiamo andare da un’altra parte. In Algeria non c’è mangiare. L’Italia è bella, ci piace”.

Come mai siete venuti?
“Per lavoro”.

Siete arrivati in Italia già sapendo che volevate spacciare oppure vi siete dovuti arrangiare? Come avete iniziato a vendere?
“No, siamo venuti apposta per vendere”.

Che cosa vendete?
“Solo acqua, cose così… (Scherzano tra di loro) Fumo e anche droga… cocaina”.

Quanto fate pagare?
“5, 10, 50…quanto vuole il cliente”.

Quanto riuscite a guadagnare in media?
“1.500, 2.000 euro al mese”.

C’è crisi nel settore?
“C’è solo paura della polizia, non c’è crisi”.

I vostri clienti chi sono? Età media? Lavoro?
“Eh, non sono tutti uguali: ci sono i giovani, i vecchi. Da 50 anni, da 30, da 20”.

Adesso in giro si vede che va molto di moda la coca tra gli adolescenti, quando prima invece si “limitavano” a fumo o erba; o sbaglio?
“No, ai minorenni, a quelli troppo piccoli non vendiamo. Noi si dà la roba a chi poi la fa girare tra i molto giovani: ragazzi italiani, più grandi”.

Perché in pineta?
“Perché è bello, è tranquillo, non c’è gente. La sera stiamo anche in Passeggiata a Viareggio. Sì, per vendere”.

Secondo voi, come mai la polizia sa che siete sempre qui negli stessi posti, tutti i giorni alle solite ore, ma non viene mai a prendervi definitivamente?
“La polizia? Viene sempre: arriva solo la mattina. Perché non ci prendono? Perché scappiamo tutti”.

E che fa? Vi insegue?
“No, quando ci guarda andiamo là, lontano (in mezzo alle frasche) e ci si sta fino a quando non va via”.

E quando vi prende?
(Uno si fa avanti) “Mi hanno già arrestato una volta, forse 6 mesi fa”.

E sei andato in carcere?
“No, però non posso girare per Viareggio, Lido, Camaiore, Darsena e Lucca…”

Ti hanno preso qua in pineta? Ogni quanto passano?
“Sì, mi hanno preso qua. Passano ogni tanto, guardano se c’è il marocchino di turno o qualcuno e poi vanno via”.

Solo perché scappate tra i cespugli?
“Sì, si molla quel che si può e si corre: senza niente in tasca la polizia non può fermarci”.

Come siete organizzati? Voi, quelli dell’altra pineta e quelli dietro l’Esselunga.
“Siamo tutti insieme, c’è un fornitore solo che ci vende a tutti; si compra in Italia, ma da stranieri”.

E per il futuro che volete fare? Vuoi continuare a fare questo lavoro?
“Lavoro qui? No, quando guadagno tanti soldi voglio andare in Marocco, perché lì stai tranquillo senza casini, senza problemi. Compro casa, compro tutto. Ho famiglia e sanno cosa fanno: a loro va bene, perché stanno meglio. Di noi molti vogliono fare così, gli altri che non hanno famiglia restano e continuano”.

Quando si parla di loro come persone (sul personale) e non come ‘lavoratori’ parlano più volentieri. Uno, in camicia e mocassini, se non fosse a cavallo di quella bici probabilmente rubata non lo diresti neanche che è un pusher. Alla parola “polizia” c’è chi ride e chi si guarda intorno, e la tensione sale sempre. Gli agenti ci sono, si vedono spesso, e gli anziani (e non solo) sono puntualmente pronti a riferire la posizioni dei soliti sospetti, che di solito si sono già volatilizzati nelle frasche.

Sul posto, cerco spiegazione ad un paio di agenti della municipale, che incontro proprio in pineta:

Innanzi tutto come siete organizzati su questo frangente?
“Abbiamo due grandi problemi: siamo pochi e costretti ad intervenire in maniera grossolana. Veniamo ogni giorno più i turni di notte, però appena vedono la volante scappano tutti; per agire in borghese serve l’autorizzazione, ma sarebbe inutile, perché, ribadisco, siamo troppi pochi”.

E come mai le autorità si interessano così superficialmente ad un problema che è così in mezzo alla gente, alla luce del sole?
“Perché è una piaga passiva: gli spacciatori non danno noia ai passanti, non infastidiscono, aspettano che il cliente passi e basta. Ci concentriamo sulle cose che la gente sente di più e per cui ha più paura, come scippi e furti. Poi se vai a vedere quelli che rubano non sono quasi mai gli stessi che spacciano”.

Quindi quando la gente si farò il callo e imparerà a convivere con scippi e furti vi concentrerete su altro?
“Il concetto non è quello: anche se a giorni arrivano gli aiuti stagionali, rimaniamo una trentina di agenti (per la municipale) che devono coprire una zona troppo vasta. Dobbiamo agire in maniera mirata per salvaguardiare il cittadino il più possibile, cercando di non tralasciare nulla”.

Eppure i soggetti sono sempre i soliti, negli stessi posti conosciuti da tutti, giorno e notte, ed è anche risaputo che hanno mini-depositi sparsi nei fossi, tra le radici, negli alberi… Almeno in questo frangente potete agire?
“Tutti questi ‘nascondigli’ bisogna trovarli, e non disponiamo di cani anti-droga: quelli stanno a Firenze e Genova, vengono ogni tanto. Comunque in pineta lasciano piccole quantità, minime per la vendita al dettaglio.  Bisogno beccarli tre volte per incarcerarli; al massimo si possono allontanare dalla zona. Altre unità sono attive per sgominare il traffico più grande che c’è dietro, cosa più importante: fatto fuori quello i pesci piccoli non nuotano più”.

E secondo voi le istituzioni locali come dovrebbero muoversi per combattere questo problema pubblico?
“Sicuramente ci vorrebbe un’illuminazione uguale in tutte le pinete, quella scoraggia molto. Il comune, ma per primi i cittadini, dovrebbe cercare di rivalorizzare le pinete, organizzando eventi e agevolando la costruzione di strutture commerciali al suo interno: più la gente vive questi spazi e più li rende propri”.

L’agente ricorda anche che proprio in quest’ultimi giorni il nuovo sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro ha assegnato a Maurizio Manzo il ruolo di assessore alla libertà urbana, che comprende polizia municipale, cultura della legalità e della pace e Protezione civile: il suo passato lavoro come questore fa ben sperare.

Come evolveranno le cose? Lo vedremo con i nostri occhi, nel frattempo possiamo solo chiederci: come può una città vivere di più una zona di cui ha paura?

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TAG:
intervista pusher spacciatore spaccio

ultimo aggiornamento: 24-07-2015


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