di Federica Picinelli

Sento il desiderio di aprire questo nuovo capitolo della rubrica Felicemente con un tema che mi sta tanto a cuore.. non solo perché molto dibattuto, ma anche perché credo che sia un argomento molto attuale: quello del ruolo e della funzione genitoriale.

I genitori di oggi sono descritti come eccessivamente protettivi e i relativi figli come “viziati”, senza limiti o regole interiorizzate tanto che diventano poi adulti immaturi e semplicemente definiti “eterni bamboccioni”.

Una naturale quota di protezione è importante per dare sicurezza ai figli; ma a volte può succedere che il genitore scivoli in un atteggiamento eccessivamente limitante e controllante perché invaso da paure e preoccupazioni rispetto a “quello che c’è la fuori”, bloccando la possibilità del bambino di fare esperienza del mondo esterno, incontrando le naturali frustrazioni che fanno parte della vita e che lo aiutano a crescere.

Uno dei compiti del genitore è proprio quello di accompagnare il figlio alla scoperta del nuovo, proteggendolo dai rischi e dai pericoli; il problema si pone quando questa funzione corretta diventa eccessiva rispetto ai reali rischi oggettivi che il bambino o adolescente può correre, intervenendo ogni volta che si trova in difficoltà, sostituendosi a lui, trasmettendogli così di non essere sufficientemente capace e all’altezza di quella situazione. Questo può alimentare un senso di inadeguatezza ed inefficacia che può portare il figlio alla convinzione di non essere capace e quindi di rinunciare nella sperimentazione del nuovo o nel fare esperienze diverse, perché troppo pericolose.

Vorrei affrontare tale tema ponendo una domanda che mi sono sempre un po’ posta durante il mio percorso di studi e lavorativo: “quali sono i segni di una buona educazione?”. Ho provato a darmi delle risposte che vorrei condividere con voi.
Credo che il primo segnale sia quello di essere felici e appagati di quello che si è, grazie all’acquisizione degli strumenti utili che ci consentono di aver raggiunto un soddisfacimento personale. Poi anche l’essere sufficientemente in grado di far fronte alle differenti vicissitudini, sofferenze e difficoltà della vita avendo introiettato un solido senso di sicurezza in se stessi. Non per ultimo, un altro valore importante credo che sia quello dell’intimità che si può aver acquisito essendo cresciuti in una famiglia in cui i rapporti sono basati su questo valore. Questo permette che il futuro adulto stringa legami di questo tipo con le altre persone, rapporti che conferiscono un senso alla vita propria e altrui.

genitori bambino

Il ruolo educativo della famiglia

Qual è dunque il ruolo educativo della famiglia? Due importanti psicoanalisti (Meltzer & Harris) riassumono molto bene quelle che sono le funzioni emotive della famiglia, ovvero quelle di:

1- “generare amore”, creando quel clima di fiducia e di sicurezza che rende possibile la (buona) dipendenza;

2- “infondere speranza”, intesa come emozione ottimistica di speranza che i genitori tendono a suscitare sui figli;

3- “contenere, modulare la sofferenza” passando il messaggio che la frustrazione entro limiti tollerabili è indispensabile per poter imparare dall’esperienza

4- “aiutare a pensare” con l’obiettivo di permettere lo sviluppo di un pensiero critico costruttivo, e quindi sicurezza in se stessi.

Quindi credo che entrambi i genitori siano una risorsa importante per lo sviluppo del bambino, i quali devono necessariamente rinunciare ad essere genitori perfetti né tantomeno aspettarsi che lo siano o che lo diventino i propri figli: la perfezione non è alla portata dell’essere umano e l’accanimento nel volerla raggiungere è un ostacolo a quell’atteggiamento di tolleranza verso i comportamenti propri ed altrui. E’ necessario però che il genitore maturi una sicurezza circa il suo essere genitore in quanto questo si rifletterà sulla sicurezza del bambino in rapporto a se stesso.

“Il modo in cui un genitore vive un evento, cambia tutto per il bambino, perché è in base al vissuto del genitore che egli si crea la propria interpretazione del mondo” (Bettelheim B.).

Dato che il mio mestiere consiste nel generare domande e riflessioni nell’altro, vorrei lasciarvi con questo interrogativo: “cosa significa, per un genitore, proteggere?”

Per domande, riflessioni e richieste di approfondimenti si invita il gentile lettore a scriverci all’indirizzo [email protected].

Il prossimo articolo con il titolo “La fibromialgia: una “malattia invisibile” ma non immaginaria. Il Centro di Fibromialgia in Versilia” sarà a cura della dott.ssa Alessia Ricci.

Riferimenti bibliografici

Bettelheim B. (1987) “Un genitore quasi perfetto” Tr. It. Feltrinelli, Milano, 1988.
Meltzer, D., & Harris, M. (1986) “Il ruolo educativo della famiglia” Centro scientifico torinese, Torino.
Scabini E., Cigoli V. (2000) “Il famigliare. Legami, simboli e transizioni.” Raffaello Cortina Editore, Milano.
Federica Piccinelli

 

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ultimo aggiornamento: 12-03-2017


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