FORTE DEI MARMI. Versilia, una lunga e sottile striscia di sabbia, fra monti e mare, il “posto” delle vacanze per antonomasia, una località che si offre alla frenetica danza del turismo, rumoroso e colorato e che, all’apertura delle scuole, magicamente, si assopisce, la gente riprende i suoi ritmi, cadenzati come le onde, si torna a pescare, si buttano le reti, si ritorna i veri padroni del paese.
Ma il legame della Versilia con l’arte è datato, risale al 1500, quando Michelangelo sceglieva il marmo per le sue opere e l faceva trasportare a mare dai carri trascinati da buoi, e poi avanti negli anni, fino al 1956 quando Henry Moore iniziò la sua collaborazione con gli scalpellini della zona, e poi le fonderie che hanno lavorato per artisti come Botero, Joan Mirò, Isamu Noguchi, Giacomo Manzù, ma anche pittori come Mario Marcucci, Lorenzo Viani, Carlo Carrà: la Versilia ha sempre avuto un fil rouge privilegiato con l’arte, artisti che qui hanno creato e lavorato, dalla natura della Versilia e dal suo mare traggono ispirazione, natura rivolta all’arte, a volte è dolce e spudorata nei colori e a volte dura e violenta.
E poi, negli anni, grandi mostre ed eventi, in questi ultimi anni gestiti dalla sensibilità femminile, da donne che hanno sempre vissuto nel bello, amato l’arte, e che si sono sempre espresse nell’arte, come Patrizia Grigolini e la figlia Veronica, titolari de “Il Forte Antichità”, una magnifica galleria d’arte, piena di oggetti antichi e pieni di storia, una ricerca continua di una armonia dell’ antico con il moderno fatta da pezzi di alto antiquariato, prima patina, uniti a materiali sorprendenti come il perpex, legni antichi, acciaio, ferro, antiche tessiture, marmi levigati ma anche apprezzate progettiste d’interni, ristrutturazione e arredamento, che si avvalgono esclusivamente di imprese artigiane italiane, pronte ad un nuovo evento al femminile, una mostra personale dell’artista fiorentina e ormai internazionale Elisabetta Rogai.
Spiccano tra queste alcune opere create con la tecnica di Enoart, una personalissima invenzione dell’artista che consiste nel dipingere usando come colore il vino. Dopo anni di studio e molti tentativi, attraverso l’aiuto del professor Roberto Bianchini (docente di chimica organica dell’Università degli Studi di Firenze) Elisabetta Rogai è riuscita a capire come “fissare” il vino sulla tela, un procedimento particolare che dona al quadro una vita vera e propria: sulla tela infatti il vino invecchia ed i colori seguono l’andamento del tempo passando da quelli tipici dei vini giovani (colori vivi come viola e porpora) a quelli che caratterizzano i vini “invecchiati” (ambra, rosso mattone, arancio, dalle tonalità più spente).
Ciò che rende queste opere d’arte davvero particolari è il fatto che dopo un primo tratteggio della bozza del disegno fatta con il carboncino l’artista nella loro realizzazione usa solo ed esclusivamente vino rosso (e bianco per le sfumature) senza aggiungervi altri componenti. Un fissaggio naturale impedisce poi al vino di invecchiare oltre un certo limite, stabilito da Elisabetta: in questo modo i colori restano sempre relativamente luminosi, senza sbiadire troppo: la realtà che cambia a seconda del punto di osservazione dell’artista, ma rimane sempre arte pura.