La montagna è un posto ideale per la pratica dello yoga e della meditazione. Lo yoga è la ricerca di unità tra la nostra parte fisica ed il nostro spirito, tra noi e gli altri.

Monte Piglione un luogo ideale per meditare

Un luogo particolarmente idoneo sulle Alpi Apuane è il Monte Piglione. Dopo aver raggiunto Campo all’Orzo con passo tranquillo, se il clima lo permette, un lavaggio rapido alla fonte che si trova sul sentiero basso, senza segnavia CAI, che unisce la casa della Eva ai casolari de La Parte, proprio ai piedi del Piglione.

Ci cambiamo la maglietta e, dopo aver raggiunto questa ultima località, saliamo il Piglione lungo il sentiero cercando ovviamente di non bagnarci eccessivamente di sudore.
Raggiunta la vetta ci togliamo gli scarponi e ci mettiamo seduti a gambe incrociate e colonna vertebrale eretta in direzione Est. In questo caso verso la piana di Lucca.
Occhi aperti o socchiusi. Venti minuti in silenzio.

Se la cima fosse visitata da altri gruppi o persone conviene effettuare la meditazione sull’anticima, all’altro estremo del lunghissimo crinale di est-sud est.

Sulle Alpi Apuane, perché proprio il Monte Piglione?

Ottimo per chi inizia per la sua forma prismatico-piramidale che favorisce, grazie al magnetismo che genera sulla vetta e più in generale sulla cresta, un’integrazione tra le energie telluriche e quelle solari. Tradotto in parole semplici è un luogo in cui si entra facilmente in stato meditativo perché molto energetico e rilassante al tempo stesso. Ci sono anche altri luoghi ed altre montagne con caratteristiche similari, ma il Piglione è molto facile da raggiungere e presenta un’ottimo luogo per iniziare il nostro percorso di montagna e meditazione.

Nella tradizione di Patanjali, studioso indiano del secondo secolo avanti Cristo e che ha scritto un testo ancora oggi fondamentale, lo yogasutra,  l’esperienza dello yoga è suddivisa in 8 angas, che rappresentano il modo di raggiungere quella unione, vera, non fittizia o immaginata con il nostro vero sé.

Yoga in Montagna

Partendo dallo Yama, che rappresenta il nostro modo di comportarci nel mondo e che ha tra le sue “direttive” quello di astenerci dalla violenza (fino a che punto abbiamo realizzato la non violenza? Ed in ciò che mangiamo siamo non violenti e rispettosi di altre forme di vita animale?), si arriva fino al Samadhi, che è l’unione con il Tutto, fine ultimo dell’Essere umano, che si ritrova con altre forme e parole in tutte le religioni ed in molte filosofie.

Il settimo Angas dello yoga è Dhyana, termine difficilmente ben traducibile in italiano in cui è riportato come meditazione. Meditare però non significa pensare come normalmente saremmo portati a credere, bensì il vivere noi stessi il qui ed ora, senza che la nostra mente, come una scimmia impazzita, come ci dicono coloro che l’hanno realizzato, salti continuamente dal passato al futuro e viceversa, al punto da non riuscire a vivere il presente, che è l’unica dimensione spazio-temporale che ci appartiene.

Come meditare in montagna

Il sistema più utilizzato è quello di sedere a gambe incrociate e con la colonna vertebrale in posizione eretta, in silenzio, con gli occhi aperti e socchiusi, concentrandoci sull’aria che entra ed esce dalle nostre narici, senza soffermarci su pensieri, preoccupazioni o cose da fare.

Ci dimentichiamo proprio di vivere! Il passato ormai è passato e non possiamo cambiarlo. Il futuro quando si realizzerà sarà presente. Quindi non esiste in quanto tale. È solo un’idea mentale che non corrisponde ad una realtà fisica.

Quindi dobbiamo meditare? Certo! È un profondo stato fisiologico della nostra vita. Sono stati fatti molti studi scientifici sulla meditazione, che dimostrano come durante questa pratica il cervello, misurato con l’elettroencefalografo, lavori emettendo onde alfa, proprio quelle del relax e della tranquillità.

La pratica dello Yoga, quanto tempo serve al giorno

Per una corretta pratica dello Yoga, bastano venti minuti al giorno. Viviamo tutto il resto del giorno proiettati all’esterno, in relazione con il mondo e con gli altri e ci dimentichiamo di noi stessi, del presente, del qui ed ora.

In genere l’ora migliore per meditare è la sera, al crepuscolo, quando le attività del giorno rallentano, quando siamo al termine della giornata lavorativa.

Un ambiente tranquillo, non rumoroso, dove nessuno ci possa disturbare, il telefono spento, seduti in modo comodo a gambe incrociate o in posizione di loto, o su di un cuscino o un panchetto confortevole in modo da poter tenere la posizione per venti minuti senza fastidi alle gambe o alla colonna.

Ma non è  l’unico modo. Anche altre situazioni o momenti della giornata possono essere idonei alla meditazione.

Anche camminando. Ci sono tradizioni interessanti, come la meditazione Vipassana, tipica della tradizione buddista, in cui, in alcuni momenti della pratica, si usa il passo lento come base della meditazione stessa.

Lon-gon-pa, superare il freddo, la fame e la fatica

Ad esempio, i famosi Lon-gon-Pa tibetani che in meditazione riuscivano a percorrere grandi distanze senza che il freddo, la fame o la fatica li rallentassero, magari mentre portavano un messaggio da una lamaseria all’altra. La lamaseria è il convento dei lama e dei monaci tibetani.

Ho provato qualche volta la pratica dei Lon-gon-Pa, ovviamente non per recarmi in luoghi lontani camminando per più giorni, bensì per vivere più profondamente un’esperienza di montagna o più semplicemente di trekking.

È, potrei dire, uno stato di grazia che sorge spontaneamente quando vivi in silenzio la montagna, quando SEI la montagna, gli alberi, i fiori, il cielo.
lo yoga in montagna, una profonda esperienza di identificazione con ciò che ti circonda, che ti porta in uno stato di consapevolezza il quale ti rende presente di tutto quello che avviene intorno a te.
È qualcosa che accade, che non ricerchi, semplicemente avviene, non dipende dalla tua volontà.

Ma occorre amore per la montagna, silenzio interiore, osservare ciò che ci circonda, sentire il nostro corpo e i nostri passi.

Non dobbiamo essere in competizione con altri o con noi stessi, voler stabilire record di qualsiasi tipo e, fondamentalmente, dobbiamo esserci.
Ci sono tecniche che possono aiutarci su questo importanze sentiero di consapevolezza.

Ad esempio, verso la fine dell’escursione fermarsi in un prato e meditare per qualche minuto seduti, lasciando fluire stanchezza e pensieri.

Se è abbastanza caldo, siamo fisicamente in forma e ci troviamo nei pressi di torrenti o laghetti di montagna possiamo anche fare un tuffo o comunque bagnarci per eliminare il sudore e la polvere e così meditare meglio. In questi casi è importante mettere nello zaino biancheria di ricambio e asciugamano.

Ce ne sono di semplici e leggeri in polietilene studiati proprio per asciugarsi in montagna senza che resti troppo umido l’asciugamano stesso.

Meditare, imparare a respirare, camminare consapevoli: questa è la chiave dell’esperienza profonda e al tempo stesso sottile del vivere il nostro cammino, tra prati e boschi.

In questi giorni, in cui sento l’impellente necessità di sintetizzare le mie idee ed esperienze, la montagna mi aiuta in tutto questo, la montagna come silenzio, meditazione in cammino, dialogo con il mio se più profondo.

Nei corsi e nei gruppi su alimentazione e medicina naturale che ho l’opportunità di dirigere, oltre alle fondamentali nozioni tecniche cerco di trasmettere tutto questo che ho realizzato e quando sono libero, spento il cellulare, mi soffermo in meditazione su qualche cresta rocciosa o in qualche torbiera (conoscete le torbiere? Sono la parte più vitale delle montagne) in simbiosi con tutto ciò che mi circonda: i ranuncoli, gli astri alpini, l’epilobio, le api ronzanti, il timido capriolo e i rapaci che volteggiano in alto nel cielo.

Dr. Vasco Merciadri
Medico Chirurgo e Istruttore Yoga

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escursioni alpi apuane

ultimo aggiornamento: 23-10-2017