VIAREGGIO. Lo hanno raffigurato nelle vesti più disparate – cuoco, gatto, pirata, vampiro, clown, burattino, Amleto. Gli hanno sempre riservato particolare attenzione, forse più di ogni altro politico italiano o internazionale. Perché il senatore a vita Giulio Andreotti, sette volte Presidente del Consiglio e ministro di svariati dicasteri, scomparso oggi lunedì 8 maggio all’età di 94 anni, è sempre stato assurto a emblema del Potere per antonomasia. E i carristi del Carnevale di Viareggio non hanno potuto far altro che adeguarsi, dedicandogli decine e decine di caricature in cartapesta.
Solo limitandosi ai carri di prima categoria il Divo Giulio vanta quasi trenta apparizioni ai corsi mascherati: il debutto risale al 1973, l’anno in cui il Carnevale celebrava il suo primo secolo di vita. A farlo salire per la prima volta su un carro grande è Silvano Avanzini, tra i maghi della cartapesta che più lo hanno bersagliato: nel suo “Cento anni dopo” l’allora Primo Ministro usciva da un televisore vestito da clown giallo, con il cappello a cono, simbolo dell’Italia repubblicana contrapposta a quella che nel 1873 era ancora governata dalla monarchia.
Due anni dopo, Giovanni Lazzarini, altro straordinario alfiere della satirica politica, gli riserva un posto su “La grande fregata”, una barca che annovera come equipaggio i principali esponenti della Democrazia Cristiana. Poi, sul finire del decennio, la presenza di Andreotti sui carri si intensifica: nel 1977 è lo chef che dà in pasto ai famelici industriali l’osso spolpato del ‘miracolo economico’ ne “La cena delle beffe” di Avanzini e il cappellaio matto in “Alice nel paese delle meraviglie” di Carlo Vannucci. L’anno successivo è l’indiscusso trionfatore: è l’improbabile Eva dell’Eden di “Peccato originale” di Avanzini, satira sul compromesso storico, e uno degli ammiragli della barca di carta di “Bontà loro” di Arnaldo Galli, le due costruzioni che vincono ex-aequo.
Il tempo passa, l’Italia viene travolta dallo scandalo Tangentopoli, eppure Andreotti non passa ancora di moda. Nel 1990 è una sorta di Amleto con tanto di teschio di Yorick nel carro “Essere o non essere?” di Roberto Alessandrini, l’anno seguente Arnaldo Galli lo raffigura come una barriera invalicabile in “Al di là del muro” e nel 1992 è il comandante della derelitta nave di “A gonfie vele verso l’Europa” di Silvano e Alessandro Avanzini.
Successivamente arrivano presenze sempre più sporadiche e marginali, da “Moby Dick” del 1994 a “Giubileo 2000” del primo Carnevale nel nuovo secolo, da “My day, my day” del 1995 a “A Carnevale clonare vale” di tre anni dopo. L’ultima volta da attore principale di un carro è datata 2009: da pochi mesi è uscito nelle sale cinematografiche la pellicola “Il divo” di Paolo Sorrentino e a Viareggio sfila al centro della costruzione “Il potere logora chi non ce l’ha” di Gionata Francesconi, dove, nei panni di Papa nero, osserva fatti e misfatti della storia d’Italia.
In quello stesso anno, peraltro, il quotidiano Il Tirreno anticipa che il vero Andreotti, per la prima volta, ad una delle cinque sfilate sui viali a mare. L’indiscrezione non prenderà mai corpo. Il Divo Giulio se ne va, portandosi nella tomba innumerevoli segreti sul nostro paese. E senza la soddisfazione di aver ammirato, dal vivo, una delle innumerevoli caricature a lui dedicate.
@GorskiPark
Leggi il messaggio di cordoglio della Fondazione Carnevale