Fuori dal podio per un centimetro. Un misero, fottutissimo centimetro. Una delusione solo in parte mitigata dal primato italiano stabilito proprio in quel giorno. È il 4 agosto di ottanta anni fa precisi precisi quando il viareggino Arturo Maffei sfiora la medaglia di bronzo nella gara di salto in lungo alle Olimpiadi di Berlino del 1936: fu, sportivamente parlando, uno dei momenti più alti di una carriera comunque costellata di successi. E, al tempo stesso, forse il suo rimpianto maggiore.
Per Maffei, all’epoca un giovanotto di 26 anni, si trattava dei primi Giochi olimpici a cui prendeva parte dopo la mancata qualificazione a quelli di Los Angeles del 1932: in una Berlino pavesata di svastiche e altri simboli nazisti – i cosiddetti “Nazi Games”, in realtà, erano stati assegnati alla Germania ai tempi della Repubblica di Weimar, ma i vertici del partito nazionalsocialista tentarono di sfruttarli a scopo propagandistico – c’era la speranza di portare a casa una medaglia.
Già al primo tentativo Maffei replica i 7,50 metri con cui è diventato il nuovo primatista italiano nei mesi addietro, è quarto. Al terzo turno si delinea già quella che sarà la classifica finale: Owens e Long fanno gara a sé, alle loro spalle sbuca il giapponese Naoto Tajima che vola a 7,74 metri mentre Maffei si ferma un centimetro prima, ritoccando ulteriormente il record italiano (e nessuno riuscirà a far meglio di lui fino al 1968).
Negli ultimi tre salti a disposizione l’atleta viareggino tenta invano di superare quella barriera mentre Owens fa addirittura 8,06 con tanto di nuovo primato olimpico: sul podio ci finiscono lui, Long e Tajima.
Stando al racconto di Maffei, i due s’incrociarono nel tunnel dell’Olympiastadion: mentre Hitler salutava Owens con il braccio teso, l’altro gli stava porgendo la mano. Il cancelliere tedesco tentò di fare altrettanto, ma nel frattempo l’americano aveva portato la sua alla fronte per eseguire il saluto militare. Pochi secondi, uno sguardo fugace e poi basta.
E proprio mentre Buffa portava in scena il suo spettacolo nei teatri di mezza Italia, a Viareggio l’amministrazione comunale rimuoveva dal primo piano del municipio la bacheca con tutti i cimeli che Maffei aveva donato alla sua città: ne è nata una polemica, a oggi irrisolta, tra la figlia Gloria e l’allora sindaco Giorgio Del Ghingaro. Ma la giunta è stata irremovibile: i trofei rimangono alla sede del comando della polizia municipale. Proprio nell’ottantesimo anniversario di quel salto che per poco non valeva il bronzo…