SERAVEZZA. Al Teatro Scuderie Granducali di Seravezza venerdì 14 e sabato 15 dicembre alle 21.15  inaugurazione della stagione teatrale 2012-13: “Uno centomila”, dedicata alla narrazione, curata da Elisabetta Salvatori. Ad alzare il sipario sulla rassegna la prima nazionale di “Non c’é mai silenzio. La strage della stazione di Viareggio” di e con Elisabetta Salvatori accompagnata al violino da Matteo Ceramelli.

“L’ho chiamato “Non c’è mai silenzio” – spiega l’attrice –  pensando che le nostre giornate sono piene di voci e rumori, a tanti dei quali non ci facciamo neanche caso, ma se uno, è legato a un ricordo, sentirlo lo rievoca. Il fischio di un treno, per tutta la città di Viareggio, a soli tre anni dalla strage, è una lama, che ogni volta riapre il cuore, porta ricordi e chiede giustizia.

Raccontare questa storia, è stato come entrare nella case di via Ponchielli, poco prima delle 23.50 del 29 giugno 2009. Conoscerli. Vedere due amiche che giocavano a carte sul letto, cinque ragazzi  a tavola, con le birre davanti, due sposi sul divano, i bimbi a letto, sentire un lavandino che gocciola e l’odore delle lavatrici stese.

Ho cercato di raccontare la poesia che c’è nella vita di tutti i giorni, e forse per questo, nonostante l’argomento, non è una storia triste. Mi pareva che la tristezza non onorasse la memoria di quelle 32 vittime. Di loro racconto la vita, e dopo di loro la storia di un treno che correva troppo forte, che trasportava gas e che non era stato revisionato correttamente, e unisco la mia voce, a quella di tutta Viareggio, perché anche il palco di un teatro serva a chiedere giustizia.

Viareggio non è solo una terra di vacanze e Carnevale: sono figli di calafati, conoscono il pericolo: hanno domato il mare quando non c’erano le previsioni del tempo, quando si guardava il cielo per partire. Hanno principi solidi, perché sono abituati alla precarietà della sabbia che scivola sotto i piedi. Anche le onde, come un treno, parlano”.

“Non c’è mai silenzio”, racconta un po’ anche questo spirito di Viareggio. Città ferita, ma che ha saputo trasformare il dolore in forza, non è ferma ad aspettare i tempi della giustizia: si muove, si unisce ad altre realtà, denuncia e non permette che su questa vicenda cali il silenzio.

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