VIAREGGIO. “Le 30mila imprese turistiche italiane che operano nel settore della balneazione – stabilimenti balneari, camping, alberghi, ristoranti – si trovano in uno stato di profondo malessere per la mancata soluzione di problemi vecchi e nuovi. La situazione di evidente svantaggio competitivo rispetto alle imprese concorrenti ubicate in Paesi nostri diretti competitori ove, per esempio, la durata delle concessioni è di gran lunga superiore alla nostra – Spagna, Portogallo e Croazia – è aggravata dalla completa paralisi di nuovi investimenti che sono inibiti da un assetto normativo che va profondamente riformato eliminando la condizione di precarietà che attualmente caratterizza le imprese che operano su pubblico demanio.” Lo si legge in un documento politico programmatico sottoscritto da Vincenzo Lardinelli (Assobalneari-Confesercenti), Fabrizio Licordari (Coordinamento Confindustria), Cristiano Tomei (Sib Cna-Balneatori) e Riccardo Borgo (Confcommercio).

“Tale condizione, unita all’altra paradossale di ‘impresa a tempo determinato’ che si è venuta a creare con titoli concessori di durata estremamente ridotta, scoraggia gli investimenti, non incentiva la professionalità, mortifica la peculiarità del “prodotto balneare” italiano costituito  prevalentemente da piccole imprese familiari che sono state in grado, con il rapporto personale tra gestore e cliente, di garantire l’eccellenza del servizio e la fidelizzazione della clientela.

Infatti, le regole per le concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreative che hanno, sin qui, permesso e aiutato a crescere il complesso mondo della balneazione italiana necessitano di una loro profonda ed estesa riscrittura perché ormai snaturate e profondamente modificate su impulso dell’Unione Europea, per l’azione della giurisprudenza e per nuove leggi  incomplete e precipitose.

“Necessitano di soluzioni innovative un insieme di problematiche: modalità di affidamento delle concessioni, la loro durata, la natura delle opere, i criteri di determinazione dei canoni, le fattispecie estintive e modificative, le delimitazioni dei beni demaniali, la sovrapposizione di soggetti titolari delle funzioni.

“È ormai tempo di riscrivere la parte demaniale del Codice della Navigazione del lontano 1942, che è diventata obsoleta rispetto al nuovo assetto istituzionale e comunitario, anche al fine di introdurre elementi di semplificazione (DIA, conferenze di servizi, eliminazioni di valutazioni superflue come quelle doganali) di procedure amministrative che attualmente ritardano o impediscono  ammodernamenti e innovazioni di cui il settore ha costantemente bisogno.

“Occorre, in altri termini, mettere mano con  urgenza ad  un’azione riformatrice volta a delineare il Codice della navigazione del XXI° secolo che, nella nuova visione dinamica dei beni (dall’articolo 59 del DPR n. 616\77 in poi), assicuri il perseguimento dell’interesse pubblico proprio attraverso un moderno e razionale uso del demanio quale importante risorsa economica, oltre che ambientale, del Paese la cui integrità e consistenza, del resto, è stata più volte garantita anche dagli ingenti investimenti delle imprese attraverso Accordi di programma con la Pubblica Amministrazione..

“Ecco perché concordiamo con quanto più volte sollecitato dalla Conferenza delle Regioni, da Anci e Upi, di emanare al più presto una legge quadro per assicurare quel riordino organico dell’intera materia non più eludibile o rinviabile.

“In tale riordino è di particolare centralità ed urgenza la salvaguardia delle aziende attualmente operanti a seguito di una concessione amministrativa che riconosce al titolare, alla scadenza, il diritto al suo rinnovo in conformità però a norme che sono state recentemente abrogate.

“La soluzione di questo problema non può prescindere dal rispetto, oltre che dei principi generali di proporzionalità, prudenza, opportunità e riconoscimento delle funzioni pubbliche e di interesse generale – sicurezza in mare e a terra, protezione dell’ambiente – di due principi giuridici e di giustizia tanto elementari quanto fondamentali.

“In primo luogo la tutela della certezza del diritto e della buona fede di chi ha confidato  nell’assetto normativo e amministrativo previgente: il ‘legittimo affidamento’ che rischia di essere gravemente leso e offeso se non viene trovato il corretto e giusto rimedio.

“Lo Stato – che per decenni ha garantito, con le norme e con la prassi amministrativa costante e uniforme, la continuità delle imprese e con essa  gli investimenti non solo di capitali, ma soprattutto del lavoro che ha comportato una vera e propria scelta di vita per oltre 100.000  persone – non può venir meno al suo impegno così solennemente assunto senza un adeguato e giusto rimedio.

“Ma oltre a tale principio giuridico, l’abrogazione del rinnovo automatico non accompagnato da una adeguata nuova disciplina rischia di recare pregiudizio anche al diritto alla proprietà della propria azienda costituzionalmente e comunitariamente tutelato.

“Infatti, come anche recentemente riconosciuto dall’autorevole giurisprudenza del Consiglio di Stato, la concessione demaniale costituisce un elemento essenziale dell’azienda, così che la perdita  della prima comporta inesorabilmente anche in venir meno della seconda.

“Con la conseguenza che la messa all’asta delle concessioni in essere, individuate e valorizzate non dalla Pubblica amministrazione ma dagli attuali titolari o loro danti causa, comporta necessariamente il trasferimento coatto dell’azienda  con conseguente suo sostanziale esproprio.

“Alla luce di queste considerazioni riteniamo indispensabile un preciso impegno a difesa della balneazione attrezzata italiana quale irrinunciabile fattore di qualità  e di vantaggio competitivo nel mercato turistico internazionale del prodotto “mare”,  superando gli ostacoli normativi e burocratici che impediscono gli investimenti per il suo ulteriore sviluppo.

“A tale scopo sarà necessario prevedere, nell’ambito delle necessarie intese da ricercare  con autorevolezza e determinazione con la Commissione Europea anche attraverso una corretta interpretazione della direttiva servizi, una specifica disciplina che assicuri la continuità dell’attività delle imprese attualmente operanti all’interno del generale riordino sopra indicato.

Nelle more dell’emanazione della legge quadro c’è l’urgenza, prima della prossima stagione estiva, e quindi fra i primissimi atti del nuovo Governo, di emanare un provvedimento normativo che:

 

  • sospenda le procedure di incameramento dei beni delle aziende ex articolo 49 del Codice della navigazione che sono foriere di grave contenzioso. Tale sospensione è tanto più necessaria laddove  si procede ai tentativi di incameramento  senza tenere in nessun conto i contenuti  degli atti autorizzativi ( concessioni demaniali e autorizzazioni edilizie ) che ne sono  alla base e sono state il presupposto  per la realizzazione di quei beni;
  • sospenda la riscossione coattiva dei canoni per le pertinenze demaniali disposti con l’articolo 1 comma 251 della legge n. 296 del 27.12.2006 che stanno producendo effetti devastanti per alcune centinaia di imprese. E’ necessario individuare meccanismi di calcolo che, garantendo gettito invariato o maggiore, siano più equilibrati e tali da non espellere dal sistema imprese impossibilitate a corrispondere canoni eccessivi;
  • uniformi l’aliquota Iva irragionevolmente e ingiustificatamente ordinaria del 21% rispetto a quella speciale del 10% applicata a tutte le imprese turistiche italiane, per non considerare l’aliquota massima europea del 7,5 %.

 

“La mancata adozione dei provvedimenti sopra menzionati, con il conseguenziale esteso contenzioso delle imprese attualmente operanti a tutela dei loro diritti e con il permanere della paralisi negli investimenti, potrebbe pregiudicare definitivamente e irrimediabilmente, non solo qualsiasi prospettiva di crescita turistica del Paese, ma persino il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e di mercato garantiti dai servizi di qualità e di eccellenza sin qui forniti.

“Ecco perché riteniamo che la problematica riguardante queste imprese meriti un serio impegno da parte delle forze politiche impegnate per il rinnovo del Parlamento nazionale.

“La ferma determinazione dei balneari italiani, che si è manifestata e progressivamente rafforzata nel corso degli ultimi anni in innumerevoli azioni di protesta e di mobilitazione, è dovuta non solo alla insopportabile ingiustizia nei loro riguardi per normative vetuste o frettolose ma anche alla profonda convinzione che lottando per la tutela dei loro beni e del loro lavoro salvaguardano un fondamentale fattore di competitività e di successo del nostro paese.”

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