(foto Galatea Versilia)
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Nuovo appuntamento con A Spasso con Galatea, grazie a Stefania e Tessa del blog Galatea Versilia. Stavolta ci portano alla scoperta della storia di uno dei locali più famosi della Versilia: la Capannina

La Capannina è un locale mitico: frequentato in passato dalla crema della società italiana, ancora oggi anima i fine settimana e le serate estive di giovani e meno giovani.

Ma quando ha origine il mito, e come nasce il locale?

Achille Franceschi, secondo sindaco di Forte dei Marmi e proprietario del Grand Hotel, vede una capanna di legno sulla spiaggia di 4 metri per 3 con la licenza per vendere alcolici. Trovandosi senza soldi in seguito al fallimento del Grand Hotel e alla sua carcerazione per debiti a San Giorgio, convince con il suo entusiasmo spumeggiante la moglie Nella ad acquistare la baracca per 4.000 lire. Siamo nel 1929 e inizia l’avventura.

Liquori famosi, musica alla moda, cucina casalinga che Nella Franceschi prepara nella vicina pensione Villa Mimosa sono gli ingredienti per un immediato successo. L’ambiente è semplice ma raffinato: materiali poveri come paglia, frasche, tessuto di sacco, legno sono accostati ad hoc; i colori verde, avorio ed arancione mettono allegria. Il piccolo bar all’interno è gestito con professionalità da Nico, il ventenne tedesco che si era fatto le ossa all’Hotel Quirinale di Roma.

Industriali, nobili e intellettuali colonizzano subito quel locale così particolare dove non ci sono formalità e si passa le

(foto Galatea Versilia)
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serate scalzi e coi capelli al vento.

La magia è quasi riuscita, manca solo una cosa: un nome!

Gli illustri ospiti propongono nomi bizzarri come Harem della bajadera, Maniero delle fate, Alhambra…alla fine Bungalow sta per avere la meglio. Orazio Pedrazzi, politico e giornalista, tifa per un nome più semplice e soprattutto italiano. Saltano su le sorelle Suarez “Capannuccia…alla fine di una capanna si tratta!”, a da Capannuccia a Capannina il passo è breve…

Diversi gli aneddoti simpatici legati alla Capannina. Ricordiamo il marchese Negroni che mescolando bitter, gin e vermouth inventa l’alcolico che prenderà il suo nome. Curzio Malaparte, al confino a Forte dei Marmi, vi andava ogni sera col fedele cane Febo, un cirneco dell’Etna albino. Italo Balbo col suo idrovolante ammarava di fronte alla Capannina, avvertiva del suo arrivo con un megafono e Franceschi inviava il cameriere col pattino e una bottiglia di champagne perchè l’aviatore potesse fare l’aperitivo sull’acqua.

Nel febbraio 1939 ,all’indomani di un veglione di carnevale, la Capannina prende fuoco e in pochi minuti la costruzione di legno e paglia è completamente distrutta. Il locale, che ormai rappresentava un simbolo per il paese di Forte dei Marmi, viene ricostruita più bella che mai in soli 45 giorni con il podestà che velocizza le pratiche burocratiche e gli uomini che prestano manodopera gratuita.

Achille non si riavrà mai completamente dal dispiacere e muore qualche giorno dopo l’inaugurazione, il 10 agosto 1939.

Tessa Nardini

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