Nuovo appuntamento con  FeliceMente, la rubrica di VersiliaToday dedicata alla mente e alla sua conoscenza, curata dalla dottoressa Valentina Aletti.

The wolf of Wall Street: persuasione, droga e perversioni

L’ultimo film firmato Martin Scorsese sembra aver riscosso un gran successo. Sale cinematografiche piene, lunghe file per acquistare l’ingresso e molte risate del pubblico durante il film.

Un esempio lampante di “comunicazione persuasiva” di cui il protagonista ne incarna l’emblema. Un uomo che per doti, principalmente innate, riesce a creare un bisogno nell’interlocutore, tale da indurlo a comprare molto spesso quello che metaforicamente potremmo chiamare “aria fritta”.

Negli Stati Uniti sono già numerose le accuse rivolte a questo film, quasi come se il potere persuasivo del protagonista Jordan Belfort potesse rompere gli schermi e invadere lo spettatore.

Le grandi critiche ruotano attorno ai temi della persuasione e a come il personaggio principale, interpretato da uno strepitoso Leonardo Di Caprio, sembri essere dipinto come una vera e propria icona da imitare, da prendere ad esempio per ottenere qualcosa nella vita, per diventare qualcuno.

In effetti poco spazio viene lasciato alle storie di chi, nella vita reale, ha subito grandi perdite economiche a seguito delle truffe subite … ma come poter inserire l’immagine di donne e uomini “sfigati” e vinti, in un film in cui c’è spazio solo per i “fighi” e gli invincibili???!!!

Non che questo poi però cambi la realtà, quella in cui persone disperate, ingenue o talvolta sprovvedute, assumono il ruolo di truffati e quella in cui persone dai valori altamente discutibili assumono il ruolo di truffatori.

A mio avviso i temi della comunicazione persuasiva e la sua rappresentazione “allettante” stanno in secondo piano, lasciando lo spazio al vero dramma di questo film…la droga, il sesso patologico, la depressione e la lacerazione dei rapporti affettivi… in altre parole una famiglia inesistente e poi paradossalmente distrutta.

Un po’ come nella pubblicità del Mulino Bianco, le famiglie dei protagonisti, completamente immersi nel loro mondo lavorativo, sono fatte di una bella casa e molti agi, tutto ciò che una persona potrebbe desiderare… ma la casa è vuota! Gli agi sono transitori! Come la casa della pubblicità, un’ immagine piacevole da guardare ma che tutti riconoscono come finta, costruita, priva di qualsiasi reale sensazione di calore e di affetto.

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Ma la cosa ancor più drammatica del film non proveniva dallo schermo, bensì dalla sala… numerose persone, in gran parte giovani, che ridevano, ridevano a “crepapelle” di fronte a scene di abuso di droghe e di sesso pervertito, girate in perfetto stile Quentin Tarantino.

Per me un enorme spunto di riflessione che vorrei condividere con voi lettori: dov’è finita la percezione dell’eccesso? Esiste l’empatia per la sofferenza altrui?

Ridere di fronte all’immagine di un uomo agonizzante quasi in overdose è sinonimo di immaturità? Oppure sostenere questo è come nascondersi dietro un dito per non vedere quanto in realtà sia sinonimo della nostra incapacità di sentire il dramma di queste situazioni?

Purtroppo per gli addetti ai lavori come me, le scene sono state un forte richiamo alle vite di chi ogni giorno cerchiamo di aiutare e quindi le risate non sono uscite e l’empatia è stata automatica.

Sicuramente non avrei lasciato vedere questo film a mio figlio di 14 anni appena compiuti, perché in Italia il film è vietato solo ai minori di questa età.

Sicuramente consiglio ai genitori di prestare attenzione a come passano le giornate al cinema i loro figli, perché per la visione di questo film è necessario avere una personalità ben formata e dei valori in base ai quali poter guardare queste immagini cercando di raccogliere un insegnamento anziché una provocazione!

Impegnarsi a crescere giovani adulti capaci di entrare in contatto con la sofferenza altrui, permetterà di invecchiare accanto ai propri figli sentendo il vicinanza di una famiglia, anziché la lontananza di un ospizio.

È proprio il caso di dire che dopo secoli la celebre frase del filosofo inglese Thomas Hobbes  “homo homini lupus” sembra ancora molto attuale!

 

*

FeliceMente è curata da Valentina Aletti, psicologa clinica, laureata presso l’Università degli Studi di Firenze. Specializzanda in psicoterapia sistemico-relazionale ha conseguito master di perfezionamento in PNL , diagnosi e cura dei disturbi del comportamento alimentare e obesità , consulenza tecnica e peritale e disturbi dell’apprendimento e comportamento in età evolutiva. Per informazioni o richieste scrivere a [email protected]

Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni fornite hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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ultimo aggiornamento: 02-02-2014


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