VERSILIA. “Ieri ero presente al pronto soccorso e sono stata la prima, insieme ad un altra donna a lanciare l’ allarme agli infermieri, che l’uomo (che non era in sala di attesa perché doveva aspettare il suo turno) non respirava più”.

A raccontare l’accaduto è Giulia Duccini, testimone oculare della morte di Robert Panasewicz, il cittadino polacco che ieri ha perso la vita nella sala d’attesa del Pronto Soccorso dell’Ospedale Versilia. La donna ha scritto alla nostra redazione per raccontare come sono effettivamente andate le cose e per far luce sulla tragedia.
“Quell’uomo era stato visitato e dimesso con un codice verde (ho visto il suo foglio di dimissioni, mentre depositavo la mia testimonianza ai carabinieri). È stato dimesso e lasciato quindi al suo tragico destino, in una sala di attesa del pronto soccorso. La gravità dell’accaduto risiede proprio nelle dimissioni, nella negligenza e non curanza di tutto il personale del Pronto Soccorso che in quel momento era di turno.

Che quell’uomo avesse problemi legati all’abuso di alcol non legittima i medici (e il personale in generale) a tali negligenze. Lo hanno fatto uscire dalla sala delle visite, in evidente stato terminale, e lo hanno semplicemente abbandonato nella sala di attesa. Dopo 15 minuti è deceduto”.

“Ho visto il suo ultimo spasmo, dopodiché la morte se lo è portato via. Io non potevo immaginare che quello spasmo fosse il suo ultimo respiro, dentro di me mi dicevo che i medici, sicuramente sapevano cosa stavano facendo. Immaginavo stesse dormendo. La fiducia, si è rivelata fallimentare. Osservavo quell’ uomo seduto su quella sedia, e continuavo a ripetermi che non poteva essere morto, ero io che non notavo il suo respiro, perché lui era debole,e il suo respiro flebile. Intanto il tempo passava e non mi rendevo conto di quanto effettivamente stesse passando”.

“Dopo due ore, cioè alle 21.15 mi sono avvicinata a lui. Aveva le mani viola, ed era ancora immobile, nella posizione in cui lo aveva lasciato l’infermiera che “gentilmente” lo aveva accompagnato fuori. Era morto. Morto nell’indifferenza delle persone presenti e che li sedevano accanto, e nell’indifferenza del personale del pronto soccorso. Le domande che mi pongo sono diverse: i medici hanno fatto i controlli, hanno effettuato gli esami? E se sì, come hanno potuto dimetterlo?”.

“Io da comune ignorante in materia medica, ho subito notato lo stato terminale di quell’uomo e mi sono chiesta con stupore e incredulità come potesse essere parcheggiata in sala di attesa, una persona in quello stato di malessere cosi evidente, ma ho sottovalutato la mia capacità di giudizio e sopravvalutato la capacità professionale dei medici e del personale.

L’amarezza che mi porto nel cuore, il senso di impotenza che mi affligge non si possono descrivere, cosi come non si possono commentare i commenti di chi si è espresso dopo l’accaduto e l’indifferenza delle persone che non hanno battuto ciglio, quando si sono resi conto di sedere accanto ad un morto”.

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