PIETRASANTA. Si è celebrato presso il Tribunale di Lucca con rito abbreviato il processo a carico di un uomo, di nazionalità rumena ma residente in Versilia, per i reati di cui agli articoli 660 (molestie) e 612 bis (atti persecutori) del Codice Penale commessi a danno di una giovane madre a Pietrasanta fino al novembre dell’anno 2013. All’uomo, non presente in aula e sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento alla parte offesa, è stata inflitta una condanna a 10 mesi senza la sospensione della pena, rifusione delle spese processuali, risarcimento alle costituite parti civili.

I fatti denunciati direttamente agli Uffici del Comando Polizia Municipale di Via Marconi hanno visto al centro delle morbose attenzioni dell’uomo per circa tre anni una donna pietrasantina che solo in un secondo momento ha confidato il suo malessere a un’amica agente del Comando di Pietrasanta. Elaborato e particolarmente complicato il percorso curato da un’altra agente incaricata di seguire il caso per ascoltare il susseguirsi degli eventi, i timori, i turbati stati d’animo che sono stati tradotti nell’atto di denuncia necessario per attivare la macchina giudiziaria secondo le direttive del sostituto procuratore Antonio Mariotti.

Dal momento della denuncia, che risale all’ottobre 2013, la donna ha seguito i consigli prendendo nota dei fatti che la vedevano oggetto delle morbose attenzioni. Alla Polizia Municipale è stato affidato il compito di raccogliere il maggior numero di informazioni riguardo anche quelli pregressi, individuare l’uomo, dislocare il personale lungo il percorso da e per il luogo di lavoro e l’abitazione, negli orari prossimi ai suoi passaggi, per infondere alla vittima sicurezza e tranquillità. Utilissime le testimonianze fornite dai parenti della donna, dalle colleghe di lavoro e dalle amiche, tutte concordi nel descrivere l’uomo come perdutamente invaghito, e la donna un vero e proprio oggetto della sua ossessione nonostante la sua ferma ritrosia.

La vittima ha raccontanto di ripetuti appostamenti, di pedinamenti, di rilascio di biglietti nella cassetta della posta e sul parabrezza dell’auto. Il tutto nella convinzione, mai sopita nel corso dei tre anni, che lei lo potesse in un certo qual modo corrispondere.

Il culmine dei fatti si è avuto con la creazione da parte del persecutore di un proprio profilo su Facebook con foto della donna ripresa in luoghi pubblici, la creazione di un profilo a nome della spasimata e l’invio di richieste d’amicizia a soggetti vari. L’uomo conosceva perfettamente le abitudini della donna, la sua famiglia, il luogo ove lavora e la segue.

Da sottolineare come il ripetersi nel tempo di detti atteggiamenti avesse portato la vittima a vivere in uno stato d’ansia e paura tale da farle modificare le abitudini di vita, tanto che la stessa è stata ‘adottata’ dal Corpo. Questo è l’aspetto destabilizzante provocato dal reato di stalking.

Frattanto in questi mesi l’uomo era stato raggiunto dalla misura che gli vietava di avvicinarsi alla donna e comunicare in qualsiasi modo con la stessa.

Poche ore fa la vicenda si è conclusa ed è stata inserita nell’ambito delle operazioni “Codice Rosa – anti stalking” coordinate dal sostituto procuratore Mariotti.

Questo è il secondo caso trattato nel giro di pochi mesi dalla Polizia Municipale di Pietrasanta e che si conclude con una condanna – nel primo caso di un insospettabile pedofilo, in quest’ultimo di un molestatore.

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ultimo aggiornamento: 30-05-2014


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