FIRENZE. “Il Piano approvato a luglio 2014, modificato dalla Giunta, modificato dalla Commissione regionale è stato azzerato. Stravolte le schede di ambito, le schede di bacino, la disciplina dei beni paesaggistici e la disciplina di Piano.

Il testo che andrà in approvazione al Consiglio domani, 25 marzo, è inaccettabile e di inaudita gravità. Inaccettabili sono le prescrizioni contenute nella disciplina dei beni paesaggistici, in quanto la riattivazione di cave dismesse e l’ampliamento di cave esistenti sono rese alla sola condizione che siano funzionali a quei progetti di recupero che prevedono la chiusura di ogni attività estrattiva entro e non oltre sei anni.

I Comuni sono stati destituiti e privati di ogni autorità, ed è stata tolta ogni possibilità di dettare una disciplina in sede di piano attuativo”.

Lo scrive il coordinamento delle imprese lapidee apuo-versiliesi.

E’ stato tolto il valore identitario della cultura del marmo e sostituito con “la criticità delle attività estrattive”. Le quali dovranno coniugarsi con la riscoperta e lo sviluppo di una economia agrosilvopastorale di cura dei boschi che ricoprono le pendici apuane e con uno sviluppo turistico sostenibile e di qualità di queste aree”.

Nelle schede di ambito sono state introdotte ulteriori direttive, vincoli e divieti che colpiscono direttamente le attività estrattive nelle aree contigue del Parco delle Apuane: l’obiettivo è mirato al mero recupero ambientale e paesaggistico anche nelle aree destinate dai comuni e dal Parco stesso, all’estrazione del marmo. La Sesta Commissione aveva riconosciuto, quanto meno,  il valore storico, sociale, economico, e di cultura materiale e artistica del marmo e della sua tradizione, garantendo la prosecuzione attraverso le regole e la tutela del lavoro. Tutto l’impegno di questi mesi della Commissione è stato azzerato  e si è tornati al testo del gennaio 2014, che aveva ricevuto solenne bocciatura da parte del Consiglio Regionale.

Le nuove norme non tutelano né il territorio, perchè l’abbandono e l’impoverimento di certo non lo favorisce, né il lavoro, le attività esistenti cessano con le autorizzazioni in corso, poi LA DEFINITIVA CHIUSURA.

Tutto questo è inaccettabile, al Presidente Enrico Rossi si chiede dov’è la tutela degli oltre 5000 posti di lavoro da lui promessa e ampiamente pubblicizzata? Ciò che si evince è la sola guerra dichiarata alle cave e al territorio da parte di un presidente di regione che si dichiara dalla parte dei lavoratori, ma nella realtà dei fatti sta distruggendo un’intera economica, un’identità storica millenaria e sta proseguendo nell’unico interesse che è quello del partito e non dei cittadini.

 

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