VIAREGGIO. Sul lato destro di piazza Mazzini, guardando verso il mare, c’è un grande cantiere vuoto. Quell’area è testimonianza di un fatto di cronaca avvenuto ormai 70 anni fa: un evento quasi dimenticato, travolto dai decenni che seguirono, di mare, di vacanze e di boom economico, quando Viareggio raccoglieva il frutto della lungimiranza di quel primo sindaco del dopo guerra che decise di scuotere via le macerie del conflitto e scommettere sulla bellezza della sua città, sminando la spiaggia e ricostruendo i locali alla moda.

Due storie si intrecciarono a Viareggio in quel caldo pomeriggio di luglio, due vicende di vita e di morte che correvano da qualche giorno, l’una a fianco dell’altra, lungo il labile confine fra guerra e pace che fu l’estate del 1945: i preparativi di una festa da ballo e il lavori degli sminatori.

Due storie finite in un’esplosione tremenda che, dicono le cronache dell’epoca, venne sentita da Lucca a La Spezia: un’onda d’urto spaventosa che infranse tutti i vetri di Viareggio, la palazzina delle paure, l’ex casa del fascio e costò la vita a 16 viareggini, 40 soldati e altrettante prostitute, oltre a lasciare sul campo più di 250 feriti, che in quel momento festeggiavano l’incredulità d’esser sopravvissuti al conflitto mondiale.

locandina evento ex casa fascioDue storie che il tenente colonnello dell’esercito italiano Vittorio Lino Biondi, appassionato di storia, farà rivivere oggi sabato 18 luglio, presso la Sala di Rappresentanza del Comune di Viareggio, nel corso dell’evento organizzato dall’amministrazione Comunale “Piazza Mazzini, 70 anni dopo: la strage dell’ex casa del Fascio”. Nell’occasione il sindaco Giorgio Del Ghingaro renderà omaggio con una targa ricordo a Mario Grasselli, uno degli sminatori ancora in vita, che dal 1944 al 1948 condusse in prima linea l’opera di bonifica del territorio nazionale dalle mine lasciate dall’esercito nazista in ritirata dall’Italia.

18 luglio 1945. La Divisione Buffalo sta per lasciare la città e tornare in America: all’ex casa del Fascio, unico grande edificio rimasto in piedi, si prepara una festa da ballo che inizierà alle 16 in punto. Nei saloni si accalcano soldati, giovani, e donne senza troppi scrupoli: la speranza di una vita migliore incombe. Risate, alcool e boogie boogie: il mondo sembra tutto nuovo.

Intorno la città è distrutta: i bombardamenti della guerra l’hanno ferita al cuore. Dal 1 novembre 1943 al 7 febbraio 1945 Viareggio fu devastata dalle bombe: prima le forze aeree alleate, nel corso di 62 incursioni; poi fu la volta dei tedeschi. Alla fine del conflitto viene riconosciuta “città sinistrata”: 180 morti, 150 feriti, 220 vedove, 164 orfani e 250 deportati.

Vicino all’ex casa del Fascio, dove sono in corso i preparativi per la festa, si trova il villino Montauti: la palazzina delle paure. Una leggenda aleggiava intorno all’edificio: una storia d’amore ostacolata e una giovane donna che aveva deciso per questo di impiccarsi. Alcuni dicevano che in particolari condizioni si potevano ancora udire i suoi passi e i suoi lamenti.

Foto Viareggiok
Foto Viareggiok

Di fatto però in quel torrido luglio, la casa non conteneva sospiri o lettre d’amore ma solo una quantità indefinita di tritolo. Da qualche mese infatti, un gruppo di giovani sminatori è impegnato a bonificare la spiaggia. Le mine raccolte vengono disinnescate e portate proprio nella palazzina delle paure.

E qui inizia la serie di fatti che per un numero incredibile di coincidenze portarono alla strage. Quella mattina infatti, tutto l’esplosivo avrebbe dovuto essere preso dal comando di Pisa e fatto brillare ma non fu possibile per via della mole di lavoro che pesava sugli artificieri.

Tutto il carico di mine fece avanti e indietro tra Viareggio e Pisa, per essere depositato di nuovo nel villino Montauti. Da li’ a qualche ora sarebbe arrivato l’ordine di smaltire tutto a Massa: troppo tardi per Viareggio e per i suoi abitanti.

Sono le 14.30 quando Ilio Ghilarducci, vigile urbano addetto alla sorveglianza del villino, vede uscire del fumo nero dagli scantinati. Non scappa, non si tira indietro. Ghilarducci da’ l’allarme e riesce a far evacuare un numero indefinito di persone.

La festa da ballo continua. La musica è alta, gli animi sono eccitati: in molti non danno ascolto al giovane vigile. L’esplosione avviene alle 15.42: in aria brillano i sogni, le speranze, la voglia di riscatto.

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