CAMAIORE. “Siamo i genitori di Luca, un ragazzo autistico di 23 anni certificato come disabile in stato di gravità; uno di quei ragazzi che, qualche anno fa, sarebbero stati nascosti in casa come oggetto di vergogna per poi essere internati da adulti, quando, per sopraggiunta impossibilità o incapacità dei genitori di gestire la patologia, la situazione a casa fosse divenuta intollerabile”.

Inizia così la lettera inviata da Stefania e Roberto alla nostra redazione. Si firmano la ‘mamma e papà di un ragazzo “invisibile”

Ecco il testo: “Per fortuna i cosiddetti manicomi sono stati aboliti ed è maturata una “filosofia” nuova. Oggi il disabile psichiatrico ha una sua dignità e deve essere integrato nella scuola da bambino e nella società civile da adulto. Così è stato (non senza difficoltà) anche per Luca, che ha frequentato le scuole elementari, medie e superiori; questa esperienza, grazie anche alla passione e professionalità degli insegnanti di sostegno e degli educatori che gli sono stati affiancati, è stata senza dubbio per lui un’occasione di crescita in vista di un eventuale inserimento nella società. Non è forse questa la funzione della scuola per tutti, anche per i ragazzi “normali”?

“Già dall’aprile 2012, quando Luca frequentava la quarta superiore, nel corso della riunione annuale con il personale scolastico, il medico specialista, l’assistente sociale e l’addetto comunale dell’ufficio Pubblica Istruzione fu deciso di avviare il progetto di un suo inserimento graduale nel Centro Diurno Cimbilium di Camaiore, assistito da personale fornito per il momento dalla scuola: un luogo in cui, per qualche ora al giorno, i ragazzi possono svolgere insieme attività ricreative ed educative, con l’aiuto e la supervisione di personale specializzato. L’esperienza si rivelò molto positiva, tanto che fu deciso di proseguire l’inserimento durante l’ultimo anno di scuola affinché, al termine del percorso scolastico, Luca fosse pronto per la sua “nuova vita”.

“In realtà, dopo due anni e mezzo di inutili tentativi, ci sentiamo presi in giro e demoralizzati, visto che tutto il lavoro fatto per e con Luca da noi familiari e da tanti professionisti nel corso degli anni rischia di essere vanificato per colpa di lungaggini burocratiche.

“Luca, infatti, ha ormai terminato da un anno il suo percorso scolastico e da allora, nonostante le promesse ricevute, è iniziato un lungo periodo di incertezza, con non poche conseguenze per la condizione psichica di nostro figlio. L’inserimento definitivo al Centro Diurno Cimbilium, programmato ormai due anni e mezzo fa, è ancora oggi in sospeso per un continuo susseguirsi di impedimenti burocratici: prima il contratto con la cooperativa era scaduto, poi non era stata ancora aggiudicata la gara d’appalto (nonostante la cooperativa che già gestiva il Centro fosse l’unica candidata per Camaiore!), poi c’erano stati degli errori nell’attribuzione dei voti di valutazione nella gara e, infine, il numero dei posti non è stato aumentato, ignorando la lista d’attesa e nonostante la disponibilità del Comune (nella persona dell’assessore al sociale) a provvedere a un’integrazione di spesa.

“Di fronte alle nostre ripetute richieste di spiegazioni la risposta di tutte le figure della ASL 12 e della società della salute a cui ci siamo rivolti è sempre stata la stessa: «Ci stiamo lavorando». Intanto, mentre tutti “ci stanno lavorando”, Luca ricade in quella “confusione mentale” che lo porta a isolarsi e a chiudersi in se stesso, in un mondo pieno di paure che, quando era ancora un bambino, lo portavano a volte anche all’autolesionismo. Con gli anni abbiamo imparato che questo stato di “confusione mentale” può essere scongiurato offrendo a Luca giornate ben organizzate e piene di occupazioni, che gli permettano di non sentirsi spaesato. Come genitori facciamo del nostro meglio per creare per Luca una routine solida e “tranquillizzante”, ma da soli, purtroppo, non possiamo fare molto.

“Cosa è stato fatto dagli enti preposti per aiutarci in questo compito così importante e delicato? Forse la chiusura dei “manicomi” non significa la scelta di un’alternativa più dignitosa per ragazzi come Luca, ma è semplicemente un modo per far passare il “problema” sotto silenzio: dopo la fine del percorso scolastico e il raggiungimento della maggiore età essi diventano invisibili agli occhi dello Stato, almeno fino a quando non compaiono nelle pagine di cronaca come artefici o come vittime di eventi tragici. Insomma, quale destino viene proposto per questi ragazzi, che hanno bisogno di continua assistenza e di aiuto anche per svolgere le attività più semplici? Rimanere tutto il giorno a casa, come è accaduto a Luca nell’ultimo anno, non rischia forse di aggravare le difficoltà di comunicazione e di integrazione sociale tipiche di chi soffre di autismo? Cosa è cambiato, se le cose stanno così, rispetto a qualche decennio fa?”

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ultimo aggiornamento: 20-08-2015


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