È timida, riservata, insicura e molto ansiosa. Si nasconde dietro la sua frangetta, dietro uno pseudonimo e dietro le pagine di un blog o di una pagina facebook. Si nasconde, ma qualcuno è riuscita a trovarla e quel qualcuno sono i quasi 200.000 followers che seguono la sua pagina “Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore”.

Lei è Susanna Casciani, 30 anni, insegnante alle scuole elementari e, da qualche giorno, scrittrice. Il suo libro d’esordio “Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore” è uscito lo scorso 22 marzo per Mondadori, sta scalando le classifiche ed è già in ristampa dopo pochi giorni dal suo debutto nelle librerie.

Nata a Firenze 30 anni fa, Susanna vive e lavora a Pistoia, ma ha Viareggio e il suo mare nel cuore. Scrive su internet da quando internet esiste dietro ai più svariati nomi fittizi, fino ad arrivare allo straordinario successo della sua pagina facebook. Frasi, pensieri e parole che hanno colpito nel segno le sue migliaia di fans, che ogni giorno aspettano con ansia un suo post per condividerlo e farlo rimbalzare tra i social network. E sono state proprio loro a spingere la timida Suz a buttarsi nella scrittura di un romanzo. Il libro parla della storia d’amore di Anna e Tommaso che è un po’ la storia d’amore di tutti noi. Già, perché se Susanna Casciani ha un dono è quello di riuscire a far parlare ognuno di noi, a mettere per scritto i pensieri che ciascuno di noi ha e che spesso, per paura o per pigrizia, lascia rintanati in un angolo, anzi in un ripostiglio ben nascosto.

Presa dai mille impegni per la promozione della sua opera prima, Suz ha dedicato un po’ di tempo anche a noi di Versiliatoday ed ecco la sua intervista. Lasciamo che a raccontarla siano le sue parole, che sono anche il segreto del suo successo.

susanna casciani
(Foto: Facebook)

Prima di tutto,  parlaci un po’ di te.

Mi chiamo Susanna, anche se per chi mi vuole bene sono semplicemente “la Susi”. Ho 30 anni e sono nata a Firenze. Sono laureata in Scienze della Formazione Primaria e, dopo sei anni di precariato nel mondo della scuola, quest’anno sono riuscita a conquistare l’agognato ruolo.

Quando, come e da dove nasce l’idea del blog?

Circa sei anni fa ho aperto la mia pagina su facebook perché, fondamentalmente, mi sentivo sola. Ero circondata da persone che mi volevano bene, ma non mi bastavano. Mi mancava qualcosa: mi mancava scrivere ed essere letta da qualcuno perché solo scrivendo riesco a farmi ascoltare davvero, nel bene e nel male.

Perché hai scelto il nome “Meglio soffrire che mettere in un ripostiglio il cuore”?

Perché la mia paura più grande è quella di non riuscire più a sentire, di non riuscire più a provare una sensazione in grado di dare un bello scossone a tutte le mie convinzioni. Ho attraversato un periodo piuttosto lungo durante il quale niente mi colpiva. Ero apatica, totalmente disinteressata. I tramonti non mi emozionavano più, non avevo bisogno di nessuno, non provavo né amore, né rabbia, né tristezza. E’ stato allora che ho iniziato a sentire la mancanza delle lacrime e perfino del dolore. Sono ancora fermamente convinta che la sofferenza sia meno pericolosa del vuoto.

Ti definisci timida e insicura. Che effetto fa essere seguita da centinaia di migliaia di followers sui tuoi vari canali?

Confermo. Sono timida, insicura, sociopatica e molto ansiosa, però essere letta da tante persone mi fa stare bene. Quello che scrivo lo lascio andare volentieri: non ho paura per le mie parole. Sono coraggiose, loro. Ho paura per me stessa, perché so di non essere troppo adatta al mondo così com’è.

La tua pagina FB ha quasi 200mila likes. Cosa hai pensato mentre vedevi crescere di giorno in giorno i mi piace, i commenti o le condivisioni?

Mi sembrava impossibile. Anche ora mi sembra impossibile. Cosa ci trovano le persone in quello che scrivo?
Ancora non mi sono data una risposta a questa domanda.

Raccontaci qualche dettaglio in più del tuo blog. Da dove nascono i tuoi pensieri? Cosa ti ispira?

Tutto. Mi ispira tutto. Non c’è niente che per me sia soltanto quello che è.

Molte ragazze più o meno giovani ti seguono, condividono i tuoi post o addirittura se li tatuano. Che sensazione si prova quando altre persone, sconosciute, utilizzano i tuoi pensieri, le tue frasi?
Mi fa sentire meno sola. Meno strana, anche. Credevo di essere l’unica ad avere paura del mondo, ad avere paura di tutto. Credevo di essere l’unica a notare certi piccoli particolari, a soffrirne o a gioirne.
Allo stesso tempo, però, devo ammettere di non essere ancora pienamente consapevole dell’importanza che quello che scrivo ha avuto e ha tutt’ora per alcune persone.

Quando, come e perché l’idea del libro?

Ormai più di un anno fa sono stata contattata dalla casa editrice Mondadori. La proposta inizialmente era quella di pubblicare una raccolta dei pezzi che avevo già condiviso sulla pagina e che ritenevo più significativi. Una volta che ho iniziato a lavorare alla raccolta, però, mi sono resa conto che c’era un messaggio che volevo mandare a tutte quelle ragazze e a tutte quelle donne che mi erano state vicine fino a quel momento: soffrire per amore non è fuori luogo, soffrire va bene, vuol dire che almeno per un po’ siamo stati felici; soffrire ci ricorda quanto sia importante quello che abbiamo, ci ricorda che è essenziale essere grati per i momenti colorati che ci vengono concessi.
Per recapitare questo messaggio i pezzi che avevo già scritto non erano abbastanza, così ho fatto di testa mia e quello che ne è venuto fuori è un libro strano, forse, ma di sicuro sincero.

Dal blog alla carta stampata con un’opera prima edita da Mondadori… Una bella soddisfazione! Che effetto ti fa vedere il tuo romanzo sugli scaffali delle librerie e sapere che siamo già alla seconda ristampa?

Mi fanno tenerezza tutti quei volumetti impilati. Li vorrei abbracciare, proteggere. Sulla mia pagina posso difendermi dalle offese, posso spiegare il mio punto di vista anche dieci volte, se necessario. Un libro, invece, è indifeso. Devo ancora fare l’abitudine a questa sensazione. Allo stesso tempo sono infinitamente contenta. E’ un’avventura incredibile. Mi sembra di aver vissuto di più negli ultimi mesi che negli ultimi trent’anni.

Chi sono Anna e Tommaso? C’è qualcosa di autobiografico in questa storia?

Entrambi hanno qualcosa di me.  Anna soffre di attacchi di panico proprio come la sottoscritta. Tommaso ama il mare come se fosse un fratello per lui. Per me è lo stesso. Anna è insicura come me, Tommaso è un vigliacco. Proprio come me. La storia di Anna non è la mia storia. La storia di Anna è un promemoria: ama finché puoi, ma non accontentarti per paura della solitudine.

A chi ti ispiri quando scrivi? C’è un posto particolare in cui trovi spunti o nuovi stimoli per la scrittura?

Quando scrivo in qualche modo mi ispiro sempre  a me stessa. Divento un’egocentrica insopportabile con la penna in mano (o con la tastiera di fronte). Quando non scrivo, invece, di me non riesco a dire niente.
Viareggio ha la capacità di rimettermi in pace con il mondo. L’odore intenso del mare, il molo, la pazienza dei pescatori, la passeggiata che ti permette di camminare finché non hai messo in ordine tutti i tuoi pensieri, piazza Mazzini che quando c’è il libeccio e l’attraversi ti senti un eroe, la spiaggia che sembra non finire mai, i bagni che riaprono, gli ultimi ombrelloni che resistono alla fine dell’estate, il laghetto dei cigni, il ricordo di certe feste ormai giunte al termine ma mai dimenticate. Il secondo nome di Viareggio, per me, è nostalgia. Per una come me è la città perfetta.

Il complimento più bello che ti abbiano fatto le tue fans o qualcuno a te vicino?

Qualcuno a cui tengo molto mi ha detto che il mio modo di scrivere è facilmente riconoscibile. Mica unico, no, ma in qualche modo speciale. Essere considerati speciali fa sempre un certo effetto, nonostante gli anni che passano.

A chi dedichi questo libro e a chi dici grazie per averti supportato in tutte le fatiche che hanno portato alla sua pubblicazione?

Ai miei genitori. A loro devo tutto quindi dedico tutto a loro.

Progetti per il futuro?

Passare l’anno di prova e diventare a tutti gli effetti una maestra a tempo indeterminato, avvicinarmi al mare, riuscire a dormire almeno sette ore di fila, scrivere, imparare ad abbracciare le persone a cui voglio bene.

(Foto: Facebook)
(Foto: Facebook)

 

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