Servirebbero dieci, cento, mille Andrea Carpita. Scarseggiano a Viareggio professionisti e prima ancora uomini, così innamorati della loro città e di tutto ciò che sportivamente li riguarda. D’estate brilla di luce propria con sensazionali parate con la sabbia sotto i piedi. Nelle ultime due stagioni ha dato tutto se stesso alla causa bianconera, quella che ad agosto 2014 è nata, di fatto, dal nulla. E se in Eccellenza era protagonista del dualismo con Michelotti, in Serie D ha accettato un ruolo non da primo attore, mettendosi al totale servizio di Cipriani, portiere prodigio che non a caso in una intervista lo aveva definito “un fratello maggiore”.

A Città di Castello Carpita ha debuttato, indossando la fascia di capitano, quella che in stagione migrava tra le braccia di Fiale, Reccolani e Guidi, mica gente qualunque. “Lo hanno deciso il mister e la squadra, di questo li ringrazio, mi hanno riempito il cuore di felicità”, commenta con quella serenità d’animo propria di chi sa che “il lavoro alla fine paga”.

Comprensibile delusione per i tre gol subiti che però non contamina la gioia per una giornata trascorsa a fare ciò che più gli piace e non da spettatore: “Per noi è stato un anno sfortunato, ma l’impegno non è mai mancato. Sulla prima rete sono stato tradito da un rimbalzo anomalo, potevo far meglio. Io ero perfettamente consapevole del mio ruolo, addirittura nelle gerarchie di partenza ero il terzo portiere. Significa che quel che faccio è stato apprezzato”. E per un campionato, di Serie D, che termina, ce n’è uno, la Serie A di beach soccer, che inizia: “Voglio lo scudetto”.

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ultimo aggiornamento: 08-05-2016


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