Il Museo ha ricevuto nel 2014  un’importante donazione di opere –  il Fondo Giulio Brunner  – donato dai familiari (Anna Del Lungo, GianMarino e Francesco Brunner)  alla memoria di uno degli ultimi caporedattori del Marc’Aurelio. Adesso l’esposizione del Fondo Giulio Brunner   – un corpus di 186 disegni satirici originali a firma di vari autori che collaborarono al famosissimo giornale umoristico “Marc’Aurelio” del calibro di Attalo, Vighi, Castellano, Pipolo, De Seta, Coco, Danilo, Haem, Congiu – sarà l’occasione per inaugurare la nuova sede del Museo della Satira e per raccontare l’intera avventura editoriale di questa rivista satirica che uscì per la prima volta a Roma  il 14 marzo 1931 grazie a Oberdan Cotone e Vito De Bellis.

Il titolo del giornale faceva chiaramente riferimento all’imperatore romano, il quale compariva a cavallo sul frontespizio. Dopo il primo cambio di redazione e su invito delle autorità, tale immagine venne sostituita con un mezzobusto dell’imperatore sorridente.

Il giornale, che usciva due volte a settimana, annoverò subito le firme più illustri dell’epoca: Gabriele Galantara, Furio Scarpelli, Age, Attalo, Steno, Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Giovanni Mosca, Mameli Barbara, Cesare Zavattini e molti altri, tra cui  tanti che avranno poi successo nel cinema, in teatro e qualche anno più tardi in TV. Nel corso degli anni infatti molti registi e sceneggiatori – in pratica tutti i padri della commedia cinematografica all’italiana – avevano collaborato al giornale umoristico. Tra il 1935 e il 1940 il giornale arrivò a una tiratura che superò le 350.000 copie, “gli italiani andavano in guerra con una copia nello zaino”. Il

“Marc’Aurelio” divenne un fatto di costume e i suoi personaggi, come il Gagà o «Genoveffa la racchia», entrarono nei modi di dire della gente.

La testata sospese le pubblicazioni nel 1943, riprendendole, con alterne vicende, dopo la Liberazione, e fino al 1955, quando venne affidata all’editore fiorentino Corrado Tedeschi, che nominò appunto caporedattore il fiorentino Giulio Brunner.

Questa avventura editoriale cessò alla fine degli anni Cinquanta.

In mostra tutti i disegni originali del Fondo “Brunner” e molti numeri del giornale. A corredo un catalogo, che illustrerà la storia del giornale e presenterà tutti i disegni della donazione. Le presentazioni in catalogo saranno firmate da Fabiana De Bellis, nipote del fondatore del giornale Vito de Bellis, nonché studiosa della testata e autrice di un documentario sulla storia del “Marc’Aurelio” “L’imperatore di carta” – che sarà visibile in mostra – e Lorenzo Facchinotti, ricercatore e studioso proprio della storia degli ultimi anni del giornale.

Un’Italia ormai lontana, quella che appare dai disegni in mostra, anche se i meno giovani non esiteranno a riconoscere i volti dei longevi politici del Dopoguerra, ma anche un’Italia lieve dove si rideva di battute semplici e che già si preparava agli anni del  boom economico.

(Un grande omaggio al “Marc’Aurelio” l’ha dedicato anche Ettore Scola nel suo film “Che strano chiamarsi Federico”, realizzato nel 2013, poetico block notes su Fellini e sulla loro amicizia lunga una vita. Per la prima volta – ricostruita negli studi di Cinecittà – abbiamo visto al cinema quella redazione che al cinema è servita da palestra).

 

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