Il video mortale

Tiziana Cantone

Tiziana Cantone, 31 anni, è una delle ultime vittime di cyberbullismo. La ragazza si è suicidata martedì 13 settembre 2016 dopo che un video hard che la vedeva protagonista era stato ampiamente diffuso sul Web fin dal 2015, sia su siti per adulti che tramite app per smartphone. Il suo fidanzato, Sergio di Palo, nell’aprile del 2015 l’aveva persuasa a farsi riprendere mentre faceva sesso con altri uomini. In realtà non è chiaro entro quali limiti lei abbia agito «volontariamente e in piena coscienza» (a detta dei giudici) anche nella diffusione dei video, uno dei quali è ambientato per strada. A ricevere i video, nello stesso mese, saranno due fratelli amici del fidanzato (che lei aveva conosciuto) poi un utente di Facebook di cui è noto solo il «nickname» e, ancora, un terzo soggetto maschile. Tiziana è riconoscibile con nome e cognome, spesso compare nel titolo, si vede bene in volto: ma a spopolare è in particolare quello che in gergo si chiama «meme», ossia la frase di lei «stai facendo un video? Bravo».

Alcuni giorni dopo un primo video finisce su un portale hard: il 30 aprile il video è già popolarissimo soprattutto nel napoletano, ma è solo l’inizio dell’inaudita catena di cyberbullismo che si sta mettendo in moto.

La diffusione diventa capillare, dapprima, tramite whattsapp (altri social network non consentono la diffusione di materiale a sfondo sessuale). Addirittura sono state aperte pagine su Facebook su cui girava parte del video, e poi meme e parodie in cui la ragazza veniva denigrata, derisa e insultata. Per questo aveva provato a cambiare identità e città: dall’hinterland napoletano, di cui era originaria, si era infatti trasferita in Toscana sperando che nessuno potesse riconoscerla. Tiziana non poteva più uscire di casa: tutti la riconoscevano. È andata in depressione, è stata colpita da attacchi di panico e la madre riferisce che ha tentato di suicidarsi due volte . Nonostante la sua richiesta al sistema giudiziario di eliminare il video da tutti i social network, cosa che poi effettivamente è avvenuta, il diritto all’oblio non ha mai cancellato la fama che ormai Tiziana si portava dietro come un marchio indelebile. Oltretutto, nonostante il Tribunale le abbia dato ragione, la ragazza non solo non è stata risarcita, ma si è ritrovata a dover pagare  18.225 euro più IVA di spese legali.

È troppo. Tiziana scende in cantina e si impicca con un foulard.

Al momento ci sono quattro iscritti nel registro degli indagati.

I filmati sono ancora online: l’oblio, su internet, a quanto pare non esiste.

Cos’è il cyberbullismo?

In generale, si definisce cyberbullismo un «danno volontario e ripetuto inflitto attraverso l’uso di computer, telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici».

Questa definizione contiene alcuni importanti elementi:

  • Volontario: il comportamento deve essere voluto, non accidentale
  • Ripetuto: come nel bullismo “faccia a faccia” il cyberbullismo non è un incidente isolato, ma uno schema comportamentale
  • Dannoso: la vittima deve percepire che le è stato inflitto un danno
  • Computer, telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici: la modalità di comunicazione è ciò che distingue il cyberbullismo dal bullismo tradizionale.

I cyberbulli cercano “soddisfazione” o ciò che percepiscono come benefici sociali tramite il maltrattamento di altre persone mediante strumenti elettronici e con diverse modalità. La malizia è sempre una caratteristica di fondo, anche se in qualche raro caso è possibile parlare di cyberbullismo non intenzionale (che si verifica quando qualcuno scrive qualcosa di offensivo senza effettivamente rendersene conto).

La relazione c’è tra il bullismo tradizionale e il cyberbullismo

Alcune ricerche hanno dimostrato che i bulli «tradizionali» hanno più del doppio delle possibilità di essere sia vittime che perpetratori di forme elettroniche di bullismo, rispetto a chi non è implicato in atti di bullismo tradizionale.

In entrambi i casi il comportamento dannoso si manifesta quando tra due o più persone vi è uno squilibrio di potere: mentre nel bullismo tradizionale il potere viene imposto in modo fisico (statura, robustezza) o sociale (arguzia o popolarità), il potere online può semplicemente derivare da competenza, conoscenza o possesso di alcuni contenuti (informazioni, foto, video) che possono essere usati per infliggere danno.

L’entità del fenomeno

Il cyberbullismo viene studiato da tempo negli Stati Uniti, anche a causa di molti suicidi di adolescenti che ne erano state vittime. Secondo
una ricerca del 2010, un adolescente su cinque dell’età tra 10 e 18 anni è stato vittima di cyberbullismo o vi ha in qualche modo partecipato. Altri studi delineano un quadro ancora più preoccupante, sostenendo che almeno un terzo dei giovani che sono online vengono interessati dal fenomeno. In Italia le ricerche sul cyberbullismo sono in atto dal 2008: le più recenti hanno rivelato che il 14% degli studenti delle scuole medie (età tra 12 e 14 anni) hanno subito episodi di cyberbullismo, senza sostanziali differenze tra maschi e femmine.

Nonostante il fenomeno si manifesti anche tra adulti, come è successo a Tiziana Cantone, la maggioranza delle persone interessate dal cyberbullismo sono preadolescenti e adolescenti, i cosiddetti “nativi digitali”, coloro che sono nati e cresciuti in mezzo alla tecnologia: smartphone, tablet e pc per loro non sono solo strumenti di comunicazione, ma sono parte integrante della propria vita. È impensabile per un adolescente moderno vivere senza uno smartphone: sarebbe letteralmente “disconnesso” dagli altri: molti giovani sono così integrati nella cultura digitale online, che la ritengono inscindibile e indistinguibile dal loro mondo «offline», sebbene molti adulti fatichino a capire questo tipo di scelta di vita. Il problema, però, è che questa innata competenza digitale non rende i ragazzi altrettanto esperti in sicurezza online.

Dove avviene il cyberbullismo?


Da anni ormai Internet è entrata a fare parte integrante delle nostre vite e i telefoni cellulari, inizialmente utilizzati solo per inviare e ricevere chiamate e messaggi di testo, si sono trasformati in veri e propri mini-computer portatili in grado di assicurare la perenne connessione delle persone al mondo digitale, sia in casa che in mobilità.

Nell’ultimo decennio abbiamo assistito anche a una “mutazione” della comunicazione su internet, grazie alla vera e propria esplosione dei social network: le persone aprono un account e creano un profilo che le rappresenta, poi si connettono con gli altri. Tra questi, Facebook è in assoluto la piattaforma più usata, ma molto popolari sono anche Twitter, Instagram e altri servizi come Ask.fm e Vine, molti dei quali sono adibiti alla pubblicazione di foto e video degli utenti.

In più hanno preso piede anche applicazioni di messaggistica istantanea come Whatsapp e Snapchat e alcune piattaforme di blog come Tumblr.

Il cyberbullismo può quindi avere luogo in:

Blog (diari elettronici interattivi)

Siti internet

Email (posta elettronica)

Mailing list (applicazioni che distribuiscono messaggi agli iscritti a una lista elettronica)

Chat

Messaggi istantanei

Messaggi di testo o immagini inviati tramite i servizi di telefonia mobile

Nonostante questi servizi prevedano un limite minimo di età, molti preadolescenti lo aggirano semplicemente dichiarando il falso. E, visto che spesso e volentieri non sono consapevoli dei rischi che si corrono online, pubblicano senza pensarci due volte dati personali, immagini e video che li ritraggono e post a carattere intimo. Diventano quindi potenziali prede di malintenzionati, senza contare che su internet ogni cosa è virtualmente “eterna” e si può diffondere in tutto il mondo con grande velocità.

Tipologie di cyberbullismo

Molestie: inviare ripetutamente a una persona messaggi offensivi

Cyberstalking: molestie che includono minacce o sono comunque di stampo intimidatorio;

Denigrazione: inviare ad altre persone o postare online contenuti dannosi, falsi o crudeli riguardanti un soggetto;

Impersonation o masquerade: fingere di essere qualcun altro e inviare o postare materiale che mette quella persona in cattiva luce o in potenziale pericolo;

Falso outing: inviare, inoltrare o postare materiale (messaggi o immagini) riguardante una persona che contiene informazioni sensibili, private o imbarazzanti. Oppure far «confessare» informazioni su vicende private e poi renderle pubbliche;

Banning: azioni che escludono specificamente e intenzionalmente una persona da un gruppo online;

Cyberbrashing: videoriprendere un atto di bullismo e pubblicarlo su internet, chiedendo pareri e di votarlo;

Flaming: inviare messaggi rabbiosi, rudi, volgari diretti a una o più persone privatamente o in un gruppo online.

Le cause

Come per tutti i problemi che riguardano i giovani, un ruolo molto importante lo gioca la famiglia. Se questa convive in un ambiente conflittuale e i suoi membri mostrano poco rispetto reciproco, in un clima di scarsa coesione e difficile comunicazione, inevitabilmente i figli, soprattutto quando entrano nell’adolescenza, subiranno ripercussioni a livello caratteriale. Spesso genitori assenti (soprattutto quando scarsamente competenti dal punto di vista digitale) o, al contrario, eccessivamente autoritari, provocano (se pur involontariamente) comportamenti maladattivi e violenti nei figli.

Se a tutto ciò aggiungiamo le classiche dinamiche “di branco” tipiche dell’età giovanile (un atto dannoso nei confronti di un’altra persona commesso in gruppo viene percepito come meno grave) e, soprattutto, l’ambiente “disumanizzante” del mondo virtuale (non poter assistere subito alle reazioni della vittima non consente di ricevere un “feedback” emozionale immediato), ecco che otteniamo un mix deleterio e favorente il comportamento che è alla base del cyberbullismo.

 

Le soluzioni

È indispensabile lavorare molto di prevenzione, innanzitutto rendendo gli adolescenti competenti anche nel campo della sicurezza online. Inoltre gli adulti, genitori e insegnanti, sono tenuti a informare i ragazzi su ciò che è il cyberbullismo, quali sono le sue dinamiche e come evitare i comportamenti a rischio (ad esempio inviare foto e confessioni “imbarazzanti” a chicchessia).

Bisogna insegnare sia il concetto di empatia (che non è detto sia innato in tutti) e soprattutto l’accoglienza (e non la tolleranza) delle diversità.

Dottoressa Chiara Guarascio

Chiara Guarascio è laureata in Medicina Veterinaria e Psicologia Clinica, è esperta di autismo ad alto funzionamento, è presidente dell’Associazione Pet Therapy Tuscany (che offre un servizio di Pet Therapy nella zona della Versilia), è ideatrice di vari laboratori e attività ludico-sensoriali per bambini, è trainer presso diverse agenzie di formazione ed è anche scrittrice (i suoi romanzi, pubblicati su Amazon con lo pseudonimo Annika Baldini, hanno come protagonista una ragazza con la sindrome di Asperger).

www.pianetaasperger.com

www.petttherapytuscany.org

www.outofthebox.education

www.semplicicomplicazioni.com

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