Fiorentino camaleontico, Maurizio Lombardi è un volto noto della televisione, del cinema e del teatro italiano.
È stato il cardinale Mario Assente di “The Young Pope” di Paolo Sorrentino, ha fatto parte del cast di “I delitti del Barlume”, di “1992” e di “Non uccidere”, a teatro è stato per due stagioni il co-protagonista in “Pride” di e con Luca Zingaretti, e al cinema lo abbiamo visto nel film del regista fiorentino Federico Micali “L’Universale”.
A ottobre sarà in “Comedians” con Paolo Bisio e Frank Matano, al cinema in “Il ragazzo invisibile 2” di Gabriele Salvatores, in “Due tipi a posto” con Piefrancesco Favino e Giuseppe Fiorello, e in “Metti una notte” opera prima di Cosimo Messeri, al fianco di Amanda Lear. A teatro tornerà con la sua favola teatrale “Biancaneve” e con lo spettacolo “Pugni di zolfo”.
Nell’attesa di rivederlo a lavoro, il 21 maggio sarà al Pietrasanta Film Festival 2017 per premiare, in qualità di padrino della manifestazione, i cortometraggi vincitori della manifestazione cinematografica.
Com’è iniziata la sua carriera nel mondo del cinema?
La mia carriera è iniziata con Ugo Chiti regista e drammaturgo toscano, che è stato il padrino di Nuti, Benvenuti e oggi scrittore e sceneggiatore di alcuni fra i più grandi successi cinematografici made in Italy: “Gomorra” e “Reality” su tutte.
A teatro lei gioca molto con la sua fisicità e con la sua sessualità non ponendo alcun limite all’immaginazione, pensa sia possibile portare queste sue capacità anche sul grande e piccolo schermo?
A teatro sono stato la strega di Biancaneve e Capitano Uncino in Peter Pan, mi ispiro molto alla produzione inglese che utilizza spesso il travestimento e la parodia dei grandi classici. Mi piacerebbe molto portare questo aspetto del mio essere attore al cinema o in televisione, così come in passato hanno fatto Gian Maria Volontè e Giancarlo Giannini che hanno fatto del travestimento e della trasformazione la loro cifra stilistica, ma è fondamentale incontrare registi che conoscano la potenzialità del trucco di scena e che sappiano “utilizzare” le capacità dell’attore a 360°.
Uno dei suoi personaggi più recenti è stato il cardinale Mario Assente in “Young Pope” di Paolo Sorrentino. Com’è stato lavorare con un regista di questo livello?
Paolo Sorrentino è un regista maniacale, ma deve esserlo perché nella gestione di queste produzioni errori e leggerezze non sono contemplate. Per un attore lavorare con Sorrentino è come per un giocatore giocare in Champions League o ai mondiali: hai di fronte Jude Law, Diane Keaton, Silvio Orlando che sono sempre preparati al massimo e così devi essere anche tu. Il momento peggiore di questa esperienza è stata quando hanno detto <<Maurizio Lombardi ha finito di girare>>.
Lei ha lavorato con Roan Johnson al cinema con “I primi della lista” e in televisione con “I delitti del Barlume”, e con Federico Micali con “L’Universale”. Due registi toscani per opere realizzate in Toscana: pensa che sia possibile decentrare la produzione rispetto a Roma?
Io credo che in parte il cinema si sia già spostato da Roma e che il futuro del cinema indipendente sia anche lontano dalla Capitale. Ma è un dato di fatto che le più grandi maestranze e le case di produzione siano a Roma. Un discorso a parte va fatto per la Toscana in generale, e Firenze in particolare, che hanno nuovamente raggiunto una maturità che in passato ha avuto con Francesco Nuti, Alessandro Benvenuti e Roberto Benigni: grazie a registi come Roan Johnson e Federico Micali è possibile un nuovo cinema toscano, che racconti la Toscana e Firenze come solo “Amici miei” ha fatto in passato. Se potessi fare un film da regista sceglierei proprio Firenze per raccontarla con una storia con una drammaticità potente.
Il teatro è sicuramente una parte importante del suo lavoro di attore. A cosa sta lavorando?
Ho fondato insieme a Nicola Magnini, produttore di musical toscano, una mia casa di produzione teatrale che si chiama “Piccoli Briganti” con la quale ho realizzato “Biancaneve” e “Peter Pan” che si rivolge a un pubblico inusuale per il teatro come bambini, giovani e famiglie. A ottobre porterò di nuovo in scena “Biancaneve” che fa parte di un progetto di fiabe comiche a cui tengo molto: in teatro mi voglio divertire e con questo progetto penso di aver trovato quella che, per me, è la soluzione perfetta perché non si divertono solo gli spettatori più piccoli ma anche chi li accompagna, o gli adolescenti che rimangono colpiti dalle performance che portiamo sul palcoscenico. La conferma che questa strada è quella giusta viene proprio dal pubblico, che esce dal teatro entusiasta e divertito.
Il Pietrasanta Film Festival, di cui lei è padrino, è dedicato al cinema breve: nella sua carriera d’attore che rapporto ha con il cortometraggio?
Il cortometraggio è una delle opere più difficili al mondo da realizzare. Se ciò che si realizza è breve deve avere dentro di sé tutte le caratteristiche per poter raccontare una storia nel miglior modo possibile. La capacità dei grandi è la sintesi, se si sceglie di usare il cortometraggio come forma di espressione si deve essere particolarmente dotati ed è proprio per questo guardo ai cortometraggi con una certa curiosità. In una manifestazione come quella di Pietrasanta mi aspetto di trovare cortometraggi con un “guizzo”, un’idea, un suggerimento che poi può diventare spunto ed essere riutilizzato e ampliato in un lungometraggio. Per la mia esperienza, non c’è molta differenza nel modo in cui ci si prepara per il cortometraggio o per il lungo: l’attore si deve adeguare alla storia, qualunque essa sia e qualunque lunghezza abbia, deve accompagnare lo spettatore in un viaggio breve o lungo che sia.