Con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) si intendono quelle “significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di abilità di ascolto, espressione orale, lettura, ragionamento e matematica, dovuti a disfunzioni neurobiologiche”. La principale caratteristica è quella della “specificità”, ovvero il fatto che il disturbo sia riferito ad uno specifico dominio di abilità, mentre rimane intatto il funzionamento intellettivo.

Tali disturbi possono riguardare un ambito specifico, come lettura, scrittura o calcolo, anche se nella pratica clinica è più frequente incontrare l’associazione di più deficit.

Senza nulla togliere all’importanza degli aspetti cognitivi e neuropsicologici che causano e mantengono tali difficoltà, vorrei affrontare alcuni degli aspetti emotivi, motivazionali ed affettivi dei bambini che si trovano con questa diagnosi. Rispetto ai loro compagni, questi bambini sviluppano più facilmente un concetto di sé più negativo, provano più ansie ed hanno una minore autostima, tendendo a sentirsi meno responsabili del proprio apprendimento e ad abbandonare quindi spesso il compito alle prime difficoltà.
Dalla mancanza di fiducia nelle proprie possibilità spesso scaturisce un disagio psicologico che nel tempo può strutturarsi e dare origine a demotivazione verso l’apprendimento e a manifestazioni emotivo-affettive come una forte inibizione, aggressività, atteggiamenti istrionici di disturbo alla classe, e in alcuni casi, depressione.

A tal proposito, ciò che risulta utile per rimettere in moto tutti questi aspetti, è un lavoro sulle “attribuzioni”, cioè quelle spiegazioni che ognuno di noi si dà per i risultati ottenuti in una prestazione o circostanza. Fin da bambini impariamo infatti ad interpretare i propri successi ed insuccessi e, con il tempo, sviluppiamo, e poi si struttura, un modo di reagire tipico, di fronte ad un buon risultato o ad un fallimento.

Spesso accade che ragazzini con dsa pensino di “non essere portati” o “non avere sufficienti abilità”. Il comportamento che segue questo stile di pensiero sarà quello di cercare delle conferme all’opinione di non essere bravo, associato ad uno scarso impegno nella convinzione di non poter riuscire. Di conseguenza potrebbero sviluppare scarsa motivazione con il relativo evitamento del compito o la tendenza a rimandarlo.

Tale ritiro e rinuncia all’impegno porterà ad ottenere veramente degli insuccessi che non faranno altro che confermare il pensiero di non essere capace. Ma non è finita qui.. perché spesso se capitano successi, accade che siano attribuiti a cause esterne, come per esempio la presunta facilità della prova o il fatto di essere stati aiutati.
E questo non aiuterà di certo né autostima né autoefficacia, rischiando invece di alimentare demotivazione, disinteresse, rassegnazione.

Dunque, una parte del lavoro molto importante da fare con bambini con dsa, che vivono questo tipo di sconfitta è quello di far loro sperimentare successi, insegnando l’importanza dell’uso di strategie e strumenti a loro disposizione, aiutandoli a riconoscere le cause del risultato ottenuto. Trasmettendo il valore che la capacità e il riuscire bene in una cosa va a braccetto con l’impegno che si mette in quella cosa.. sfatando il mito del “bravi si nasce”, rimpiazzandolo con quello del “bravi si diventa”.

È necessario che il bambino comprenda il proprio problema e ne sia consapevole: in questo modo vengono ridotte la sensazione di incapacità e il senso di colpa (la non riuscita non dipende solo dallo scarso impegno o dalla mancanza di volontà ma da lacune particolari sulle quali dovrà lavorare).

In più, molto importante, è che una volta che i genitori hanno compreso il problema, siano aiutati a porsi “nei panni del bambino”, cercando di sintonizzarsi su cosa prova e sente, ma soprattutto a comprendere che il figlio non è solo uno scolaro ma che possiede anche molte capacità che vanno oltre la scuola.

Adesso però la scuola è finita… buon meritato riposo a tutti!!

Dr.ssa Federica Piccinelli – Psicologa Psicoterapeuta| [email protected]

 

DSA – Bibliografia

Cornoldi, C. (2007) Difficoltà e disturbi dell’apprendimento, Il mulino, Bologna.

Pratelli, M. (2012) Lo vedo dagli occhi: i bambini e la terapia familiare, F. Angeli, Milano.

La prossima settimana Felicemente ritorna con un articolo della dr.ssa Ricci dal titolo “La sessualità nei pazienti fibromialgici”.

 

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ultimo aggiornamento: 11-06-2017


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