“Io sono Cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”

Nei giorni in cui a Treia, Fondazione Symbola insieme a Unioncamere organizza il seminario estivo “Il senso dell’Italia per il futuro”, ricordiamo ai politici del nostro territorio i dati del loro ultimo rapporto “fondzione symbola” dedicato all’industria culturale e creativa, un settore che rappresenta sempre più il cuore pulsante dell’economia del nostro Paese. Non solo a livello nazionale ma soprattutto a livello locale

di Claudia Tani

Lasciamo che parlino i dati, che siano le cifre a raccontare come stanno veramente le cose, cioè che l’economia del Bel Paese è sempre più debitrice nei confronti della cultura e della creatività. Sì, perché stando a quanto riportato nel settimo rapporto “Io sono Cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” stilato da Fondazione Symbola insieme ad Unioncamere, con 89,9 miliardi di euro generati, nel suo insieme il sistema produttivo culturale e creativo italiano rappresenta il 6% della ricchezza prodotta nel 2016 con un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia pari ad 1.8. In soldoni questi scarsi 90 miliardi di valore aggiunto ne stimolano altri 160. Non male. Soprattutto se si pensa che l’intera filiera culturale arriva a produrre la cifra strabiliante di 250 miliardi pari al 16,7% del valore aggiunto nazionale.

E neanche a dirlo (ma sicuramente ci piace ricordarlo alla nostra classe dirigente) è il settore del turismo a beneficiare per primo di questo effetto: infatti, oltre un terzo della spesa turistica nazionale (il 37,9% per l’esattezza) è attivata proprio della cultura e dalla creatività. È vero, sono dati nazionali ma valgono quanto mai a livello territoriale, soprattutto del nostro territorio. Se si dà un occhio alla classifica che riporta l’incidenza del valore aggiunto del Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC) sul totale dell’economia si nota subito che ci sono ben tre province toscane nelle prime 10 posizioni: a Roma con il 10% spetta il podio, seconda arriva Milano (con il 9,9%), terza Torino, attestata sulla soglia dell’8,6%. Seguono quindi Siena (8,2%), Arezzo (7,6%) e Firenze (7,1%).

Ancora un “non male” davvero. D’altronde, se allarghiamo la prospettiva e ci spostiamo in un’ottica di macro-area geografica è il Centro a fare la parte del leone: qui, la cultura e la creatività producono il 7,4% del valore aggiunto.

Cosa si intende per Sistema Produttivo Culturale e Creativo?

Cerchiamo di fare chiarezza: per Sistema Produttivo Culturale e Creativo si intendono tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività: ovvero le così dette creative-driven.

Cinque sono i macro settori compresi: industrie creative (architettura, comunicazione, design), industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), performing arts e arti visive a cui si aggiungono le imprese creative-driven (imprese non direttamente riconducibili al settore ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico).
Come a dire che dalla realizzazione di mobili alla nautica, larga parte della capacità del made in Italy di competere nel mondo sarebbe impensabile senza il legame con il design, con le industrie culturali e creative.

Facciamocene una ragione, la cultura nel nostro Paese è anche (e in buona parte) cultura di impresa: saper fare, competenze e talenti, ma soprattutto professionalità. Elementi questi che difficilmente possono essere taroccati.

Io sono cultura: Settori e trend

Le industrie culturali producono, da sole, oltre 33 miliardi di euro di valore aggiunto, ovvero il 37,1% della ricchezza generata dal SPCC, dando lavoro a 492mila persone (32,9% del settore). Contributo importante anche dalle industrie creative, capaci di produrre 12,9 miliardi di valore aggiunto (il 14,4% del totale del comparto), grazie all’impiego di 253mila addetti (16,9%). Performing arts e arti visive generano invece 7,2 miliardi di euro di ricchezza e 129mila posti di lavoro; conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono quasi 3 miliardi di euro di valore aggiunto e oltre 53mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 33,5 miliardi di euro di valore aggiunto (il 37,2% dell’intero sistema culturale e creativo) e 568mila addetti (38% del totale del sistema culturale e creativo).

Guardando alla dinamica dei settori, il dato eclatante è che, a differenza del quinquennio precedente, tutti i segmenti registrano bilanci positivi, sia in termini di valore aggiunto che di occupazione. Le performance più rilevanti rimangono connesse ai segmenti che già negli ultimi cinque anni avevano mostrato segnali positivi, come il design (+2,5% per valore aggiunto e +1,9% per occupazione), i videogame (+2,5% per il valore aggiunto e +1,7% per occupazione) e la produzione creative-driven (+1,7% per valore aggiunto e +1,5% per occupazione).

Pur restando il talento il cuore di tutti questi settori, al dinamismo descritto ha contribuito anche il significativo incremento dei livelli di istruzione richiesti alle professioni culturali e creative. Tra il 2011 e il 2016 coloro che operano nel Sistema Produttivo Culturale e Creativo e sono in possesso di una laurea sono aumentati dal 33 al 41%: valore nettamente superiore al resto dell’economia, in cui si è registrato un incremento inferiore a 3 punti percentuali (dal 17 al 20%). Segno che il comparto ha individuato anche nella crescita delle competenze una delle risposte alla crisi che ha investito orizzontalmente tutti i settori, in particolar modo quelli legati al Core cultura.

Le imprese del sistema culturale

Sulla base dei dati del Registro delle Imprese delle Camere di commercio il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano conta a fine 2016 413.752 imprese, che incidono per il 6,8% sul totale delle attività economiche del Paese. In particolare, le imprese che operano nei settori del Core Cultura, direttamente collegate alle attività culturali e creative, sono 289.112, a cui va ad aggiungersi la componente creative- driven, dove confluiscono tutte le attività economiche non strettamente riconducibili alla dimensione culturale ma caratterizzate da strette sinergie con il settore (124.640 imprese).

La gran parte delle imprese del Core Cultura, oltre una impresa su tre, assume la forma di ditta individuale (98.474 imprese, pari ad un incidenza del 34,1%). Le società di capitale raccolgono circa il 27% delle attività, con punte che superano addirittura il 50% tra le attività che si occupano della produzione di contenuti audiovisivi e le attività di videogiochi e software. Le società di capitale sono diffuse anche tra le imprese del patrimonio storico-artistico (il 31,9% del totale). In tale ambito, risaltano anche le “altre forme”, con un peso non trascurabile delle cooperative (9,9%). Queste ultime, in particolare, che rappresentano complessivamente il 2,0% delle imprese del Core Cultura, costituiscono addirittura quasi il 36% delle attività economiche nell’ambito delle performing arts e arti visive.

Le imprese femminili sono particolarmente presenti nel sistema cultura: sono, infatti, ben 52.145, pari al 18% delle imprese del Core Cultura. Più di una impresa femminile su due si concentra nell’editoria (il 55%), cui segue, a distanza, il comparto della comunicazione (18,6%).

Per quanto attiene alle imprese giovanili, queste rappresentano l’8% della componente Core Cultura. Anche in tal caso risaltano, in primo luogo, l’editoria, che racchiude oltre il 40% delle imprese “under 35”, e a seguire il comparto della comunicazione (con il 18,8%).

Hanno un’incidenza minore, ma non per questo trascurabile, le imprese condotte da stranieri, che a fine 2016 costituiscono il 3,8% del totale delle imprese del Core cultura.

Intanto al seminario di Treia…

… si è parlato di innovazione e qualità, di tecnologia ed antichi e nuovi saperi, della forza dei nostri territori che necessariamente deve passare dalla coesione delle comunità, della possibilità di ricostruzione delle aree dell’Appenino che sono state danneggiate o distrutte dal terremoto, e della certezza che questa possibilità può esserci solo attraverso il riconoscimento delle diverse identità dei nostri luoghi e della partecipazione dei talenti tutti del Paese. Si sono cercate le chiavi per un rilancio dell’economia con uno sguardo rivolto al futuro.

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fondazione symbola io sono cultura treia

ultimo aggiornamento: 09-07-2017


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