“Buon pomeriggio, mi sentite?”. La voce è sembrata arrivare dal nulla, visto che sul palco non c’era alcun essere umano. Si trattava infatti di Sophia, androide dalle sembianze umane sviluppato dal fondatore di Hanson Robotics, David Hanson. A far conoscere uno degli ospiti del Wired Next Fest è stato Ben Goertzel, il Ceo di SingularityNet, che nel 2018 lancerà una piattaforma open per rendere più evolute le intelligenze artificiali di tutto il mondo. Insieme hanno mostrato al pubblico del Wired Next Fest di Firenze il futuro dell’I.A. e dei robot umanoidi.

Nella prima parte dell’incontro il palcoscenico è stato tutto di Sophia, che interagendo con Goertzel ha rivelato ai numerosi presenti a Palazzo Vecchio la sua capacità di parlare, rispondere alle domande e imitare le espressioni facciali dei suoi modelli umani. Il materiale che costituisce il volto è formato da una combinazione tra siliconi e composti organici che danno alla superficie l’aspetto giusto e la capacità di allungarsi e contrarsi in modo realistico. “Il motivo per cui la presentiamo senza capelli e con la calotta trasparente in bella vista è perché vogliamo sia chiaro che si tratta di un robot; una macchina in grado di assimilare aspetti anche profondi tipici degli esseri umani, ma pur sempre un automa”.

Per insegnare al robot ad assumere espressioni sempre più simili a quelle umane gli sono stati mostrati clip video provenienti da film e Internet; in una breve dimostrazione Sophia ha riprodotto l’audio di pellicole famose facendo il verso alle espressioni facciali originali degli attori che vi hanno recitato. L’androide se la cava anche nel canto: ha partecipato a un festival musicale in Hong Kong, ovviamente prendendo in prestito una voce estranea ma interpretandola con espressioni originali.

robot umanoide
robot umanoide

A guidare i processi logici di Sohpia ci sono algoritmi di intelligenza artificiale che al momento la rendono in grado di sostenere conversazioni di medio-semplice complessità, ma in futuro la mente del robot si farà più evoluta. Un attuale limite comune a tutte le I.A. esistenti  è che sono sviluppate a compartimenti stagni. Ognuna risponde a una specifica esigenza e produce valore in ciò che fa, ma per avere qualcosa di superiore occorre un metodo per collegarle tra loro. SingularityNet ha una soluzione: una piattaforma cloud che connetta i singoli moduli esistenti per farli lavorare insieme e produrre un’intelligenza di tipo superiore.

Commenta Goertzel: “Se prendiamo un’auto a guida autonoma, per quanto intelligente possa essere, non può guidare una motocicletta né un camion. Sono mezzi di trasporto simili, ma che un’intelligenza artificiale al momento non può adattarsi a guidare. La nostra piattaforma sarà aperta; ogni studente potrà programmare e mettere online la propria intelligenza artificiale e farla partecipare al progetto”.

SingularityNet sarà dunque un marketplace al quale ogni sistema potrà collegarsi e scaricare in autonomia, sotto licenza o dietro pagamento una tantum, il modulo necessario per l’abilità richiesta in un dato momento. Un sistema di analisi delle immagini alla base della vista di un robot ad esempio potrà chiedere temporaneamente l’aiuto di un sistema specializzato nel riconoscimento di razze canine. Le due I.A. si accorderanno autonomamente per l’outsourcing e per la relativa transazione. Lo stesso vale per qualunque attività, dall’analisi di documenti notarili all’interpretazione di poesie italiane del ‘500. Per ogni scambio, di abilità e di valuta, SingularityNet utilizzerà ad un protocollo blockchain, tramite il quale le singole intelligenze artificiali potranno formare collaborazioni dinamiche.

Robot umanoidi intelligenti, quando?

Ma tra quanto vedremo una Sophia intelligente come un essere umano? “Siamo in una fase di transizione tra quelle che vengono definite Narrow Ai e General purpose Ai, le intelligenze a compartimento stagno e quelle che saranno in grado di raggiungere il livello degli esseri umani. La transizione è appena iniziata e il nostro progetto mira ad accelerare questo processo, ma è presto per prevedere quanto ci vorrà perché si completi; io spero che accada al massimo nei prossimi otto anni. A quel punto vedremo robot specializzati nella cura degli anziani e robot scienziati. Non sto dicendo che non vedremo problemi, ma che nel quadro generale i lati positivi prevarranno su quelli negativi; così come accade nel mondo di Internet, degli smartphone e degli altri tipi di tecnologie”.

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ultimo aggiornamento: 01-10-2017


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