Ha una vita propria e indipendente rispetto alle piante che nutre. La sorprendete scoperta di un team tutto pisano e tutto al femminile riguarda la “wood wide web”, la rete fungina così soprannominata dalla rivista “Nature” che vive nel suolo in simbiosi con le radici trasferendo acqua e nutrienti alle piante.

Autrici dello studio appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale “Nature”, sono tre microbiologhe, la professoressa Manuela Giovannetti come coordinatrice e Alessandra Pepe, entrambe dell’Università di Pisa, e Cristiana Sbrana del CNR.

“Queste nuove conoscenze, oltre a fornire dati preziosi sulla capacità di sopravvivenza a lungo termine della rete assorbente fungina, ci indicano la strada da seguire per il mantenimento della fertilità biologica del suolo – spiega la professoressa Giovannetti – una strada che deve tener conto dei rapporti di cooperazione tra piante e microrganismi benefici, nell’ottica della loro utilizzazione nella produzione sostenibile di cibo di alta qualità”.

La ricerca è durata due anni e si è svolta nei laboratori di Microbiologia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Ateneo pisano, dove è stato messo a punto un sistema sperimentale in vivo per visualizzare e monitorare la crescita e la vitalità della rete fungina.

“Le piante si nutrono principalmente utilizzando le capacità del fungo benefico simbionte di esplorare il terreno, assorbire i nutrienti e trasferirli alle radici attraverso una rete di cellule allungate tubulari interconnesse – racconta la dottoressa Cristiana Sbrana, ricercatrice del CNR – Il nostro studio ha affrontato una domanda cruciale: la vita di tale rete è dipendente dalla vita della pianta ospite? Oppure, alla morte della pianta (come avviene dopo la raccolta per molte colture), la rete mantiene la sua vitalità e funzionalità?”.

“Gli esperimenti effettuati durante le nostre ricerche hanno dimostrato che la vita della “wood wide web” è disaccoppiata dalla vita della pianta – ha concluso Alessandra Pepe, che ha svolto parte del suo dottorato proprio su questo argomento – Anche 5 mesi dopo la rimozione della parte aerea della pianta, la rete è capace di mantenere la sua vitalità e funzionalità, e di stabilire nuove simbiosi con altre piante”.

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