Non solo fumo, la coltivazione della cannabis in Italia riguarda soprattutto esperienze innovative, con produzioni che vanno dalla ricotta agli eco-mattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, dai cosmetici all’alimentare. Ed anche in Versilia, terra di vivai ed imprese florovivaistiche, sta rappresentando per alcune realtà, una interessante alternativa a fiori recisi e produzioni in vaso. Una alternativa che sta salvando, in alcuni casi, anche le imprese e dando risposte anche in termini di occupazione. A dirlo è Coldiretti Lucca all’indomani della decisione restrittiva presa dalle sezioni unite penali della Cassazione che rischia di frenare un settore in grande sviluppo in tutto il mondo come quello della cannabis light. A spingere l’agricoltura in questa direzione è stata l’approvazione della legge numero 242 del 2 dicembre 2016 recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa” che ha disciplinato il settore. Con la nuova norma non è, infatti, più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di Thc al massimo dello 0,2%, fatto salvo l’obbligo di conservare per almeno dodici mesi i cartellini delle sementi utilizzate. “Anche in Versilia ci sono aziende che legittimamente e legalmente – spiega Andrea Elmi, Presidente Coldiretti Lucca – hanno iniziato un programma di coltivazione certificato e biologico di canapa a basso contenuto di principio psicotropo (Thc). Stiamo parlando di aziende che riescono, in questo modo, a bilanciare le difficoltà del mercato internazionale per alcune tipologie di prodotto in attesa di tempi migliori. Non producono esclusivamente canapa ma portano avanti anche le altre produzioni in base alla stagione. Una produzione – spiega Elmi – consente in un certo modo di sostenere l’altra e di garantire continuità alla tradizione florovivaistica in attesa di tempi migliori”.
In Italia nel giro di cinque anni sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne dove sono centinaia le aziende agricole che hanno investito nella coltivazione. “Anche in Versilia, così come in altre province toscane, ci sono aziende che ci credono e ci hanno investito. – spiega ancora Elmi – Limitare la produzione di canapa al solo consumo alimentare o tecnico è sbagliato. Nel caso delle aziende versiliesi il percorso si ferma alla piantina che poi viene rivenduta ai grossisti italiani e stranieri per terminarne il ciclo produttivo. Il lavoro che viene fatto qui, per esempio, è esclusivamente agricolo ed è molto serio. Alcune di queste aziende sono state rivitalizzate da questa opportunità. Una in particolare è riuscita ad impiegare, con contratto agricolo, una decina di persone”.
Tante sono infatti le varianti della canapa nel piatto, dai biscotti e dai taralli al pane di canapa, dalla farina di canapa all’olio, ma c’è anche chi usa la canapa per produrre ricotta, tofu e una gustosa bevanda vegana, oltre che la birra. Dalla canapa si ricavano oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Se c’è chi ha utilizzato la canapa per produrre veri e propri eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, non manca il pellet di canapa per il riscaldamento – continua Coldiretti – che assicura una combustione pulita. “Oggi c’è un diffusa consapevolezza internazionale delle opportunità che possono venire da queste coltura ed è pertanto necessario su un tema così delicato la necessità di tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo di un settore che può essere molto interessante anche per la Versilia”.
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