Ucciso con 11 coltellate, questo il responso dell’autopsia eseguita sul corpo del carabiniere Mario Cerciello Rega. Oggi, a Somma Vesuviana, si sono celebrati i funerali, nella stessa chiesa dove, a giugno scorso, circa 1 mese e mezzo fa, si era sposato. Le indagini hanno portato in poche ore al fermo di due giovani studenti americani, uno dei quali reo confesso di aver accoltellato il militare dell’Arma a Roma, ma da ieri è polemica sulla foto scattata in caserma che ritrae Christian Gabriel Natale Hjorth – uno dei due ragazzi americani accusati di aver ucciso il carabiniere Mario Cerciello Rega  – bendato e ammanettato. Un’immagine che ha fatto il giro del mondo, ripresa anche da testate Usa, e che ha diviso in due l’opinione pubblica. La Cnn, ieri sera, ha parlato di foto scioccante, mentre sia per il Los Angeles Times che il Washington Post si tratta di un “atto illegale”. Il comandante generale dell’Arma, Nistri, ha categoricamente condannato l’accaduto, tanto che è stata aperta un’inchiesta interna,  mentre il militare che ha bendato il ragazzo è stato individuato dopo poche ore e “spostato” ad altro reparto. Gian Domenico Caiazza, presidente dell’unione camere penali, ha cosi commentato: “Nella nostra esperienza di avvocati penalisti ci siamo imbattuti spesso in nostri assistiti che ci hanno rappresentato trattamenti nei primi contatti con la polizia giudiziaria gravi. Non sempre questi racconti sono veritieri o riscontrabili, ma non sono certo una novità. La novità è la foto di quello che accade. E’ una delle ragioni per le quali noi delle camere penali italiane vogliamo promuovere il disegno di legge per imporre la registrazione audio e non solo la verbalizzazione per sintesi come avviene adesso.

foto di Letizia Tassinari

Sulla vicenda abbiamo interpellato l’avvocato viareggino Riccardo Carloni, noto e navigato penalista del Foro di Lucca che nella sua lunga carriera ha affrontato casi giudiziari importanti e di rilievo nazionale.

Che senso ha “guantanamare” un arrestato?

In primis, intendo manifestare lo sgomento per la tragica morte del Vice Brigadiere Mario Cerciello Rega, Servitore dello Stato, barbaramente ucciso mentre adempieva al suo dovere per garantire, a tutti noi, un’esistenza sicura e serena. Sull’esatta ricostruzione della dinamica della mortale aggressione, si deve attendere, con fiducia, l’esito delle indagini.

La foto che ritrae il soggetto fermato, tale Christian Gabriel Natale Hjorth, bendato e con le manette (circondato da Agenti ed Ufficiali di Polizia Giudiziaria, all’interno di una caserma) lascia allibiti.

Si condivide, quindi, il pensiero “postato” da Enrico Mentana, che censura l’episodio senza mezzi termini, bollandolo come: “…una vergogna per lo stato di diritto ed un boomerang processuale…”.

Tutti noi abbiamo la fortuna di vivere in uno Stato di Diritto, perciò è bene ricordare che il vigente processo penale (regolato dal c.d. “Codice Vassalli”, entrato in vigore nel 1989), si fonda sul “processo accusatorio”.

Così, come negli Stati Uniti (secondo le regole della “Sporting Theory”), una sentenza è giusta e rispettata solo se forgiata nella dialettica delle parti, ovvero se fondata sulla parità di armi tra accusa e difesa, sul rispetto dell’imputato quale essere umano (anche se arrestato, per il più efferato dei delitti).

Questo fatto inciderà negativamente sull’indagine del carabiniere ucciso?

E’ evidente che una risposta approfondita al quesito presupporrebbe una conoscenza degli atti che un lettore esterno non può avere.

Intanto, ricordiamo che dall’Arma dei Carabinieri ha subito condannato l’episodio e aperto un’inchiesta interna: il militare che ha bendato ed ammanettato il ragazzo è stato individuato dopo poche ore ed è stato “…subito trasferito… e la sua condotta è stata oggetto di una dettagliata informativa alla Procura della Repubblica….”; come riferito alla stampa dal Comandante Provinciale dell’Arma, Generale Francesco Gargaro.

In linea generale, l’accaduto è in contrasto con la Carta Costituzionale (si pensi, ad esempio, al disposto dell’art. 13, comma 4 per cui “…è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà…”), la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo  (art. 5, per cui “…Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti…”),  nonché con il comma 6 bis dell’art. 114 c.p.p. che vieta la “…pubblicazione dell’immagine di persona privata sottoposta all’uso di manette ai polsi o ad altro mezzo di coercizione fisica…”.

Per quanto riguarda l’analisi delle eventuali conseguenze che la condotta degli operanti di polizia giudiziaria avrà nel processo per l’omicidio del Vicebrigadiere, occorre aprire due scenari:

  • Laddove il soggetto, in quelle condizioni, non sia stato sottoposto ad alcuna attività di indagine (come il rilascio di spontanee dichiarazioni, ex art. 350 c.p.p.), averlo bendato ed ammanettato non avrà alcuna ripercussione sull’attività investigativa e, successivamente, sul processo.
  • Viceversa, qualora l’indagato sia stato ammanettato e bendato per il rilascio di dichiarazioni, l’atto compiuto sarà nullo o inutilizzabile.

Infatti, per le dichiarazioni ex art. 350, commi 1 e 3 c.p.p., il soggetto non avrebbe dovuto essere né in stato di arresto né in stato di fermo, sarebbe stata necessaria la presenza del legale ed il rispetto delle garanzie dell’art. 64 c.p.p. (il quale dispone che non possano essere utilizzati, nei confronti dell’indagato, “…metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione…”).

Stessa cosa vale per le dichiarazioni raccolte ex art. 350 comma 5 c.p.p. in quanto l’attività difetta del requisito dell’assunzione “…sul luogo o nell’immediatezza del fatto…”.

Allo stesso modo, non possono considerarsi dichiarazioni spontanee, ex art. 350 comma 7 c.p.p.: lo testimoniano le manette e la benda…

Sul punto, si rinvia a quanto dichiarato dall’Avv. Giandomenico Caiazza, Presidente dell’Unione Camere Penali Italiane.

Infine, mi sia consentito un personale commento.

La foto del giovane bendato con le manette dispiace e colpisce la civiltà giuridica e processuale del nostro paese. Del resto, non si può non rimarcare come l’episodio sia del tutto inutile nell’accertamento della verità, per la punizione degli assassini del povero Vice Brigadiere.

Le istituzioni a tutti i livelli, devono dissociarsi e condannare tali fatti (come ha fatto il Comando dell’Arma dei Carabinieri), non minimizzarne il disvalore, perché il rischio è quello di complicare il corso della giustizia.

Ogni settimana, con il Corriere della Sera, sono pubblicati dei volumetti dedicati alle più celebri vicende giudiziarie della storia: “I grandi processi della storia. Il lungo cammino della Civiltà”.

Ecco, ne consiglio vivamente la lettura…

(Visitato 2.150 volte, 1 visite oggi)

Maltempo, stato d’emergenza anche per la Provincia di Lucca

Jova Beach Party, è qui la festa: tutte le foto di Stefano Dalle Luche