Più di cento, le vittime di Pietrasanta colpite dalla barbarie nazifascista. Quaranta, i giorni trascorsi dentro una grotta, nascosti, aspettando che le truppe tedesche lasciassero la Versilia. Quattordici, i giovani uccisi al Molino Rosso e abbandonati cadaveri sul greto del torrente Baccatoio. I numeri della scia di odio e sangue che, dal 12 agosto 1944, attraversò le alture versiliesi li ha elencati Enio Mancini, uno dei superstiti della Strage di Sant’Anna di Stazzema, in occasione della cerimonia in ricordo dell’eccidio di Valdicastello.

Una corona d’alloro deposta, a nome della comunità, sotto la lapide che segna il luogo dell’ennesima barbarie compiuta in quei giorni dalle SS: “Mai ci saremmo aspettati che la moderna Europa arrivasse a questo giorno con un conflitto alle porte dei suoi confini – ha sottolineato l’assessore all’associazionismo, Andrea Cosci – ma neppure che, dopo tanto orrore, nel mondo proseguissero le guerre. Ce ne sono più di 20, delle quali non si parla o si parla poco ma che non sono certo differenti, per sofferenza e distruzione, da quelle del passato. Ecco perché ogni ricordo, anche il più piccolo, è prezioso, per chi ha avuto la fortuna di non viverle sulla propria pelle e ha il compito, nel presente e soprattutto in futuro, di coltivare la pace”.

Fra i gonfaloni del Comune di Pietrasanta, dell’associazione Martiri di Sant’Anna e dell’Anpi pietrasantina, Mancini ha lasciato altri scampoli di memoria: “Uccisero il barbiere e il prete – ricorda – scelsero casa per casa, a Valdicastello, chi doveva morire qui. Ricordo le abitazioni distrutte, il terrore del rumore di passi sui sentieri. E mi si stringe un nodo in gola, oggi, quando vedo in televisione le immagini della guerra in Ucraina. Enrico Pieri diceva sempre: Mai più Sant’Anne. Ripetiamolo sempre, ogni giorno, perché la memoria è preziosa anche se fa male”.

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