Parlando con i dipendenti di aziende a cui faccio consulenza sia con pazienti in studio, spesso,
emerge la frase “Sono depresso”. Ma cosa vuol dire soffrire di depressione?


Innanzitutto, è fondamentale distinguere il Disturbo Depressivo Maggiore, da un momento di
umore depresso o tristezza. Infatti, è normale, anzi lo definirei adattivo, vivere un periodo di
tristezza. La tristezza è un’emozione primaria e come tale va vissuta e accettata.

Foto di StockSnap da Pixabay


Invece, il Disturbo Depressivo Maggiore va a toccare sia la componente cognitiva che fisica della
persona. Seguendo la definizione del DSM V, tale disturbo presenta una sintomatologia non molto
precisa: la persona si sente triste, vuota, tende al pianto e la lamentazione; è presente una
decisiva diminuzione di interesse o piacere per tutte quelle attività che prima piacevano; presenza
di anedonia, ovvero stanchezza, affaticamento, demotivazione; aumento o diminuzione sia
dell’appetito che del sonno; difficoltà di concentrazione e di pensiero e si percepisce la mente o
come rallentata o anche agitata; mancanza di energie; pensieri di morte o suicidio.
Questi sintomi, ovviamente, non devono essere presenti nella loro totalità, ma possono comparire
solo alcuni di questi. Il fattore essenziale è la durata e la pervasività dei sintomi: seguendo sempre
il DSM V, la sintomatologia deve essere presente per almeno 15 giorni, causando una
compromissione del normale funzionamento sociale, lavorativo e famigliare. Questo vuol dire che
la persona non ha voglia di uscire con gli amici e di partecipare agli eventi sociali, ha difficoltà a
lavoro, tende a fare ritardi, non riesce a seguire gli impegni casalinghi, può avere scatti di rabbia e
sentimenti di frustrazione e incomprensione, tende a isolarsi e non parlare con nessuno etc…


Infatti, ciò che può complicare il disturbo è il fatto che chi ne soffre, difficilmente riesce a chiedere
aiuto
, avendo paura di ricevere un giudizio negativo o frasi di poco aiuto! Su questo argomento
vorrei aprire una piccola parentesi ma di grande importanza: è completamente inutile dire a una
persona che soffre di depressione “su cerca di tirarti su!”, “non serve essere tristi, succede a tutti!”,
“sei solo una persona debole!”, “non sei depressa, la tua è una scusa perché sei pigra!” e altre
decine di frasi che ho sentito in prima persona o che mi sono state riportate dai pazienti. Piuttosto,
va compresa e, soprattutto, ascoltata così da porter capire quale sia il suo reale bisogno. Chiusa
parentesi.

Foto di Holger Langmaier da Pixabay


Ritornando alla presenza dei sintomi. Attualmente, si inizia a far riferimento anche al concetto di
Spettro Depressivo, ovvero alla presenza di sintomi depressivi con una gravità o una pervasione
non tale da poter fare una diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore ma che, tuttavia, possono
compromettere il normale funzionamento della persona.
Risulta chiaro come non sia automatico fare una diagnosi di depressione e come, quindi, sia
difficile autodiagnosticarlo. Quello che si può fare, se qualcuno di voi sta vivendo un periodo di
disagio psicologico e sofferenza che lo porta a pensare di soffrire di depressione, è rivolgersi a uno
psicologo che lo possa aiutare.


Infine, mi preme fare un breve excursus sulle cause del Disturbo Depressivo Maggiore. Non esiste
una causa univoca, facendo riferimento al modello bio-psico-sociale, si può affermare che le cause
siano molteplici e variano in base alla persona (ereditarietà, ambiente sociale, relazioni affettive
precoci, avere un caregiver depresso, lutti familiari, problemi di lavoro, relazionali, etc.). Tuttavia, le
ricerche hanno evidenziato come ci sia un fattore biologico che porta una maggior predisposizione
genetica verso questo disturbo, e un fattore psicologico, per cui le nostre esperienze, soprattutto
infantili, possono portare una maggior vulnerabilità acquisita. Naturalmente queste vulnerabilità
interagiscono tra loro, ma non portano necessariamente allo sviluppo di un disturbo depressivo.
Nella maggior parte dei casi, deve esserci la presenza di un fattore scatenante, come un evento
negativo di perdita (un lutto, la fine di una relazione, la perdita del lavoro, etc…) oppure di un
evento positivo ma sempre valutato come perdita (la nascita di un figlio che “toglie libertà”, lalaurea in cui si perde lo status di studente, etc…) o la mancanza di eventi positivi per i quali ci si è
impegnati tanto (non aver ricevuto una promozione).

Foto di Małgorzata Tomczak da Pixabay


In conclusione, vorrei ribadire come la depressione sia un disturbo diffuso e che può colpire
chiunque, quindi, se state vivendo un periodo particolare della vostra vita, non sentitevi deboli o
sbagliati, chiedete aiuto!

* Avvertenza: Le informazioni fornite hanno carattere generale e divulgativo e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale.

L’esperta

*La Dott.ssa Linda Trogi, Psicologo Clinico e del Lavoro, Membro del Gruppo di Lavoro “Psicologia del Lavoro” dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, si è laureata con lode in “Psicologia Clinica e della Salute”, presso l’Università di Pisa e, attualmente, sta concludendo il Master Universitario di II livello in “Psicologia della Salute Organizzativa: teorie, strumenti e metodologie per la valutazione del rischio Stress Lavoro Correlato”. Lavora sia in ambito clinico, occupandosi, principalmente, di Stress, Ansia, Autostima e Potenziamento Motivazionale, sia in ambito aziendale con Valutazione e Interventi Rischio Stress Lavoro-Correlato, Valutazione e Interventi Clima Organizzativo e Benessere Organizzativo, Formazione sulla Sicurezza Psicologica al Lavoro e Formazione Soft Skills. Per Informazioni scrivere a: [email protected]

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TAG:
depressione linda trogi psicologia lavoro

ultimo aggiornamento: 23-04-2024


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