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Massarosa, «Chi non ha votato non si rivolga a me». Bufera sull’assessore Puccetti

Doveva essere un semplice sfogo post-referendario, invece si è trasformato in una bufera politica e istituzionale. L’assessore al sociale del comune di Massarosa Alberta Puccetti ha scatenato aspre polemiche con un post pubblicato su Facebook all’indomani del mancato raggiungimento del quorum ai referendum dell’8 e 9 giugno, nel quale annunciava di voler discriminare i cittadini in base alla loro partecipazione al voto

«Da oggi in poi per tutti coloro che si rivolgeranno a me, amici, amici di amici, parenti ecc ecc lamentandosi di contratti assurdi, licenziamenti illegittimi ecc ecc pregasi presentarsi con tessera elettorale che attesti di essere andati a votare nelle giornate dell’8 o 9 giugno, altrimenti passare oltre a passo svelto, grazie», aveva scritto l’assessore nel post che ha rapidamente fatto il giro dei social network.

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Massarosa, «Chi non ha votato non si rivolga a me». Bufera sull'assessore Puccetti 2

Lo sfogo dell’assessore e la pioggia di critiche

Il messaggio proseguiva con toni ancora più aspri: «Io mi domando se qualcuno si è preso la briga di capire almeno cosa si era chiamati a votare. Avanti così che andiamo lontano. Beviamole tutte e lasciamoci lavare il cervello dagli altri!». Parole che hanno immediatamente scatenato una valanga di critiche e commenti indignati sui social, con cittadini e osservatori politici che hanno denunciato la gravità delle affermazioni.

Le dichiarazioni dell’assessore configurano infatti una forma di discriminazione politica che contraddice i principi fondamentali della democrazia e dell’amministrazione pubblica. Un rappresentante delle istituzioni, soprattutto se con delega al sociale, dovrebbe servire tutti i cittadini senza distinzioni, indipendentemente dalle loro scelte elettorali o dalla partecipazione al voto.

Particolarmente grave appare la minaccia di controllare le tessere elettorali dei cittadini, pratica che solleva questioni legate alla tutela della privacy e al segreto del voto. La scelta di non recarsi alle urne, infatti, rappresenta una forma di espressione democratica tutelata dalla Costituzione.

Le implicazioni legali: dai reati contro la pubblica amministrazione alla violazione della privacy

Dal punto di vista giuridico, le dichiarazioni dell’assessore Puccetti aprono diversi fronti di potenziale responsabilità. In primo luogo, la minaccia di subordinare l’esercizio delle funzioni pubbliche al controllo dell’orientamento politico dei cittadini potrebbe configurare il reato di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 del Codice Penale. La norma punisce il pubblico ufficiale che, «nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto», procura «un ingiusto vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto».

Nel caso specifico, utilizzare la propria posizione istituzionale per discriminare i cittadini in base alle loro scelte elettorali rappresenterebbe una palese violazione dei doveri d’ufficio e dei principi di imparzialità che regolano l’azione amministrativa, sanciti dall’articolo 97 della Costituzione.

Sul fronte della privacy, la richiesta di esibizione della tessera elettorale per verificare l’avvenuta partecipazione al voto viola diverse normative. Il Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati (GDPR) vieta il trattamento di dati personali relativi alle opinioni politiche, categoria nella quale rientra anche l’informazione sull’astensione dal voto. Inoltre, l’articolo 48 della Costituzione garantisce la libertà e la segretezza del voto, principi che verrebbero compromessi da qualsiasi forma di controllo successivo sulla partecipazione elettorale.

La tessera elettorale, infatti, non può essere utilizzata come strumento di discriminazione o controllo politico. La sua consultazione da parte di un pubblico amministratore per fini diversi da quelli istituzionalmente previsti configurerebbe una grave violazione della normativa sulla protezione dei dati personali, punibile con sanzioni amministrative fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo dell’ente.

L’Opposizione nel frattempo ha chiesto le dimissioni dell’assessore perché, sostengono, verrebbe a mancare dopo queste esternazioni la serenita e l’equidistanza di giudizio nei confronti di tutti i cittadini

Un precedente preoccupante per le istituzioni

Le istituzioni democratiche dovrebbero rappresentare un baluardo di imparzialità e servizio verso tutti i cittadini, mentre l’atteggiamento iniziale dell’assessore tradisce un approccio fazioso incompatibile con la funzione pubblica.

Il caso solleva inoltre interrogativi più ampi sulla formazione e sulla sensibilità istituzionale degli amministratori locali. Anche se motivato dalla delusione per il fallimento referendario, minacciare di discriminare i cittadini rappresenta una deriva pericolosa che rischia di minare la fiducia nelle istituzioni democratiche locali.

La vicenda si inserisce in un contesto di crescente polarizzazione politica, ma proprio per questo assume maggiore gravità: le istituzioni pubbliche dovrebbero rappresentare un punto di riferimento neutrale per tutti i cittadini, non un’arena di scontro politico.

Non è escluso che la vicenda possa avere ripercussioni anche sul piano disciplinare interno all’amministrazione comunale, considerando che il comportamento tenuto dall’assessore appare in contrasto con i codici di condotta che regolano l’attività dei pubblici amministratori. La gravità delle affermazioni, infatti, non viene completamente sanata dalle scuse successive, che non cancellano la dimostrazione di una preoccupante incomprensione dei doveri istituzionali.

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