VIAREGGIO. La notizia, probabilmente, non giunge così inattesa dopo l’amara retrocessione in seconda categoria maturata ieri sera. Eppure è di quelle che ti spiazza, che ti fa riflettere, perché il personaggio in questione, abituato a dividere i viareggini in due fazioni, è stato parte integrante dell’ultimo quarto di secolo di Carnevale.

Gionata Francesconi abbandona il mondo di Burlamacco dopo quasi 30 anni di carriera negli hangar di via Marco Polo prima e della Cittadella poi, lui figlio e nipote – di zio e di nonno – di tanti altri artisti che hanno recitato un ruolo da protagonista nella storia della manifestazione. E il “Maestro”, come lo hanno sempre ribattezzato i suoi sostenitori, per congedarsi dal Carnevale sceglie proprio il suo baraccone, dove convoca una conferenza stampa.

Francesconi, forse l’unico tra i carristi ad essere chiamato tra gli addetti ai lavori e gli appassionati con il nome di battesimo, ci ha pensato su tutta la notte, dopo che gli altoparlanti dei viali a mare hanno scandito una cantilena che le sue orecchie mai avrebbero voluto udire. Settimo posto. Retrocessione in seconda categoria, salutata nel lontano 1993 dopo la vittoria con il carro “Sei bellissimo” che raffigurava Michael Jackson.

E proprio a un’altra costruzione che raffigurava il celebre cantante morto tre anni fa, quella portata sui viali a mare nell’edizione 2010, molti fanno risalire l’inizio del declino.”Thriller party” si classificò all’ultimo posto e non sarebbe certo andata meglio l’anno successivo, con “Urla selvagge” fermatosi in decima posizione.

“Ci aspettavamo sicuramente un risultato migliore – commenta Francesconi – il nostro carro piaceva a molti spettatori dei viali a mare, spesso per strada mi fermavano per farmi i complimenti. Mai avrei pensato di non andare oltre il settimo posto, meritavamo di più. Purtroppo abbiamo pagato a caro prezzo i pessimi piazzamenti degli ultimi due anni, a mio avviso ingiusti nei miei confronti.”

Ad occupare il suo posto in seconda categoria rimarrebbe comunque il giovane socio Giacomo Marsili. Il condizionale è d’obbligo, perché a quanto pare anche lui starebbe valutando di abbandonare il mondo del Carnevale.

“Dobbiamo ancora parlarne, ma forse sì, si ritira pure lui”.

Di sicuro, al momento, c’è l’addio alle armi, o meglio, agli attrezzi del mestiere da parte di Francesconi, la cui carriera nel Carnevale ebbe inizio nel 1984 con un successo, da debuttante, tra le maschere isolate. Un addio figlio dell’amarezza per l’onta della retrocessione (“Non potrei condividere l’hangar con un altro, dopo tutti questi anni”), e molto altro.

“Si è verificata tutta una serie di eventi che anche la Fondazione dovrà capire – dice il carrista – siamo in un momento di crisi, i soldi a disposizione sono pochi ed i carristi devono far fronte a molte spese.”

E ancora: “Sul mio conto sono state dette tante cattiverie”, con riferimento alle accuse di allestire carri poco costosi, se paragonati al compenso da 130mila euro, o di infarcirli di polistirolo, “ma io ho sempre lavorato con onestà. Non ho mai fatto polemiche od alzato la voce, e non mi sono mai schierato contro i miei colleghi.”

Non sono mancate, nel corso degli anni, aspre critiche alle sue costruzioni, etichettate come carri “da Venezia” per il tema poco carnevalesco o per l’atmosfera tetra e poco gioiosa. Ma c’è stato anchi chi ha sottolineato, a malincuore, che negli ultimi anni Francesconi aveva forse esaurito quella vena creativa che lo aveva portato a realizzare carri poetiche e struggenti come “Fantastampa”, “Il cavaliere inesistente” (primo premio nel 2005) e “È nato prima l’uovo o Pulcinella?”. Un talento rimasto inespresso, come quello, volendo scomodare paragoni calcistici, di Evaristo Beccalossi o di Domenico Morfeo.

“Ci sono stagioni in cui azzecchi il carro ed altre in cui non riesci ad esprimerti al massimo – osserva Francesconi – gli ultimi anni sono stati molto difficili, anche per una serie di vicende personali, come la perdita di mia madre.”

Qualcuno, addirittura, rimpiange i tempi dei carri più graffianti ed irriverenti, come “La voce dell’anima” del 1995 – i famosi ‘sederi’ che poi furono utilizzati come addobbi davanti all’allora “Caprice” – e tutti quelli che recavano a bordo solo figuranti di sesso femminile. “Quelli erano altri tempi – ricorda ancora Francesconi – la svolta è avvenuta dopo i tre anni passati a fare i complessi di apertura ispirati ad Alfredo Morescalchi. Che, per la cronaca, costavano 70 milioni di lire in meno di un carro. E pensare che sono sempre stato accusato di mettermi in tasca i soldi…”

Meditato il ritiro, il futuro appare piuttosto nebuloso. “Ho alcuni progetti già aperti da tempo, qualcosa che avevo messo da parte ma che non avevo del tutto accantonato – conclude il costruttore – adesso ho solo bisogno di metabolizzare questa retrocessione. Una cosa è certa: guarderò il mondo del Carnevale dal lontano.”

Arrivederci, Maestro.

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