VIAREGGIO. La presenza di un camion alla Cittadella del Carnevale e, soprattutto, il carico di alcuni pezzi di carri allegorici non sono passati inosservati. Visto che non siamo a New York, qualcuno ha avvertito la Fondazione e il presidente Alessandro Santini si è precipitato per verificare cosa stesse accadendo.

Una volta arrivato alla Cittadella ha potuto constatare che erano stati caricati pezzi del carro dagli hangar di Alfredo Ricci, Eleonora Francioni e Antonio Mastromarino. Santini ha subito chiesto l’intervento dei carabinieri e della polizia municipale per cercare di fare chiarezza sulla questione.

Non ci sono comunque estremi per provvedimenti penali e la Fondazione stessa sembrerebbe non intenzionata a sporgere denuncia. L’unica decisione potrebbe essere quella di adottare provvedimenti disciplinari nei confronti dei carristi che retrocessi devono liberare l’hangar entro la fine del mese.

I pezzi dei carri, di proprietà della Fondazione, sarebbero stati regalati ad altri Carnevali: questa è la versione data. Quello che ha dato fastidio a Santini, tuttavia, è che assieme ai mascheroni sono stati caricati anche i calchi in gesso, che per regolamento andrebbero distrutti una volta terminato il Carnevale. Altri costruttori possono dunque capire come vengono realizzati i carri viareggini.

Non è, comunque, una novità che pezzi di carri viareggini siano andati nel corso degli anni ad altri Carnevali. Salvaguardare il nostro patrimonio artistico è importante, ma questi episodi sono certamente il risultato di un rapporto difficile che si è venuto a creare tra Fondazione, carristi e Comune. In tutto questo a rimetterci è la città di Viareggio, non solo per l’immagine che si dà agli altri, ma anche, e soprattutto, perché una manifestazione come il Carnevale dovrebbe essere il fiore all’occhiello.

Anche i carristi, pur con tutte le ragioni che hanno, devono capire che i tempi sono cambiati: se le ricorse economiche sono ridotte ai  minimi termini non è più pensabile che possano esserci soliti 11 carri di prima categoria. Sta, insomma, all’Associazione studiare soluzioni alternative, magari ruotando ogni anno e dando la possibilità al Carnevale di sopravvivere.

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