(Foto Marco Pomella)
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MARINA DI PIETRASANTA. Dal coatto romano al bamboccione con la nonna, passando per il prete di campagna. Carlo Verdone ha proposto un excursus di molti dei suoi personaggi più famosi davanti al pubblico del Caffè della Versiliana di Marina di Pietrasanta. Intervistato da Walter Veltroni per Verdone era l’occasione per presentare il suo libro “La casa sopra i portici”, ma non si è lasciato sfuggire la possibilità di strappare sorrisi e applausi, che non sono certo mancati.

“Conobbi Roberto Rossellini – ha raccontato il comico romano – perché feci con lui l’audizione per entrare al Centro Sperimentale di Cinema. Dopo aver visto due miei lungometraggi Rossellini mi guardò e mi disse: ‘si vede che lei ama molto Antognoni”. Io dissi di sì, ma Antognoni non lo conoscevo neanche. Così fui ammesso al Centro Sperimentale: entrato come futuro Antognoni e uscito gridando ‘nonna”, con gli occhi rivolti al cielo”.
Ma della sua permanenza al centro sperimentale Verdone ha raccontato anche un altro episodio: l’addio di Rossellini all’insegnamento. “Erano tre giorni di fila – racconta Verdone – che Rossellini a lezione ci parlava solo ed esclusivamente di un nuovo obiettivo inventato dalla Nasa che poteva essere utilizzato nel cinema. Uno studente, spazientito, si alzò e dopo averlo interrotto fece una pernacchia. ‘Qui finisce la lezione’, disse Rossellini. E quella fu infatti la sua ultima lezione: era stato umiliano l’inventore del neorealismo”.

Verdone ha parlato poi della sua casa sul LungoTevere, sulla quale è incentrato gran parte del libro, e alla quale l’attore è sempre stato affezionato. “Quando morirono mio padre e mia madre, dovemmo riconsegnare la casa al Vicariato, visto che era di proprietà del Vaticano. In quei giorni scrivemmo, dopo tre giorni passati davanti un foglio di carta bianca, un’accorata lettera al cardinal Bertone, chiedendogli di poterci lasciare in uso

(Foto Marco Pomella)
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l’appartamento, in cui ero cresciuto e al quale ero molto affezionato. Il cardinale rispose con una lettera di due righe: ‘l’appartamento è già stato assegnato ad altri sacerdoti’. Ci rimasi male. Così, prima di riconsegnare le chiavi, ho chiamato un troupe per girare in tutte le stanze i miei ricordi. Da quelle riprese è nato poi il libro”.

La passione per il cinema di Carlo Verdone nasce proprio in quella casa. “Mio padre era un importante critico, e nel salotto passavano tante persone importanti, e anche tanti amici. La mia prima telecamera la comprai da Isabella Rossellini, per 80 mila lire. Con quella feci i miei primi filmati. Ricordo benissimo il primo film che entrò in casa mia. Era “La vendetta dei visi pallidi”, un film su indiani e cowboy. Solo che avevamo un proiettore talmente fiacco che per vedere l’immagine abbiamo dovuto portarlo a pochi centimetri dal muro. Così il primo film che vidi era in formato francobollo: un disastro. Ma ricordo bene anche il secondo film – ha aggiunto Verdone – che è entrato in casa mia. Era un film porno. Il barista sotto casa mi disse: ‘Ah Carlo, c’ho un filmetto danese che è la fine del mondo’, e lo vedemmo nella mia camera”.

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