Foto Tony Hisgett

VIAREGGIO. “È tornata a morire nei luoghi dov’era nata e cresciuta; investita a freddo da un sparo di fucile vigliacco e criminale. Una rosa di pallini l’ha centrata da breve distanza e ha segnato così il suo destino senza appello. Poi, l’ultimo volo disperato verso la Pania Secca alla ricerca di un riparo e di un rimedio impossibile per quel colpo mortale. L’ha ritrovata cadavere un appassionato della montagna, Adolfo Coppi di Fiumalbo, durante un’arrampicata lungo la via “Bimbi da Prato” a 1400 metri di quota. Il recupero dei resti è avvenuto giorni dopo insieme a Giovanni Viti del CAI di Forte dei Marmi.” Così Antonio Bartelletti, direttore del Parco Regionale delle Alpi Apuane, racconta la triste fine di un esemplare di aquila reale.

“Era un adulto, probabilmente un maschio della coppia più meridionale delle Alpi Apuane, che forse si riteneva al sicuro in un angolo di mondo vietato alla caccia, ma non alla stupidità degli uomini. La specie è protetta anche fuori dal Parco, ma la legge non può niente quando si desidera un trofeo da esibire o si vuole punire un animale ritenuto dannoso.

“I guardiaparco avevano già notato l’interruzione, a primavera, della nidificazione delle Aquile che controllano il Gruppo delle Panie. Nelle settimane successive, un immaturo aveva già ristabilito la parità numerica della coppia, sostituendosi forse all’individuo ucciso. La natura avrebbe così rimediato – come non sempre accade – ai danni degli esseri umani.

“Agli inizi del mese di agosto, appena raccolti i resti mortali, si è sperato in un evento naturale, perché è odioso scrivere un necrologio per un animale nobile e maestoso come un’aquila reale. L’amara verità è purtroppo emersa già dalla prima radiografia eseguita presso lo studio veterinario associato Ancillotti, Ercolini e Puccetti di Viareggio. Nella foto della lastra sono evidenti i numerosi pallini di piombo che hanno perforato l’animale, nel cranio, nel corpo e nelle ali.

“È probabile che l’uccisione sia avvenuta fuori dal Parco, il cui confine corre non lontano dal luogo di rinvenimento. È pure possibile che la data del decesso sia di poco anteriore a quello di ritrovamento: un periodo dunque fuori stagione venatoria, che escluderebbe l’evento accidentale, per dare invece credito all’ipotesi della volontarietà del gesto insensato.

“In chiusura un appello alle associazioni venatorie affinché contribuiscano a far luce su questo inquietante episodio. Negli ultimi anni, tra Parco e cacciatori si è stabilito un buon rapporto di collaborazione. Prova ne è la partecipazione di entrambi al recentissimo progetto di immissione della pernice rossa, per arricchire il patrimonio faunistico dell’area protetta e per offrire un’opportunità venatoria in più nell’area contigua.

“Su questa linea di cooperazione è richiesto uno sforzo ulteriore per individuare e mettere alla porta quell’esigua minoranza che non rispetta le regole e getta ombre grevi sull’intera categoria.”

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