VIAREGGIO. Porto che vai burocrazia che trovi. Il peso della carta non risparmia nemmeno la diportistica ed il suo indotto. C’è troppa burocrazia, spesso inutile e ripetitiva, nel demanio marino: troppe documentazioni, autorizzazioni da produrre, marche da bollo e moduli da compilare. Così accade che da porto a porto, da Autorità Portuale ad Autorità Portuale, che la stessa impresa sia di manutenzione, impiantistica e servizi, debba produrre e presentare anche nello stesso giorno, più e diversi documentazione per attestare la propria identità. Pena l’inaccessibilità alla zona portuale e quindi, l’impossibilità di effettuare i lavori sulle imbarcazioni.

Pensate di dover, per portare un esempio pratico, dimostrare la vostra identità compilando moduli e questionari diversi in ogni città che visitate nonostante il passaporto o la carta d’identità. E poi attendere l’ok accedere. Una bella rottura, oltre che una questione di tempo che spesso è diventa un’altra incognita. L’Italia così non sembra davvero unita. Da Viareggio a Milazzo valgono ancora le regole del 1942.

Nel caso delle imprese dell’indotto la burocrazia è anche un costo, una vera e propria ‘gabella’ a causa della mancanza di uniformità delle procedure e delle modalità con cui attualmente viene esercitata la funzione di vigilanza sull’accesso ai porti e in genere nell’ambito del demanio marittimo di tutte le imprese che a vario titolo svolgono attività di servizio, provveditoria, manutenzione, riparazione ai sensi dell’art.68 del Codice della Navigazione. La tariffa non è infatti omogenea, ed ogni porto applica prezzi diversi. L’articolo 68 può costare, alla fine, anche 250 euro.

“La burocrazia è un costo per le imprese. Quante volte lo abbiamo detto e sentito dire? Eppure ci sono ancora articoli nel Codice della Navigazione in giro che risalgono al 1942 e che sono ancora validi quando siamo nell’era 2.0 e basterebbe un alto elettronico per semplificare la vita alle imprese e agli stessi porti”, spiega Andrea Giannecchini, viareggino, rappresentante nazionale di Cna Nautica. “Per far sì che siano competitive dobbiamo mettere le nostre imprese in condizione di lavorare con meno lacci e cavilli sempre nel rispetto però delle regole e della vigilanza.

“La burocrazia che resta un macigno per il nostro sistema economico, ed anche la diportistica ed il suo indotto non ne sono esclusi. Anche Viareggio rientra in questo quadro purtroppo nonostante sia il centro della diportistica mondiale. In questo siamo ancora molto indietro.”

Per ottenere l’art. 68, in pratica l’autorizzazione per accedere nelle aree di demanio per eseguire i lavori sulle imbarcazioni, l’iter è lo stesso ma non la mole di documentazioni. I singoli porti possono chiedere anche fino a 20 documenti diversi: dal certificato di iscrizione al registro delle imprese al Durc, dal libro matricola allo stato di famiglia del richiedente, dall’elenco delle attrezzature utilizzate alla copia dell’assicurazione, e così via.

“Non c’è un porto che applichi gli stessi criteri e le stesse tariffe”, spiega Cristina Pozzi, legale Cna che ha raccolto le istanze delle imprese associate. “Da Savona, Napoli, Viareggio, Livorno, La Spezia, Milazzo non c’è uniformità. L’art. 68 è stato pensato in un’altra epoca. Serve semplificare. Siamo di fronte ad un costo enorme per le imprese.”

È per questo che Cna Nautica ha avviato una fase di interlocuzione con il Parlamento finalizzata all’adozione di provvedimenti atti a modificare e uniformare in modo sostanziale procedure e modalità con cui attualmente viene esercitata la funzione di vigilanza sull’accesso ai porti e in genere nell’ambito del demanio marittimo di tutte le imprese che a vario titolo svolgono attività di servizio, provveditoria, manutenzione, riparazione ai sensi dell’art.68 del Codice della Navigazione. “Ogni porto richiede documentazioni diverse e ha tempistiche diverse per il rilascio del documento di accesso alle aree di competenza del demanio. E questo è impensabile”, spiega Giannecchini.

Il problema non consiste naturalmente nel pieno diritto delle istituzioni preposte di esercitare una doverosa funzione di controllo e vigilanza sul rispetto di norme concernenti salute, sicurezza, regolarità amministrativa, ma nel fatto che l’autonomia gestionale riconosciuta in materia alle singole Autorità in base all’ordinamento portuale ha determinato una situazione di incomprensibile differenziazione sul piano procedurale e dei costi con pesanti implicazioni per molte piccole imprese, sovente sottoposte al rispetto di adempimenti burocratici inutili e ripetitivi.

Cna Nautica la soluzione l’ha già trovata: “Basterebbe creare un albo elettronico nazionale. La stessa impresa che esegue lavori di impiantistica a La Spezia deve poter eseguire lavori nella vicina Carrara, e Viareggio senza dover ogni volta produrre la documentazione”, prosegue Giannecchini. Viareggio, in verità, è un caso a se non avendo ancora operativa Autorità Portuale. Per accedere al porto bisogna rivolgersi all’ufficio preposto della Capitaneria di Porto compilare la documentazione necessaria (autocertificazione, comunicazione inizio, proseguo o cessazione attività, elenco dei collaboratori e delle attrezzature) e pagare la marca da bollo di 14,62 euro. Una procedura snella e rapida nel panorama nazionale: “Tutto potrebbe cambiare con l’Autorità Portuale”, commenta Giannecchini.

Nella proposta di proposta di risoluzione parlamentare Cna ha individuato anche disposizioni attuative omogenee dell’art. 68 sia per quanto riguarda gli adempimenti formali, sia per l’applicazione di tasse d’iscrizione agli appositi registri e di tariffe di accesso ed uso, tali da produrre una effettiva semplificazione ed evitare la ripetitività di adempimenti che potrebbero essere evitati. “È un articolo fuori dal mondo e slegato dal contesto di globalizzazione in cui viviamo”, conclude Giannecchini. “Serve uniformità e semplificazione per vincere la sfida dei mercati.”

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