VIAREGGIO. “Metticela quella frase. Al titolo del pezzo, sulla locandina. Metticela, o condividila almeno su Facebook.” Una scritta con la vernice rossa campeggia sulle pareti del magazzino dove Floriano Marchi plasmava le sue maschere isolate e dove ha trovato, improvvisamente, la morte, a soli 44 anni. Verrebbe quasi da utilizzarlo come epitaffio, quel “E tardi. Era facile magiare la pulenta gia cotta.”

Sgrammaticata, con la calligrafia simile a quella di un bambino, quella massima sembra descrivere meglio di qualsiasi altra parola la vis polemica di Floriano. Mi pare ancora di vederlo in sella alla sua bicicletta, con quel suo cespuglio di capelli al vento e il sigaro che fa capolino tra i rivoli della sua barba incolta. Floriano era un vero bohémien del Carnevale, vuoi per quel suo aspetto così trasandato, vuoi per il fatto che lavorava da solo in quel magazzino, distaccato dai due emicicli di capannoni occupati dai suoi colleghi.

A voler esser pignoli, una certa distanza tra Floriano e la maggior parte dei maghi della cartapesta esisteva: lui era l’unico carrista dichiaratamente di destra in un ambiente che è sempre stato colorato di rosso. Nell’ultima settimana di Carnevale feci un salto alla Cittadella: mi era stato commissionato un pezzo sulle eventuali modifiche apportate ai carri alla luce del risultato delle elezioni politiche.

Foto Roberto Picchiani

Appena varco il cancello principale trovo Floriano, naturalmente in bicicletta, mentre discute con i ragazzi dei Burlamatti. Sorride: l’esito delle urne sembra averlo ringalluzzito. La sua prediletta è Giorgia Meloni, mi confida.

Lo ammetto: stamani, quando ho ricevuto la telefonata che mi annunciava la triste notizia, mi è dispiaciuto. Mi è dispiaciuto che se ne sia andato proprio in questa settimana, prima del comizio della “sua” Giorgia nella sua Viareggio per la campagna elettorale della amministrative.

Perché Floriano, come hanno ricordato i suoi colleghi, era buono. Veniva sempre a parlarti, a raccontarti qualcosa. “Ti piace la mia maschera isolata di quest’anno? Si vede che mi sono impegnato e non ho bevuto troppo”: è la prima cosa che mi disse quando mi trovai di fronte la sua Merkel in cartapesta che stringeva al petto un malcapitato Mario Monti.

Una satira attuale, come quella a cui spesso ci ha abituato. Un quarto di secolo fa lo si poteva considerare un astro nascente della cartapesta: formatosi nell’hangar di Sergio Baroni, si avventurò per la prima volta tra le maschere isolate alla fine degli anni Ottanta. E, con “Te lo dò io il Carnevale”, sbaragliò la concorrenza nel 1989. Ricordo che in quegli anni vinceva quasi sempre lui. E non a caso, nel 1995, ottenne una meritata promozione tra le mascherate di gruppo. Qui partì bene, piazzandosi quarto al debutto. Poi arrivò il declino, con una collezione di ultimi posti, culminato nel ritorno tra le maschere isolate sancito nel 2004.

Ecco, nonostante i risultati poco lusinghieri, ha sempre saputo intuire prima di altri carristi quali fossero i personaggi del momento, da Platinette a Matteo Renzi, con quella sua maschera isolata citata addirittura su La7 nel corso di un’intervista al sindaco di Firenze. Un estro che non sempre si è espresso al pieno delle sue potenzialità.

(foto Marco Pomella)
(foto Marco Pomella)

In quello stesso anno – era il 2011 -, in una domenica di pioggia in cui fu deciso di annullare e posticipare di una settimana il corso mascherato di chiusura mi disse: “Voglio scrivere la mia biografia. Ma c’è un problema: mi serve un giornalista con cui io non abbia mai litigato. E io qua ho litigato con tutti” Poi, sette giorni dopo, sui viali a mare mi venne incontro. E mi sussurrò nell’orecchio: “Perché non me la scrivi te? Guarda che vien fuori un bel lavoro.”

Floriano, quello che sto per finire è un ritratto scritto di getto, arricchito di aneddoti, più che una biografia. Spero che ti vada bene lo stesso. Sai, ci tengo ad essere il giornalista con cui non hai mai litigato. Ciao.

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