LIDO. Il nome di Gino Bartali, il ‘postino’ della salvezza per tanti ebrei italiani, è da oggi scolpito nel ‘Giardino dei Giusti tra le Nazioni’ a Yad Vashem, il Mausoleo della Memoria a Gerusalemme che lo ha nominato nelle scorse settimane.

A inaugurare l’inserimento di ‘Ginettaccio’ nella lista di marmo con gli oltre 500 italiani che riscattarono l’onore della nazione soccorrendo i loro concittadini ebrei, e’ stato il figlio del grande campione Andrea che oggi ha visitato anche il Museo.

“È una grandissima emozione essere qui – ha detto Bartali figlio, che si trova in Israele dove domani a Gerusalemme si svolgerà la gara di ciclismo ‘Gran Fondo Italia’  dedicata in parte al campione – e parlare di mio padre”.

”Molti mi chiedono perche’ l’ho fatto ed io – ha aggiunto indicando il nome che, sulla lista, e’ accanto a quello di Artuto Carlo Jemolo – rispondo sempre con le sue parole: ‘se il ciclismo non e’ lezione di vita e di solidarietà, non serve a nulla’. Lui a questo si è sempre attenuto”.

”Mio padre era un credente e – ha continuato Andrea nel corso della cerimonia alla quale hanno partecipato i vertici di Yad Vashem e l’ambasciatore italiano in Israele Francesco Maria Talò – durante la guerra ha riposto all’appello dell’Arcivescovo di Firenze Dalla Casa. Serviva un postino per consegnare i documenti falsi. Chi meglio di lui? Mio padre ha subito accettato. Da postino, quasi ogni giorno percorreva 340 chilometri da Firenze ad Assisi e ritorno. Ma sapeva che portava la salvezza”. ”Quando lo fermavano – ha raccontato ancora – diceva semplicemente che si stava allenando e del resto, come campione, era plausibile. E’ stato mitragliato dagli alleati, sparato dai cecchini ma e’ sempre andato avanti”.

Sul perché non abbia parlato prima delle sue azioni in clandestinità, Andrea ha ricordato la risposta del padre: “‘il bene si fa, non si dice. Eppoi, io sono solo un ciclista. Per le mie gare voglio essere ricordato'”. Però – ha proseguito – ”a me le diceva aggiungendo che un giorno sarebbe arrivato il momento giusto per raccontarle. Ecco quel giorno e’ arrivato”.

”Noi – ha detto Dorit Novak, direttore generale di Yad Vashem – abbiamo il dovere di ricordare il bene che Bartali ha fatto, insieme al rabbino capo di Firenze Nathan Cassuto”.

Tra chi ascoltava oggi a Yad Vashem, oltre i figli del rabbino Cassuto, David e Susanna, c’era anche Giulia Donati Baquis, 91 anni, che oggi vive in Israele ed ha testimoniato a favore del riconoscimento come Giusto del campione. Durante la guerra quando la sua famiglia era nascosta a Lido di Camaiore in Versilia, qualcuno portò i documenti falsi. Quel postino era Gino Bartali. Lei e il figlio del campione si sono abbracciati commossi.

(ANSA)

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ultimo aggiornamento: 10-10-2013


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