VIAREGGIO. “Si farà nel 1961 il Carnevale di Viareggio?” All’indomani del rogo dei baracconi di Via Cairoli nella calda estate del 1960 un quotidiano locale lancia un sinistro interrogativo sulle sorti della manifestazione. Quel titolo, rimasto a lungo impresso nelle menti dei viareggini, è tornato in auge ogni volta che le cassandre parlavano di un Carnevale giunto all’ultima spiaggia. La storia sembra destinata, nuovamente, a ripetersi. Viareggio e il suo Carnevale hanno sempre saputo risorgere dai momenti più bui, dal sopraccitato incendio dei vecchi capannoni come dagli orrori delle guerre mondiali: ci riusciranno anche a questo giro?

Ma dove ha origine questa “crisi” del Carnevale? Parte da lontano, ma non lontanissimo. Una decina di anni fa, diciamo. Forse anche qualcosina di più.

Qualche dato numerico: nel 2005 un carro di prima categoria costava 98mila euro, passati a 101mila nel 2007 e a 123mila l’anno successivo. Ma si tratta di costi allineati ai tassi d’inflazione, e i carristi spesso hanno chiesto l’adeguamento ai dati Istat. Il punto, semmai, è che questo aumento dei compensi è andato di pari passo con quello del numero di costruzioni in concorso: nel periodo 2010-2012 si sono contesi la vittoria in prima categoria ben 11 carri. Troppi, probabilmente, per le possibilità economiche di Burlamacco dopo l’avvento della crisi. Del resto, che la tendenza sarebbe stata questa lo si doveva intuire già al momento della presentazione del progetto della Cittadella: l’idea originale era che ciascuno dei 16 hangar ospitasse un carro diverso.

Foto Versiliatoday
Foto Versiliatoday

Fino al decreto di Tremonti del 2010, poi, il presidente della Fondazione ha percepito un vero e proprio stipendio – ai tempi di Tofanelli ammontava a 24mila euro, con Maglione salì addirittura a 38.400 euro. Lordi, s’intende. Ma pur sempre una cifra ragguardevole. E che dire delle trasferte (pagate da chi?) in Grecia e Colombia che non hanno fruttato alcunché?

Il bilancio, a queste condizioni, ha iniziato a diventare sempre meno sostenibile. E così nel triennio conclusivo dell’era Tofanelli, esauritasi nel 2008 con la vittoria del centrodestra alle elezioni amministrative, sono state introdotte le cosiddette “opere sostitutive” quali addobbi per i viali a mare e ingressi al circuito dei corsi mascherati. Opere che, a differenza dei carri, sarebbero figurate nei bilanci come “spese in conto capitale” e i cui costi sarebbero stati ammortizzati negli anni successivi. Ma la storia ha preso un’altra direzione.

La Fondazione, parallelamente, ha provato a reperire finanziamenti alternativi a quelli “tradizionali” di Comune, Provincia e Regione lanciando in quegli stessi anni la campagna di azionariato popolare con l’allenatore di calcio Marcello Lippi quale testimonial. L’iniziativa si è rivelata un fiasco colossale: la quota minima richiesta era di 200 euro all’anno, cifra che non garantiva comunque il diritto di voto nel consiglio di indirizzo. La Fondazione, peraltro, fu creata (anche) per amministrate i proventi che sarebbero arrivati dallo Stato con la Lotteria del Carnevale, istituita nel 1984: dalla seconda metà degli anni Novanta, tuttavia, Viareggio si è ritrovata a dividere gli introiti con altri Carnevali fino a quando la riffa non è stata chiusa nel 2010.

(foto Andrea Zani)
(foto Andrea Zani)

C’è poi chi invoca una “gestione manageriale” (ma che cosa vuol dire, visto che “to manage” significa ‘gestire’?) o invita a “trovare sponsor”, a “non dipendere dal contributo comunale”: la vera sfida di Burlamacco, semmai, è saper attirare meglio nuovi mecenati. Il Carnevale, ad esempio, ha grandi potenzialità inespresse nel campo della comunicazione: grazie allo scenario unico dei viali a mare e alla spettacolarità dei carri può offrire una serie di contenuti – colori, immagini e musiche – che ne fanno una delle feste popolari più “social” d’Italia. Occhio, allora, a non cadere nello stereotipo del “grande manager” come salvatore della patria: il Carnevale è un patrimonio della città e non deve essere privatizzato.

Si può migliorare il Carnevale, anche nei suoi aspetti gestionali? Certo che sì. Si possono tagliare alcune spese, per così dire, superflue? Forse. Guai però a credere che il Carnevale sia un costo per la città. O meglio: il Carnevale ha alcuni costi vivi. Pensiamo ai 785mila euro per l’organizzazione dei corsi mascherati (montaggio e smontaggio circuito, diritti Siae, occupazione suolo pubblico e chi più ne ha più ne metta), ai 222mila euro per la gestione della Cittadella e ai due milioni di euro per la realizzazione di carri e mascherate – questo per rispondere alla domanda “Dove sono finiti i soldi degli incassi record?”. Ma il Carnevale porta anche lavoro ad alberghi, bar, ristoranti, colorifici e altre attività in un momento tutt’altro che florido per l’economia cittadina. E, soprattutto, riesce a coinvolgere viareggini di ogni età ed estrazione sociale.

Anche per questo, allora, è lecito nutrire qualche speranza per il futuro. Perché “ad un popolo a cui manca l’indispensabile non si può togliere anche il superfluo”. E molti in città sarebbero anche pronti a rinunciare a qualche lusso. Ma non al loro Carnevale.

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Buon compleanno ad Arnaldo Galli, decano dei carristi del Carnevale

Ferito con una bottigliata in testa, giallo in Darsena