LUCCA. Primi segnali di “guarigione” per i castagni della Garfagnana, ma il raccolto sarà ancora una volta magrissimo e disomogeneo da zona a zona. Piogge, condizioni climatiche molto sfavorevoli e cinipide galligeno ridurranno fino al 90% la raccoltache scenderà quest’anno al minimo storico. Stagione non positiva quindi ne per la Farina di Neccio della Garfagnana Dop, il prodotto del paniere autunnale dell’agroalimentare lucchese, e per il miele di castagno. A rischio, per la prima volta, uno dei prodotti simbolo della cultura alimentare toscana oltre ad una miriade di ricette tradizionali, dal castagnaccio alle caldarroste, che dei nostri piatti sono protagoniste in questi mesi. A lanciare l’allarme è Coldiretti Lucca (info su www.lucca.coldiretti.it) che dopo la stagione non molto fortunata dell’olio, deve certificare le difficoltà della castanicoltura che ha sempre rappresentato per l’agricoltura lucchese e garfagnina una delle principali fonti di sostentamento e di reddito. Lo sa bene Fabio Puppa, 32 anni, uno dei più giovani raccoglitori, che sulle castagne aveva deciso otto anni fa di giocarci un pezzo del futuro della sua azienda che si trova a Castiglione di Garfagnana, in località Valbona. Da un paio di anni però va tutto storto: “è iniziato come un hobby; stava andando tutto per il verso giusto. Ma da un paio di anni si raccoglie sempre meno. Questa – ammette – sarà la peggiore stagione di sempre per noi con punte di produzione ridotta anche fino al 60%-70%”. Puppa raccoglie le castagne da cui produce la farina: “per una piccola azienda come la nostra la castanicoltura è fondamentale. Ora è importante capire come saranno le prossima stagioni”. Difficile da dire, anche se, i primi effetti dei lanci dell’antagonista stanno cominciando a dare i primi frutti ma in attesa di una completa guarigione è “necessario – spiega Cristiano Genovali, Presidente Coldiretti Lucca – attivare per le aziende agricole della filiera del castagno indennizzi compensativi in attesa che l’antagonista della vespa killer faccia il suo dovere. Fino a che i castagni non torneranno produttivi la continuità della castanicoltura è a rischio”.

Non è così pessimista Stefano Bresciani, raccoglitore di Molazzana e titolare di uno dei molini iscritti ed autorizzati per la macinatura delle castagne che avviene ancora con il metodo tradizionale a macine di pietra. “Si riparte dopo due annate molto negative. Qualche quintale di farina riusciremo a farlo ed è già un bel segnale. La situazione, dopo i lanci dell’antagonista, sembra migliorata. Ho recuperato un ulteriore ettaro di castagneto per cercare di raccogliere di più. Non sarà una stagione da zero”. L’attività del molino aprirà intorno alla metà di novembre. E’ rassegnato Domenico Mannolini dell’azienda “Il Cerreto” di San Romano. Alla stagione “disastrosa” condizionata dal cinipide che nella sua zona non ha ancora prodotto effetti rilevanti, va aggiunta la “piaga” dei cinghiali: “posso accettare che sia il clima a condizionare la mia attività perché imprevedibile e fuori controllo, ma non posso accettare che siano i cinghiali a condizionare l’attività della mia azienda. Io chiudo. Questa volta sul serio”. La raccolta quasi azzerato di castagne è forse il suo ultimo problema dopo un’annata in cui ha collezionato diversi raid da parte dei cinghiali ai suoi terreni dove coltiva farro e grano: “tra qualche anno, nei nostri boschi, non ci rimarrà più nulla. La caccia sostituirà l’agricoltura”.

L’andamento climatico fuori dagli schemi ha mandato in tilt anche le operose ed instancabili api il cui ruolo di “impollinatrici” è fondamentale in natura. Le temperature eccezionalmente fuori stagione nel mese di luglio ed agosto e la pioggia hanno sconvolto la routine delle api. Nell’Alta Versilia la produzione di miele si è ridotta drasticamente: “le api – analizzano dall’agriturismo “Le Poiane” specializzata in produzioni apistiche – sono in salute, stanno bene; ho anche spostato le arnie a seconda del periodo e delle temperature. E’ stato tutto inutile”. E’ la seconda stagione profondamente negativa: “questa è la nostra principale fonte di reddito. E’ dura”.

Meno prodotto italiano sul mercato significa più prodotto dall’estero che è – continua Coldiretti – quasi raddoppiato: i consumatori avranno più del 50% di probabilità di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Turchia e dalla Slovenia. Il rischio infatti è che per la mancanza di un sistema trasparente di etichettatura le castagne importate vengano spacciate come nazionali mettendo a rischio anche le produzioni locali sopravvissute fino ad ora. Per queste motivazioni – sostiene la Coldiretti, è necessario che le Istituzioni, oltre a continuare le attività di lotta al cinipide, mettano in campo azioni determinanti per il rilancio del settore, tra cui sicuramente più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita per evitare che diventino tutte, incredibilmente, castagne italiane. Se non si vuole correre il rischio di acquistare spesso a caro prezzo caldarrostestraniere in vendita nel centro delle città, la Coldiretti invita i consumatori a prestare attenzione alla qualità e suggerisce di ricorrere a un più genuino fai da te casalingo per garantirsi un prodotto fresco, sicuro e a costi accessibili. Meglio allora frequentare i mercati degli agricoltori di Campagna Amica o le sagre in programma in questi giorni in tutta Italia dove è possibile fare buoni acquisti di alta qualità oppure rivolgersi alle imprese agricole e riscoprire il gusto di partecipare nei boschi alla raccolta delle castagne.

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ultimo aggiornamento: 25-10-2014


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