10 anni di “ciurma” di Emilio Cinquini tra pranzi e scherzi: “Il Carnevale lo viviamo così”

VIAREGGIO. Da anni affittano una casa in Via San Martino, a un tiro di schioppo dai viali a mare, esclusivamente per le domeniche di Carnevale. Quattro mura dove attendere l’inizio della sfilata, dove mangiare lasagne e darsi alla pazza gioia ancor prima dei fatidici tre colpi di cannone. Quello della “ciurma”, i figuranti del carro di seconda categoria di Emilio Cinquini, è un rituale che si ripete da un decennio. Un gruppo eterogeneo per età ed estrazione sociale – ci sono medici, studenti, bagnini – che come per magia si unisce sotto l’immagine di Burlamacco.

Tutto è nato nei primi anni Duemila, quando uno storico gruppo di cinque amici si ritrova in Via Machiavelli, a casa di uno dei componenti, prima delle sfilate domenicali. Poi quel nucleo, pian piano, si allarga: l’abitazione di Via Machiavelli diventa improvvisamente piccola. Il gruppo si trasferisce così in uno stabilimento balneare della Passeggiata, ma anche quello spazio si rivela presto insufficiente a contenere l’invasione della “ciurma”.

Foto Vt
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Il soprannome – anzi, il nomicchioro, per dirla alla viareggina – nasce esattamente dieci anni fa, quando Cinquini realizzò “Bandana Republic” immaginando un vascello capitanato da Silvio Berlusconi preso d’assalto da alcuni pirati dipinti di amaranto: era l’anno in cui il Livorno tornava nella Serie A di calcio con i tifosi che dileggiarono il presidente milanista per la bandana sfoggiata in quella stessa estate. I figuranti erano vestiti da bucanieri e quel soprannome così calzante a pennello è rimasto nel tempo.

Da cinque anni la “ciurma” si è stabilita in Via San Martino prendendo in affitto una casa per il mese di Carnevale. Ogni componente ha il proprio compito da assolvere: c’è chi si occupa delle bollette, chi di comprare da bere, chi prepara teglie e teglie di lasagne e tordelli (pranzi autofinanziati con una colletta da 10 euro a testa). E qui, tra gli Ac/Dc e Matteo Cima, tra tormentoni da discoteca e successi della Canzonetta dei Rioni degli anni Ottanta, ognuno attende i colpi di cannone a modo suo. L’orologio segna le 14.30: le avvolgibili si abbassano, è l’ora di andare a fare un’altra sfilata da indiscussi protagonisti.

“Noi viviamo il Carnevale così”, è il mantra che ripetono tutti. Il Carnevale stesso rifiuta qualsiasi tipo di imposizioneo dogma. Il Carnevale è un invito a godersi i piaceri della vita tra amicizie cementatesi nel tempo e amori fugaci, un inno alla convivialità. I pranzi della “ciurma” non costituiscono un codice di comportamento a cui attenersi scrupolosamente: sono, come ci suggeriscono i “corsari stessi”, uno dei tanti modus vivendi del Carnevale. Che va avanti inesorabilmente da dieci anni, tra famiglie allargate e chiome che si ingrigiscono.

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