VIAREGGIO. Puntata numero 90 per DA UOMO A UOMO, la rubrica di Versiliatoday dedicata alla sessuologia, all’andrologia e all’urologia, curata dal dottor Luca Lunardini.

Cancro della prostata: La diagnosi! Un’indagine degna di Csi

 

Nella puntata precedente abbiamo dovuto dare una antipatica risposta negativa alla frequentissima domanda: E’ POSSIBILE SCOPRIRE PRECOCEMENTE IL CARCINOMA PROSTATICO GRAZIE AI SINTOMI URINARI CHE PROVOCA? Abbiamo dovuto dire no perché il cancro della prostata non ha sintomi specifici. In pratica, il tumore è silente nelle sue fasi iniziali, quando è più suscettibile di essere curato con successo. SE SI ASPETTANO I SINTOMI URINARI È SPESSO TROPPO TARDI PER GUARIRE!

Ma allora, se il carcinoma della prostata non dà sintomi, COME SI FA A DIAGNOSTICARLO PRECOCEMENTE?

A salvar vite sono i CONTROLLI UROLOGICI DI PREVENZIONE che si consigliano ad ogni uomo al di SOPRA DEI 50 ANNI. Peraltro, in caso di familiarità per carcinoma prostatico, quando ad esempio un parente di primo grado, padre o fratello, si è ammalato di carcinoma prostatico, si consiglia di iniziare le visite preventive a partire dai 40-45 anni.

Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste la diagnosi a partire dalla visita urologica preventiva.

Si parte sempre con la (1) ESPLORAZIONE RETTALE e l’esame del sangue del (2) PSA. A tali due esami può talvolta aggiungersi la (3) ECOGRAFIA TRANSRETTALE. Mentre la diagnosi di certezza passa obbligatoriamente dalla (4) BIOPSIA prostatica. Per lo studio della sua diffusione, infine, abbiamo (5) SCINTIGRAFIA OSSEA, (6) RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE, (7) TAC e (8) PET.

1)      ESPLORAZIONE RETTALE DIGITALE.

L’esplorazione rettale è la procedura diagnostica più semplice per controllare lo stato di salute della prostata e identificare, al tatto, eventuali alterazioni. Con un dito (ovviamente guantato e, tranquilli, lubrificato!) l’urologo esegue la palpazione della prostata e dei tessuti circostanti, attraverso la parete del retto.  In questo modo si può apprezzare la consistenza della ghiandola e l’eventuale presenza di un nodulo o di un indurimento della regione periferica che potrebbe far sospettare la presenza di un cancro. Va comunque sottolineato che il tumore potrebbe provocare alterazioni difficilmente riscontrabili alla palpazione. Per questo motivo, la determinazione del livello ematico di antigene prostatico specifico (PSA) è un test complementare all’esplorazione rettale digitale.

2)      PSA (antigene prostatico specifico), ne abbiamo già parlato in una puntata di alcuni mesi fa, ma data la sua importanza, torniamoci brevemente sopra:

Il PSA è un enzima prodotto dalla ghiandola prostatica, la cui funzione consiste nel mantenere lo sperma fluido dopo l’eiaculazione. Normalmente presente in basse concentrazioni, può essere dosato a livello ematico tramite un comune esame del sangue. Le cellule neoplastiche producono quantità elevate di antigene prostatico specifico; pertanto, determinare i livelli di PSA nel sangue aumenta le possibilità di rilevare la presenza del tumore, anche nelle fasi precoci. Ma attenzione! Da solo il test non è sufficientemente accurato per escludere o confermare la presenza della malattia! I livelli di PSA possono essere aumentati da vari fattori, anche diversi dal tumore alla prostata, tra cui: iperplasia prostatica benigna, prostatite, età avanzata e perfino una semplice eiaculazione nei giorni precedenti il prelievo di sangue. Un valore di PSA elevato, pertanto, segnala una probabile anomalia alla prostata, ma da solo non può in alcun modo essere considerato indice sicuro di carcinoma prostatico.

 

3)      ECOGRAFIA PROSTATICA

Se dalla visita urologica e dai valori di PSA emerge un sospetto clinico di carcinoma prostatico, è possibile che il medico richieda un’ecografia prostatica transrettale. Questo esame permette di ottenere dati più precisi sulla morfologia della prostata, ma ancora una volta NON può essere considerato un test diagnostico del tutto affidabile.

L’ULTIMA PAROLA, IN TAL SENSO, SPETTA ALLA BIOPSIA PROSTATICA, UNICO STRUMENTO ATTUALMENTE VALIDATO PER LA DIAGNOSI DEL TUMORE.

 

4)      BIOPSIA DELLA PROSTATA

Se i sintomi e i risultati dei test fanno sorgere il sospetto di tumore, un urologo può eseguire una biopsia della prostata. Questa indagine è in grado di determinare con certezza la presenza di cellule tumorali nel tessuto prostatico. La procedura, eseguita in anestesia locale, consiste nel prelievo di piccoli campioni (almeno 12), provenienti da diverse aree della ghiandola prostatica. La guida ecografica viene inserita nel retto e vengono effettuati, con un ago speciale, prelievi per via transrettale o, più raramente, transperineale (regione tra retto e scroto). Il patologo analizza i campioni bioptici al microscopio per ricercare le eventuali cellule neoplastiche e stabilire il grado del tumore.

Problemino antipatico: Se una biopsia è negativa, la presenza di cellule tumorali non può essere esclusa al 100%. Pertanto, il paziente entrerà in una fase di sorveglianza con ulteriori controlli periodici.

 

Ulteriori indagini

Se esiste una significativa probabilità che il tumore si sia diffuso dalla prostata ad altre parti del corpo, possono essere raccomandate ulteriori indagini diagnostiche. Le indagini che consentono di definire quanto il tumore sia diffuso possono comprendere:

5)      SCINTIGRAFIA OSSEA: utilizza basse dosi di una sostanza radioattiva, iniettata per via endovenosa, che si accumula nelle ossa danneggiate dalle metastasi del tumore.

6)      RISONANZA MAGNETICA,

7)      TAC (tomografia computerizzata),

8)      PET (tomografia a emissioni di positroni). Tutte e tre (meglio la Risonanza e la PET) consentono di acquisire una serie di immagini dettagliate del corpo per individuare l’esatta posizione del cancro che si è diffuso oltre la prostata.

 

 

L’AFORISMA DEL GIORNO:  “…Uno che spara una diagnosi con tanta sicurezza o è un grande genio, o un grande imbecille…”   Gregory House, in DR. HOUSE – 2004/12  (mi sia scusata la citazione, ma finché è andato in onda ne sono stato un appassionato fans…)

 

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