VIAREGGIO. “Carlo per i parenti stretti, ‘Bocco’ per gli amici”. La (intensa) vita del carrista Carlo Vannucci racchiusa in poche parole, in un aneddoto raccontato durante il suo funerale alla Chiesa della Resurrezione al Varignano. Già: oggi Viareggio e il suo Carnevale hanno salutato per l’ultima volta “Bocco” – perché, in fondo, era noto a tutti con questo nomicchioro -, venuto a mancare all’età di 95 anni. I costruttori della Cittadella c’erano, stretti attorno ai colleghi Enrico e Roberto Vannucci, che hanno raccolto il testimone del padre tra carri e mascherate. E c’erano anche quelli di ieri, Arnaldo Galli e Renato Verlanti, che con “Bocco” hanno reso Viareggio celebre per i suoi giganti di cartapesta.

Don Marcello Brunini, il parroco del Varignano, nell’omelia si sofferma più volte proprio su questo aspetto. Tracciando un paragone tra la Viareggio che tentava di rialzarsi dai cumuli di macerie della guerra e quella di oggi, messa in ginocchio dal dissesto finanziario del Comune. “L’artista vero non trattiene per sé le sue conoscenze, ma allarga la sua percezione della realtà a chi gli sta attorno”, sono le prime parole di don Marcello. “E Carlo lo ha fatto con semplicità e maestria.

1992 - Attenti al lupo di Carlo ed Enrico Vannucci“Mi ha impressionato che abbia contribuito a far risorgere Vareggio dopo la Seconda guerra mondiale con l’arte dei carri. Anche oggigiorno la nostra città vive in difficoltà e il Carnevale può essere davvero un momento di rinascita per tutti”. Sì, avete letto bene: un parroco esalta la straordinaria vitalità dell’evento dissacrante per antonomasia. Ma è un messaggio che talvolta fatica ad arrivare in una città spesso divorata dall’indifferenza, dall’accidia, dall’ingratitudine. E che oggi è stata colpevolmente assente per l’addio a uno di quelli l’hanno resa grande.

Lo stesso don Brunini cita, poi, l’ultimo successo di “Bocco” in prima categoria, “Attenti al lupo” del 1992: “Era un carro che proponeva la leggerezza. Che non è sinonimo di superficialità, bensì un modo di riscoprire la quotidianità e di guardare il mondo. Riuscendo, oltretutto, ad andare in profondità più di tante idee ed elucubrazioni. In fondo è così che dovremmo vivere la vita”.

Infine il feretro, poggiato per tutto il tempo su una sconfinata bandiera di Burlamacco, esce dalla chiesa. Ecco che spunta Franco Anichini, altra memoria storica e leggenda vivente del Carnevale, che s’improvvisa direttore d’orchestra e cava fuori dalle gole dei presenti le inconfondibili strofe di “Su la coppa di champagne”. “Salutiamo il Carnevale / non c’è più tristezza al mondo…”, recita l’incipit. Oggi, invece, un velo di mestizia si è posato sul volto sorridente di Burlamacco. Perché con “Bocco” se ne va davvero un pezzo di storia di Viareggio. E non è mera retorica.

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ultimo aggiornamento: 01-10-2015


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