LUCCA. Sta registrando consensi sempre più ampi il progetto per la costruzione, a Lucca e a Piombino, dei primi due impianti di carbonizzazione idrotermale in Toscana, presentato alla Regione dalla Creo srl alla fine di ottobre.

Consensi fondati anche su importanti collaborazioni, come quella con il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa, che da un anno è a fianco della società lucchese, guidata dall’imprenditore Luca Gelli, il quale ha scelto proprio l’ateneo pisano come partner scientifico per lo studio e il miglioramento della tecnologia idrotermale impiegata per il recupero e la chiusura in loco del ciclo dei rifiuti organici.

“L’accordo quadro – spiegano le professoresse Sandra Vitolo e Maurizia Seggiani – tra il nostro Dipartimento e la Creo srl prevede attività di ricerca in senso ampio sulla carbonizzazione idrotermale, attraverso cui, di volta in volta, analizzare gli aspetti specifici di questa tecnologia. Gli aspetti innovativi e le potenzialità di applicazione del processo di carbonizzazione idrotermale rappresentano una interessante opportunità di ricerca.

Il processo di carbonizzazione idrotermale può trovare applicazione e integrarsi anche nei cicli di trattamento dei rifiuti, in particolare di quelli organici, contribuendo al superamento di alcune criticità. Il compostaggio, ad esempio, è caratterizzato da tempi lunghi di lavorazione del rifiuto, elevata occupazione di suolo, esigenze di controllo delle maleodoranze, stringenti specifiche di alta qualità del compost per l’utilizzo in agricoltura.

La carbonizzazione idrotermale è caratterizzata da un ridotto consumo di suolo, un ciclo di lavorazione che si esaurisce in 8 ore, assenza di maleodoranze, autosufficienza in termini di energia e acqua, emissioni minime di CO2, ridotte di circa 40 volte rispetto agli impianti di compostaggio e digestione. Questi impianti potrebbero quindi integrarsi nella rete degli impianti già esistenti, tra cui quelli di compostaggio, per chiudere il ciclo dei trattamenti”.

L’attività di ricerca dell’Università di Pisa si sta ora concentrando sull’aspetto più importante legato alla carbonizzazione idrotermale: le possibili applicazioni in agricoltura e per usi industriali (materiali compositi, fibra di carbonio, materiali filtranti come filtri a carboni attivi, che servono per sottrarre inquinanti da acqua e gas, pigmenti nel settore delle vernici, eccetera) del prodotto ricavato, denominato hydrochar, assimilabile alla lignite di origine fossile e utilizzabile in sostituzione ad essa.

“Come spesso accade – concludono le docenti – anche in questo caso esiste uno scollamento fra i tempi: se da una parte la tecnologia industriale è pronta per fornire un prodotto con potenziali applicazioni sia come ammendante agricolo sia in campo industriale, dall’altra per quanto riguarda taluni aspetti normativi, come per esempio l’inserimento della lignite di derivazione industriale nell’elenco degli ammendanti agricoli previsto dal Ministero, siamo ancora in via di definizione. Le attività di caratterizzazione di questa lignite in corso presso il Dipartimento sono finalizzate anche a dare supporto per un corretto inquadramento normativo del prodotto”.

D’altronde l’utilizzo agronomico della lignite prodotto dalla carbonizzazione idrotermale sta suscitando un grande interesse, tanto che anche il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, il principale Ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare, ha chiesto alla società lucchese di compiere prove sperimentali per studiare il suo impiego nel settore agricolo e vivaistico.

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