Felicemente si apre alle domande dei lettori, le esperte psicologhe rispondono.

Disturbi alimentari

Mi chiamo S. ho 40 anni e soffro di disturbi alimentari di vario tipo dall’età di 15 anni. Nonostante una terapia fatta in passato non sono ancora riuscita a risolvere il problema e sto ancora male. Sempre che il mio problema si possa risolvere, vi chiedo se potete aiutarmi?

Cara S.,

la ringrazio per la sua domanda che, nonostante rifletta una situazione dolorosa e scoraggiante, porta in sè anche una luce di speranza, che fortunatamente non si è spenta. Lei mi chiede infatti, se si possa ancora guarire dopo 25 anni di malattia.

Il percorso di guarigione per questo tipo di malattie è spesso molto lungo ed è comune che le persone con disturbi alimentari si rivolgano agli specialisti solo dopo anni di malattia e dopo aver fatto alcuni tentativi per risolvere il problema. La guarigione è possibile, ma ancor prima è necessario capire le ragioni per cui si è sviluppata la malattia e quelle per cui si mantiene tutt’oggi. Non è la sola a trovarsi in questa situazione e la sua domanda porta un dubbio legittimo dopo tanti anni di sofferenze.  

Il miglior modo per affrontare questo problema è spesso attraverso un lavoro di equipè dove è necessario oltre alla psicoterapia un percorso nutrizionale e uno farmacologico, solo in caso di bisogno. Il percorso di guarigione dai disturbi dell’alimentazione è “ una guerra fatta di tante battaglie, che non si combattono da soli, ma insieme”.

Dott.ssa Valentina Aletti ([email protected])

Bambini e social

Salve, sono padre di due bambini, uno frequenta la scuola elementare l’altra fa le medie. Relativamente al “proteggere i nostri figli” ho una questione da porre: come comportarsi rispetto a quello che incontrano di pericoloso navigando in internet e quindi sui social network?

Gentile lettore,

se è vero che per ogni età c’è una modalità differente secondo cui approcciarsi alla questione, in generale c’è bisogno che i figli siano accompagnati nella comprensione di cosa è “giusto” e “sbagliato”: non esiste la regola, ma esiste ciò che per ciascun genitore è più corretto. E’ chiaro che comunque ci dobbiamo rassegnare: non possiamo impedire che possano incontrare questi strumenti, oramai alla portata di tutti.

Con il bambino possiamo pensare di utilizzare blocchi o filtri dei vari siti tentando di arginare il possibile.. al ragazzino possiamo spiegare come funziona l’informazione, l’importanza di come riconoscere le fonti, spiegare che non sempre “dietro” ci stanno persone in buona fede. Diversa è la situazione dell’adolescente che vive di relazioni con il gruppo dei pari e se non usa internet viene escluso dal gruppo..

In generale, ritengo importante che il tutto avvenga secondo una logica di condivisione dello strumento e non sostitutiva della figura genitoriale. Allo stesso modo non impedirlo vietandolo, perché questo alimenta il desiderio di accedervi, che poi può sfociare in comportamenti disfunzionali. Altra cosa, evitare il controllo eccessivo a sua insaputa, ma accogliere i suoi interessi per favorire uno scambio comunicativo, consentendo al figlio di esprimersi rispetto alle insidie che incontra e quello che succede sul web, favorendo quindi la relazione.

In questo modo potrebbe anche essere un’opportunità per il genitore che impara, attraverso i figli, come funziona il complesso mondo del web, cominciando a “navigare insieme a loro”, rendendosi disponibile, senza invadere i suoi spazi, favorendo l’autonomia consapevole…

Dr.ssa Federica Piccinelli ([email protected])

Fibromialgia

Fibromialgia: quali sono le cause dell’insorgenza di questa patologia?

In generale per spiegare la malattia si fa riferimento al modello bio-psico-sociale che afferma che l’esperienza dolorosa dei pazienti fibromialgici sia il risultato dell’intersecarsi di molteplici variabili ambientali, genetici, ormonali, psicologici, biochimici e neurochimici che rendono ragione dell’unicità del singolo paziente non solo nella sintomatologia clinica, ma anche nella risposta alle terapie proposte. La causa della fibromialgia, però, ancora non è nota; esistono molte ipotesi che cercano di interpretare l’insorgenza del sintomo doloroso o della malattia.

Attualmente l’ipotesi più accreditata è che, sulla base di una “predisposizione” nei pazienti e/o talvolta di un’ereditarietà a sviluppare questa patologia piuttosto che altre, la Fibromialgia rappresenti la conseguenza di una serie di risposte dell’organismo ad una situazione di stress “socio-ambientale” in grado di innescare una anomalia a carico di alcuni neurotrasmettitori (mediatori chimici che intervengono nella comunicazione tra le cellule nervose). Ciò comporterebbe una riduzione della soglia di sopportazione del dolore dovuta a un’alterazione delle modalità di percezione, a livello del Sistema Nervoso Centrale, degli imput somatoestesici (alterazione della soglia nocicettiva).

Dott.ssa Alessia Ricci ([email protected])

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ultimo aggiornamento: 26-03-2017


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