PREMESSE

I provvedimenti legislativi regionali, approvati tra il 2014 e il 2015, in particolare la L. Regionale 65/2014 art 113, 114, il PIT con valenza di piano paesaggistico (in particolare l’allegato 5) e gli strumenti di programmazione regionale come il Piano Cave sono strumenti essenziali per pretendere dalle istituzioni di tradurre nei fatti richieste storiche del sindacato. In particolare di rilevanza essenziale sono i Piani Attuativi dei Bacini Estrattivi che, fra le altre, hanno il compito di individuare le quantità sostenibili di estrazione, il marmo come bene comune, una risorsa del territorio unica e non riproducibile che deve essere usata consentendo il sostegno economico alla popolazione locale e ricercando il dovuto equilibrio con le attività produttive del territorio. L’obiettivo di raggiungere il 50% di materiale lavorato in loco, di promuovere la filiera, quella di qualità certificata, possono essere, attraverso questo strumento e alla nostra partecipazione, esigibili sul territorio e non rimanere traguardi solo su carta.

La FilleaCGIL è convinta che sia possibile raggiungere questi obiettivi e che lo sia ancor più nel rispetto del lavoro, dei lavoratori, della sicurezza e della trasparenza.

Tale documento ha la volontà di condividere i seguenti contributi e linee guida di supporto ai territori che, nei dovuti tavoli, dovranno rispettare e utilizzare per proporre le regole necessarie per la definizione dei Piani di Bacino.

In particolare si ribadisce la nostra posizione alla base di ogni rivendicazione: vogliamo si continui a escavare marmo sia nelle cave all’interno del Parco Regionale delle Alpi Apuane che in quelle fuori dal Parco naturalmente purché si rispettino le regole sul lavoro, ambientali e sulla sicurezza.

La nostra posizione non può essere soggetta a strumentalizzazioni da parte di nessun portatore di interessi di varia natura in quanto sempre coerente e ferma sugli obiettivi e sui principi che li determinano, con al centro il lavoro.

LA TRACCIABILITA’

È indubbio che per rendere esigibili gli impegni e le regole previste dei Piani di Bacino sia indispensabile un sistema di verifica della qualità e della quantità del materiale estratto.

Siamo convinti quindi che la conditio sine qua non affinché sia definito un Piano di Bacino operativo è rendere possibile la tracciabilità dei blocchi, non riconoscendo l’autocertificazione come lo strumento adeguato. L’unico modo è quello di individuare un soggetto terzo che, senza discrezionalità, ma con metodi omogenei e certificati verifichi. E inoltre indispensabile che la verifica si estenda non solo al materiale estratto ma anche a quanto di questo viene lavorato sul territorio.

I soggetti terzi che mettono in atto i sistemi di controllo potrebbero essere remunerati attraverso le risorse che le aziende pagano al Comune per l’estrazione e/o attraverso le sanzioni.

Ipotizziamo che i soggetti di cui sopra possano essere aziende che certificano il Marchio di prodotti o Sistemi i di qualità a livello europeo ambientale (es. eco-label), queste avrebbero il compito di verificare quanti blocchi vengono estratti e quanti di questi vengono lavorati. Tale attività dovrebbe essere messa in atto attraverso protocolli specifici da sottoscrivere con la Regione toscana o col Parco Regionale o dal costituendo comitato di distretto regionale Apuo-Versiliese attualmente previsto nella proposta di modifica a della L. 35-2015 Art. 40 bis.

Crediamo che questo possa essere un investimento per il Comune, utile anche a verificare la qualità del materiale estratto per altri fini. Siamo convinti che la tracciabilità può essere messa in campo e verificata, sappiamo infatti che ogni azienda ha già un codice di identificazione blocco, baserebbe trovare un sistema condiviso di selezione.

Inoltre è indispensabile prevedere un meccanismo sanzionatorio di ritiro delle autorizzazioni in caso di mancato rispetto di quanto disciplinato nel piano di bacino e nei protocolli con le società di certificazione.

Crediamo che i comuni abbiano la responsabilità di dover procedere senza timori ed avere il coraggio di esigere la tracciabilità nel rispetto di tutta la popolazione che rappresentano.

SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE E SICUREZZA SUL LAVORO

La sostenibilità  dell’estrazione  in termini di quantità e qualità è una delle priorità per la FilleaCGIL, inoltre è importante considerare in quanto tempo le quantità estratte si raggiungono. Tale analisi ha le sue riflessioni sul territorio.

Due temi che stanno insieme e intendiamo proporre: come rispettare le norme sulla sicurezza nei posti di lavoro e la quantità di materiale estratto. Se da tempo sosteniamo che ogni lavoratore per  lavorare in sicurezza non deve avere pressioni rispetto alla lavorazione ed alla produzione, siamo convinti (anche da esempi virtuosi sul territorio) che ogni lavoratore non deve produrre più di mille tonnellate all’anno, con una variante che può essere  data dalla tipologia di materiale. Quindi, per

rispettare l’obiettivo normativo di determinare le quantità sostenibili del materiale estraibile occorre definire dei coefficienti che rispondono a questi indicatori (personale e tipologia di materiale).

LAVORAZIONE IN FILIERA CORTA

Come previsto negli intenti e soprattutto nelle norme (allegato 5) l’obiettivo di raggiungere il 50% di lavorazione in filiera corta deve essere reso sostanziale anche nelle indicazioni dei Piani di Bacino. Cosa non chiara è come si misura il 50%, ipotizziamo che in questa % vanno considerati i blocchi buoni/squadrati e gli informi. Infatti se per i blocchi buoni è molto facile superare il 50% negli informi è più difficile. Così le due tipologie di blocchi si compensano.

LE LAVORAZIONI

Atra questione da definire è cosa si intende per lavorato. Possiamo ipotizzare di  considerate lavorazioni tutte quelle che determinano una prosecuzione della lavorazione oltre i lavorati grezzi (lastre passate solo dalla segheria). Considerando però che la necessità per garantire maggiori ricadute, anche occupazionali, sul territorio è quella di incentivare la lavorazione dobbiamo fare un distinguo. Il 50% deve essere composto dai semilavorati e da prodotti finiti i quali dovranno rappresentare un’incidenza maggiore. Infatti al comma 4 dell’allegato 5 si parla non solo di lavorazioni ma di lavorazioni di qualità.

LA FILIERA CORTA

Inoltre dobbiamo considerare filiera corta tutto quello che viene lavorato sul territorio regionale.

CONCLUSIONI

Con queste osservazioni abbiamo provato a dare un contributo con serietà e responsabilità. Convinti che sia possibile e necessario coniugare sviluppo sostenibile nel rispetto del lavoro della sicurezza nella trasparenza. Saremo determinati a verificare che nel percorso dei piani di bacino questo avvenga.

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apuane bacini estrattivi politica seravezza sindacati

ultimo aggiornamento: 07-11-2017


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