Infermiera killer: Fausta Bonino è stata condannata, in rito abbreviato, all’ergastolo, come richiesto dal pubblico miniestero. La donna è stata riconosciuta colpevole di aver pianificato e causato la morte di quattro persone – Franca Morganti, Mario Coppola, Angelo Ceccanti e Bruno Carletti –   in corsia all’ospedale di Piombino dove lavorava.  Assolta per gli altri 6 casi e per abuso di ufficio.

“Non è giusto, non ho fatto nulla”, le parole della donna in lacrime alla lettura del verdetto da parte del giudice Marco Sacquegna dopo ben 5 ore di camera di consiglio. Il legale, avvocato Cesarina Barghini, ha già annunciato ricorso in Appello.

Operazione “killer in corsia”, questo il nome dell’inchiesta dei Nas di Livorno che , tre anni fa,  avevano arrestato l’infermiera Fausta Bonino,  56enne, originaria di Savona, di famiglia piemontese, in Toscana dall’inizio degli anni ’80, sposata, con due figli e che da circa 20 anni lavorava nel reparto di anestesia e rianimazione, ritenuta responsabile, inizialmente, di 1o omicidi all’ospedale di Piombino.

Una storia di orrore, con decessi che  furono attribuiti a “scoagulazione del sangue”, finita all’aeroporto di Pisa, al rientro della donna da un viaggio a Parigi col marito, dove ad attenderla c’erano i militari dell’Arma.

La persona coinvolta nell’indagine  fu ritenuta responsabile di omicidi volontari, avvenuti negli anni 2014 e 2015, nei confronti di pazienti tutti ricoverati, a vario titolo e per diverse patologie, presso l’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale civile di Piombino. L’indagine, iniziata a metà anno del 2015 e condotta dai Carabinieri del NAS di Livorno – coordinati dalla Procura della Repubblica di Livorno (Pubblico Ministero dottor Massimo Mannucci) –  era  scaturita  da una segnalazione di un’ennesima ed inspiegabile morte nell’ospedale di Piombino di un anziano signore per emorragie diffuse non direttamente collegabili alle patologie di cui era affetto. L’attività investigativa del NAS toscano, coadiuvato nelle varie fasi dal Reparto Analisi Criminologiche – Sezione  Psicologia Investigativa e Sezione Atti Persecutori del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche (RaCIS) di Roma, aveva consentito di accertare la responsabilità dei delitti in capo ad una infermiera in servizio presso quell’ospedale da numerosi anni. La complessa attività d’indagine aveva messo in luce anche le modalità con le quali l’infermiera ha cagionato la morte dei poveri pazienti, ovvero attraverso l’iniezione letale, non per fini terapeutici, di un farmaco anticoagulante (EPARINA) tanto da determinare, soprattutto in alcuni casi, una rapida, diffusa ed irreversibile emorragia con conseguente morte. La presenza di tale farmaco era stata riscontrata nei rispettivi esami ematochimici effettuati sui pazienti nel corso dell’ordinario monitoraggio clinico, che hanno evidenziato una concentrazione, in alcuni casi, anche 10 volte superiore rispetto a quelle compatibili con le consentite dosi terapeutiche. I pazienti deceduti, uomini e donne di età compresa fra i 61 e gli 88 anni, in molti casi avevano patologie per le quali la somministrazione dell’eparina non rientrava nelle possibili terapie. I Carabinieri, a seguito di accurate verifiche sui turni di servizio di tutto il personale operante, a vario titolo, in quel reparto, erano anche riusciti a conclamare come unica e ricorrente presenza in tutti i turni sospetti (correlati alle morti), presso il Reparto Anestesia e Rianimazione, quella della  infermiera. La “segnalazione” ai carabinieri del Nas di possibili problemi nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Piombino era partita dall’Azienda sanitaria.

 

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