Caso Sea Watch.  La redazione di Versilia Today ha chiesto un parere sulla vicenda che ha diviso in due l’Italia ad un noto penalista viareggino, l’avvocato Riccardo Carloni.

La comandante Carola è stata arrestata per “atti di resistenza o violenza contro una nave da guerra nazionale”, in base all’articolo 1100 del codice della navigazione, che prevede una pena da 3 a 10 anni. Secondo lei, avvocato penalista di lungo corso, regge l’accusa?
Configura ipotesi di reato la manovra fatta dalla capitana Rackete per entrare nel porto di Lampedusa, che ha speronato la vedetta della GdF?  Secondo il comandante Gregorio Di Falco, ex alto ufficiale della Marina a Livorno, ora senatore in forza al Movimento 5 Stelle, l’imbarcazoine delle Fiamme Gialle non è una nave militare…

Per poter seriamente rispondere a tali domande bisognerebbe conoscere gli atti, aver parlato con la Comandante Carola Rackete, insomma essere i difensori…

Ovviamente, è molto importante verificare lo svolgersi degli accadimenti che hanno preceduto l’ingresso e l’attracco in porto a Lampedusa della Sea Watch (ivi compreso il contatto con la vedetta della Guardia di Finanza); l’accertamento di eventuali rotte alternative che la nave avrebbe potuto intraprendere rispetto all’attracco a Lampedusa (possibilità di attracco ad un “porto sicuro” più vicino, alla luce anche della situazione a bordo dei migranti).

Sul piano normativo (segnatamente, di diritto internazionale) la questione è molto articolata.

A mero titolo informativo, si può ricordare che la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo è imposta al nostro Ordinamento non solo dalla Carta Costituzionale, bensì anche da fonti sovranazionali, come: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948;  la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali del 1950 e ratificata nel 1955; il Trattato sull’Unione Europea del 1992, come modificato dal noto Trattato di Lisbona del 2007, entrato in vigore nel 2009; la Carta dei diritti umani e la biomedicina, c.d. Convenzione di Oviedo del 1997 e recepita dall’Italia con L. n.145/01;  la Carta dei diritti Fondamentali dell’UE, quest’ultima proclamata, in un primo tempo, a Nizza il 7 dicembre 2000 e, in un secondo momento, a Strasburgo nel 2007, dotata di valore vincolante per le istituzioni Europee e per i Paesi Membri solo con il menzionato Trattato di Lisbona.

Circa le norme internazionali transazionali di rilievo sulla ricerca ed il salvataggio delle persone in pericolo in mare, si segnala:  la Convenzione di Amburgo del 1979 (cosiddetta convenzione SAR) sulle procedure organizzative da adottare da Parte degli Stati Contraenti per la ricerca ed il soccorso in mare di soggetti in pericolo e la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), quest’ultima stipulata a Montego Bay nel 1982 e recepita dall’Italia con legge n. 689 del 1994, secondo la quale ogni Stato contraente deve obbligare i comandanti delle navi, che battono bandiera nazionale, ad apprestare assistenza ai naufraghi rinvenuti in mare, ovvero a portarsi immediatamente in soccorso di persone in pericolo, allorché ne abbiano avuta notizia.

Convenzioni, Trattati e Carte che paiono sancire la tutela dei diritti fondamentali degli uomini (non dei cittadini), declinando un dovere da parte degli Stati di dare assistenza e aiuto a soggetti che versano in situazioni di pericolo in mare e quello di far sbarcare i naufraghi in un porto sicuro.

Nella vicenda della Sea Watch, si colloca l’entrata in vigore del D.L. 53/2019 (c.d. Decreto Sicurezza – bis), in base al quale il Ministro degli interni ha vietato alla nave l’ingresso in acque territoriali.

Contro tale provvedimento è stato esperito ricorso cautelare al TAR Lazio ed alla Corte EDU, con esito negativo (non essendo stati ritenuti sussistenti motivi di emergenza).

Dal punto di vista penale, le questioni centrali relative alle diverse contestazioni mosse dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento possono essere:

  • In riferimento a quella di cui all’art 1100 del codice della navigazione, rubricato “resistenza o violenza contro nave da guerra”, il tema della natura della nave (nel caso di specie, anche in ragione dell’assenza di un Ufficiale di Marina a bordo, pare potersi escludere la natura di nave da guerra della vedetta della Guardia di Finanza, definita quale: “nave che appartenga alle Forze Armate di uno stato, che porti i segni distintivi esteriori delle navi militari della sua nazionalità e sia sottoposta al comando di un Ufficiale di Marina al servizio dello stato e iscritto nell’apposito ruolo degli Ufficiali o in documento equipollente, il cui equipaggio sia sottoposto alle regole della disciplina militare” ).
  • In merito alla seconda contestazione di tentato naufragio, ex artt. 56 e 428 c.p., le scriminanti di cui agli artt. 51 e 54 del codice penale, rubricate rispettivamente “esercizio di un diritto o adempimento di un dovere” e “stato di necessità” (invero, pare che numerosi naufraghi avessero minacciato atti di autolesionismo e suicidio nel caso in cui fossero stati rimpatriati); oltreché una precisa e approfondita analisi dell’elemento soggettivo del dolo.
  • Ve ne sarebbe anche una terza, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cui al D.lgs 286/98, per la quale valgono gli argomenti e le scriminanti precedentemente esaminati.

Come si vede, la questione di fatto e diritto in esame è molto complessa: la giustizia farà il suo corso.

Mi sia consentito un personale commento.

Quanto accaduto è toccante e drammatico da un punto di vista umano, e rievoca il possibile conflitto tra diritto positivo e diritto naturale; la storia e la filosofia del diritto ci insegnano come possa esserci un punto di rottura…

Quando in gioco vi è la disperazione, il diritto alla vita, la necessità di sottrarsi agli stenti ed ai soprusi vengono evocati i principi di solidarietà, della personalità e di uguaglianza, aventi rango costituzionale.

Ma poi, non si legge nel Vangelo: << Amerai il prossimo tuo come te stesso>>…?

Messe da parte le emozioni ed evitando ogni polemica politica, dobbiamo aver fiducia nel nostro ordinamento giuridico, nella civiltà del nostro paese, nel rispetto della legalità (ivi comprese le scriminanti sopra richiamate che saranno invocate nella vicenda processuale di Carola Rackete)!

La Camera Penale di Milano ha preso posizione sulla vicenda, scrivendo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La Camera Penale di Lucca no.

Condivido il comunicato della Camera Penale di Milano e dei molti interventi in rete, espressi da numerosi penalisti e dal Presidente dell’Unione Camere Penali, Avv. Giandomenico Caiazza.

Del resto l’Avvocato, quello penalista, di fronte ad un qualunque arrestato (in special modo se una giovane, coraggiosa, donna che, a torto o a ragione, ha seguito i propri principi esponendosi in prima persona per solidarietà) sente salire nella propria coscienza il richiamo alla Professione (l’istinto di indossare la Toga, che dà dignità al proprio lavoro) per assistere l’accusato, come indica anche l’etimologia del termine Avvocato (Advocatus:”chiamato in aiuto”).

Esistono precedenti simili a questo, e se si cosa hanno deciso i tribunali?

Si segnala la recentissima pronuncia emessa dal GIP presso il Tribunale di Trapani del 23 maggio 2019, ove il giudicante ha ricostruito con percorso logico argomentativo di grande pregio giuridico la problematica in esame, applicando agli imputati la scriminante della legittima difesa, di cui all’art. 52 c.p. (i migranti, con l’uso della forza, si erano opposti al loro rimpatrio in Libia, costringendo il Capitano a condurli verso le coste Italiane).

Inoltre, più risalente nel tempo, il noto caso della nave Cap Anamur, ove il Tribunale di Agrigento, con sentenza n. 954/2009, ritenuta sussistente la scriminante di cui all’art 51 c.p., assolse tutti gli imputati dal delitto p. e p. dagli artt. 110, 12, I°, III° e III° bis D.lgs. 286/98, perché il fatto non costituiva reato (agli imputati era stato contestato di aver favorito l’ingresso clandestino nel territorio nazionale di taluni cittadini extracomunitari, per aver condotto nel territorio Italiano alcuni naufraghi soccorsi in mare dopo aver trascorsi alcuni giorni fuori dalle acque nazionali; reato successivamente ritenuto scriminato).

Intanto, oggi, dopo l’udienza di ieri dove la Procura aveva chiesto per la capitana la convalida del fermo e il divieto di dimora nella provincia di Agrigento, il gip  non ha convalidato l’arresto. Carola ha agito per salvare vite umane. Per  stato di necessità ( LEGGI QUI: Carola libera, il gip non convalida l’arresto )

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