Messaggio dell’Arcivescovo di Lucca al mondo della scuola per l’anno scolastico 2019-20

Cari amici e care amiche,

qualcuno si ricorderà di quando la scuola cominciava il primo ottobre; dopo qualche giorno ci sarebbe già stato il primo giorno di vacanza: la festa di San Francesco, patrono d’Italia (proclamato tale da Pio XII il 18 giugno 1939). Oggi la scuola inizia un po’ prima e il 4 ottobre non è più festa, eppure la persona del Poverello di Assisi ha sempre tanto da dire a noi Italiani, anche a quelli che vivono la scuola da studenti, genitori, insegnanti o personale non docente. Quest’anno in particolare, perché tocca proprio alla Toscana offrire l’olio che alimenterà nel 2020 la lampada che arde presso la tomba di San Francesco: i sindaci, i vescovi e tante persone da ogni angolo della Regione si recheranno ad Assisi, il 3 e 4 ottobre, per compiere questo gesto tradizionale. Presentando il programma delle celebrazioni, il cardinale Giuseppe Betori ne ha parlato come di un’occasione perché tutti possano riflettere “su come il volto autentico dell’uomo che Cristo ci ha rivelato, e che Francesco ha saputo così ben interpretare, possa essere ispiratore di una società più giusta e più attenta alla dignità delle persone”.

Francesco è stato definito “il più santo degli Italiani e il più italiano dei santi” (V. Gioberti): la sua vita e le sue parole, trasformate dal Vangelo, continuano ad additare a credenti e non credenti del nostro Paese valori come l’amore per il creato, la ricerca della semplicità e della giustizia, il servizio generoso ai fratelli, il desiderio della concordia e della pace. San Francesco non si riteneva un uomo colto, pur conoscendo il francese, un po’ di latino e sapendo leggere e scrivere – cose non comuni a quel tempo – eppure quanta sapienza troviamo nel suo cammino umano e cristiano! Il mondo intorno a noi, a volte persino gli ambienti scolastici, vive situazioni di conflitto, individualismo, scarso rispetto per gli altri e per l’ambiente; con tutta la sua scienza e la sua tecnologia, l’uomo di oggi sembra aver smarrito la coscienza della dignità e del destino propri e altrui.

La scuola, forse più ancora che a insegnare a “leggere, scrivere e far di conto”, come diceva Geppetto a Pinocchio, è oggi sempre più chiamata a essere palestra di umanità, dove apprendere a vivere e a crescere in compagnia dell’altro. A scuola si incontrano le generazioni, le classi sociali, le culture e le religioni, i diversi saperi… in una mescolanza che manifesta e anticipa il volto del Paese. Accanto alle competenze e anche attraverso di esse, può crescere pertanto il senso della comunità, basato sulla fiducia nella vita e negli altri, elemento indispensabile per costruire una società solidale ed efficace. È una grande sfida educativa, che impegna non solo chi nella scuola vive e lavora, ma tutta la collettività: famiglie, istituzioni, associazioni, parrocchie, società sportive… Se infatti la scuola ha successo, vinciamo tutti la partita decisiva dell’educazione; se la scuola fallisce, avremo tutti perduto.

“Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio” ha detto Papa Francesco, citando un proverbio africano. Nella Diocesi di Lucca ci sono scuole assai diverse: quelle con migliaia di alunni, poste al centro delle città, ma anche quelle che si trovano in montagna e riuniscono studenti e personale provenienti dai piccoli paesi dei dintorni. Tutte, però, hanno bisogno di essere supportate dalla comunità alla quale appartengono. Nell’anno scolastico che inizia vorrei prima di tutto augurare alla scuola di poter sperimentare la vicinanza e la collaborazione di tutti gli attori sociali. Ciò richiede da una parte la disponibilità ad ascoltare e sostenere concretamente le istituzioni educative; dall’altra l’apertura di spazi che favoriscano la partecipazione e la collaborazione. Ciò esige soprattutto la fine di un certo clima conflittuale che a volte contrappone genitori, insegnanti e studenti. Una scuola vissuta come terreno di scontro si preclude proprio la possibilità di educare alla comunità; laddove invece prevale il senso di collaborazione, di mutua comprensione e di aiuto reciproco, si possono affrontare con successo tutte le difficoltà, aiutando le nuove generazioni ad acquisire nuove conoscenze e un più maturo senso civico. L’educazione civica non basta studiarla, anche se è davvero importante: la si apprende mediante l’esperienza di un ambiente in cui il “sogno” costituzionale di una società giusta e solidale viene realizzato nelle relazioni quotidiane.

San Francesco era uso salutare dicendo “pace e bene”: anch’io vorrei augurare a tutte le scuole di poter vivere un clima sereno e collaborativo al proprio interno e con il proprio “villaggio”, nella consapevolezza che a esso è legata la possibilità di far crescere il bene nelle menti e nei cuori dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, ma anche degli adulti impegnati nella difficile arte dell’educazione.

Un saluto e un augurio speciali alle numerose scuole paritarie di ispirazione cattolica della nostra Diocesi. Come ogni anno, accanto al serio e competente impegno educativo, da sempre vissuto in esemplare collaborazione con le famiglie e le parrocchie, si rinnovano le fatiche e le preoccupazioni per far quadrare il bilancio. Una discutibile interpretazione dell’art. 33 della Costituzione rende tuttora difficile l’attuarsi della libertà di educazione ivi riconosciuta, assai preziosa soprattutto in una società sempre più complessa come quella attuale. Anche a tale proposito, sarà importante abbandonare un atteggiamento conflittuale, per cogliere invece il valore per tutti di un’offerta educativa plurale. A nome dell’intera comunità diocesana, voglio manifestare la mia gratitudine a quanti – personale, volontari e famiglie – si impegnano a far vivere le scuole paritarie, assicurando loro la mia vicinanza e il mio appoggio.

Auguro ai componenti della grande comunità scolastica della Diocesi un sereno e proficuo anno scolastico, affidando tutti all’intercessione e alla protezione di San Francesco, patrono d’Italia. “Pace e bene!”

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ultimo aggiornamento: 12-09-2019


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