Ha fatto clamore il caso del gatto, che dopo aver morso la padrona è morto, affetto da Lyssavirus. Una vicenda toscana, avvenuta ad Arezzo, per la quale lo stesso sindaco, preoccupato, ha emesso ordinanze ad hoc non solo sui felini ma anche sui cani, e della quale si sta occupando anche il Ministero della Salute.

Su questo virus tipico dei pipistrelli, ma diverso dal virus della rabbia classica ( prima di questo caso, questo specifico Lyssavirus era stato rinvenuto una sola volta, a livello mondiale, in un pipistrello del Caucaso nel 2002, senza che ne fosse mai stata confermata la capacità di infettare animali domestici o l’uomo ) Versilia Today ha chiesto il parere del noto veterinario Alessandro Bianchi, titolare della clinica San Jacopo di Altopasio

“Francamente la notizia ha lasciato tutti i veterinari non poco meravigliati trattandosi  di patologie che per la mia generazione, restano antico retaggio di studi universitari che personalemte ho lasciato sui banchi di università 40 anni fa. Vedere oggi tornare alla ribalta la parola “Rabbia” fa quantomeno impressione”, spiega Bianchi: “Occorre però puntualizzare che il virus reperito nel gatto che ha morsicato la signora di Arezzo è ad oggi ritenuto solo parente del virus della rabbia”.

La “storia”, però, ha destato non poca preoccupazione…

“Resta il fatto che il virus trovato nello sfortunato gatto sia un virus che per la prima volta al mondo era in un mammifero domestico e che normalmente si trova nel pipistrello”, risponde il veterinario.

Ci può spiegare meglio il virus? E come e dove lo avrebbe contratto il micio morto?

“Il virus trovato nel gatto in questione è stato isolato nel 2002 nei pipistrelli e determina  in questi chirotteri un’encefalite mortale la (West Caucasian Bat Lyssavirus disease). Nello specifico l’ipotesi più accreditata è che il gatto abbia contratto il virus predando un pipistrello migratore e contraendo la malattia. E’ bene sottolineare che la signora morsicata sta bene e non ha contatto alcuna malattia”.  

Esiste un vaccino?

“Riguardo alla vaccinazione contro la rabbia resta il fatto che risulta inefficace contro questa malattia pur essendo il virus che la determina parente stretto.
Ha fatto bene il sindaco di Arezzo, in linea con le direttive generali vigenti sulla rabbia a ordinare norme cautelative e comportamenti da tenere soprattutto su animali non condotti al guinzaglio e senza museruola in quel territorio.
E’ uscita ieri peraltro una circolare del Ministero dell Salute che ricalca su scala nazionale l’ordinanza aretina e che alza l’attenzione su norme che seppure già presenti nel regolamento di Polizia veterinaria vigente oggi troppo spesso vengono disinvoltamente disattese da molti proprietari
Mi preme sottolineare che si tratta di un caso isolato ben lontano da epidemie. Non ricadiamo nell’inutile panico di inizio Covid-19 quando si parlò di probabile contagio da animali domestici. Già allora ebbi occasione su queste pagine di specificare che un caso isolato non deve fare allarmismo e le evidenze scientifiche hanno poi fatto rientrare ogni allarmismo che poi può provocare ingiustificato quanto barbaro abbandono di cani e gatti da parte di incauti proprietari”.ù

Ora è caccia ai pipistrelli… visto anche il caso della piccola turista svedese curata all’ospedale di Livorno…

“E’ indubbiamente da approfondire la modalità con cui può essersi verificato il contagio e il comune di Arezzo ha predisposto le catture di pipistrelli per verificare la presenza del virus e la sterilizzazione chimica di tali mammiferi volanti”.

In merito alla rabbia “classica”, si sa che il vaccino, ormai da tempo, nessun cane lo fa…almeno in Toscana!

“Riguardo alla rabbia è bene specificare che in Toscana gli ultimi casi segnalati risalgono a 60 anni fa e l’Italia stata dichiarata indenne dal 2013.
La vaccinazione antirabbica non è obbligatoria in Toscana, ma solo in alcuni territori dell’arco alpino ed è obbligatoria invece per andare all’estero e per il passaporto veterinario valido per l’espatrio.  
Il vaccino contro la rabbia comunque non dà immunita per la malattia dei pipistrelli
Da tutto questo credo comunque si debba trarre che non bisogna abbassare la guardia su nessuna malattia anche se retaggio di un passato remoto. La rabbia esiste ancora in alcuni paesi europei portata dalla volpe e potenzialmente trasmessa al cane attraverso la morsicatura e le recenti evidenze sul coronavirus hanno evidenziato che la globalizzazione, il turismo e l’abbattimento delle frontiere possono ancora dare elevati rischi di presenza di vecchie malattie oggi relegate lontano da noi.
La scienza lavora alacremente per studiare rimedi e attenzioni che se adottati saranno indispensabili a rendere casi come questo isolati.
Per ogni lecito dubbio di ogni cittadino e di ogni proprietario sarà il veterinario la figura più accreditata per informare ed erudire circa le attenzioni da tenere per prevenire e curare al meglio  le malattie e dare benessere a chi ogni giorno porta affetto e gioia nelle nostre case”.

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