“Cosa ci aspettiamo dal 2021? Memoria, maturità e rispetto”. Giuseppe Pepe è il direttore del pronto soccorso dell’ospedale Versilia. Lui e i suoi colleghi, al Versilia, in Toscana, in Italia, non si scorderanno mai del 2020. Durante l’ondata autunnale di Covid, al pronto soccorso, nel giro di un mese, ci sono state oltre 3mila visite urgenti, vale a dire 100 urgenze al giorno, cioè un ammalato ogni 15 minuti. Nel mese di novembre sono stati oltre 600 i ricoveri, dei quali più della metà per patologie che non correlate al contagio da Sars-Cov2.

“Il momento storico ci deve avvicinare ai cittadini in difficoltà. Noi sanitari sappiamo che sono determinanti gli interventi mirati alla più rapida ripresa economica, al risanamento sociale e alla conferma della scuola in presenza. Ma è altrettanto importante mantenere memoria del fatto che il collasso al pronto soccorso non c’è stato perché sono stati rimodulati i posti letto ospedalieri, aumentati in maniera graduale i posti in rianimazione e nel reparto Covid e ciò ha permesso assistenza ed appropriatezza ai ricoveri urgenti – spiega il primario – ma anche perché tutto il sistema sanitario ha fatto la sua parte”.

“Se c’è un insegnamento che questo 2020 ci ha lasciato è che una risposta appropriata ai bisogni sanitari esiste anche sul territorio. Prendiamo ad esempio le Usca: hanno dato una risposta veloce come servizio di continuità assistenziale grazie alla regia dei medici di medicina generale che, a loro volta, hanno avuto un ruolo cruciale nel fare filtro, nel dare risposte immediate agli assistiti, nel prendersi cura della cronicità e anche delle urgenze minori. La guardia medica ha garantito copertura integrativa, sono stati introdotti i gruppi di intervento rapido ospedale-territorio, i drive through, le centrali di tracciamento operative anche nel week-end, gli alberghi sanitari, le cure intermedie”.

“E’ un modello di cui non potremo fare a meno nei prossimi mesi perché nel 2021, a gennaio e febbraio, si ipotizza la terza ondata di Covid che sarà intrecciata al picco di influenza stagionale e all’ordinaria attività di cura dei malati cronici, oncologici, cardiologici, chirurgici, e traumatici. Questa triade di “morbilità” non sarà sostenibile, o lo sarà con estrema difficoltà, in un pronto soccorso già stressato e prosciugato di energie per l’intensa attività che ha richiesto la pandemia durante il 2020”.

“E poi al 2021 chiediamo maturità. Quella dimostrata da cittadini, pazienti e ammalati che durante le fasi più critiche della pandemia non hanno affollato il pronto soccorso con accessi impropri. Gli accessi non urgenti si sono ridotti in maniera drastica, anche fino al 50%. Durante le prime “due ondate” sono arrivati al pronto soccorso solo emergenze indifferibili. Ciò ha significato proteggere e tutelare la struttura e permettere a noi operatori di prenderci cura di tutti, senza attese e senza lamentele. Questo comportamento di maturità deve continuare. E’ impensabile che, ancora non superata la pandemia, si torni ad assaltare i pronto soccorso”.

“E infine il rispetto” conclude Pepe. “Non potrò mai ringraziare abbastanza i colleghi per l’impegno che hanno messo e stanno mettendo nel lavoro in questi mesi. Non ci sono stati eroi, ma professionisti della funzione pubblica che hanno lavorato in equipe, duramente, e che oggi chiedono il rispetto del loro lavoro, che passa dal giusto riconoscimento alle competenze professionali assicurate da infermieri e medici, e dal fare tesoro di quanto ha funzionato nel nostro recente passato e si conferma ancora nel presente. Averne consapevolezza aiuterà tutti a ricevere risposte adeguate ai bisogni di salute, ciascuno al momento giusto ed al posto giusto”.

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covid-19 pronto soccorso

ultimo aggiornamento: 11-12-2020


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