Le elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre 2021 ci consegnano un territorio in cui ad  affermarsi sono dinamiche politiche spurie, che in parte intrecciano tra di loro gli obiettivi  politici delle principali forze a livello locale e nazionale

Se infatti il PD Versilia vince a metà, perdendo Seravezza ma conquistando da una posizione di forza il ballottaggio a Massarosa, la destra radicale di Lega e Fratelli d’Italia ne esce sconfitta,  perdendo in entrambi i comuni e avendo solo una flebile speranza nel ballottaggio di  Massarosa

Il vero vincitore nel campo del centrodestra è il Senatore Mallegni, che insedia a Seravezza una amministrazione a lui vicina e indebolisce Fratelli d’Italia facendone saltare il Sindaco a  Massarosa. 

Si rafforza conseguentemente anche l’asse civico di centro-centrodestra, che da oggi può  contare su ben due sindaci (Seravezza e Forte dei Marmi) e su un rapporto privilegiato con  quello di Viareggio Giorgio Del Ghingaro, che in questo modo diventa un mediatore obbligato  per il PD Versiliese nei confronti degli altri sindaci, rafforzando quindi anche internamente la  propria maggioranza. 

Queste elezioni oltre che dal punto di vista istituzionale, inoltre, ci parlano molto dal punto di  vista sociale, per almeno due aspetti. 

Il primo, è l’altissimo tasso di astensionismo, caratteristica comune a tutto il territorio  nazionale e ancor più marcato nel Comune di Massarosa. 

Il secondo è la significativa presenza di giovani candidati nelle liste di tutti gli schieramenti,  dato che deve far riflettere un partito come il nostro di cui a livello locale i giovani sono  l’ossatura fondamentale, perché è forte il rischio che a seguito del riflusso di movimenti di  massa che hanno animato gli ultimi anni, le classi dirigenti del nostro paese stiano preparano  in modo gattopardesco un proprio ricambio generazionale, mobilitando energie e forze  potenzialmente rivoluzionarie per perpetuare il sistema di potere che ha prodotto la crisi  sociale e ambientale in cui versa la nostra epoca, in un processo che Antonio Gramsci avrebbe  definito “rivoluzione passiva”. 

Di seguito si esaminano nello specifico i due comuni andati al voto, proponendo una analisi  numerica e politica, oltre ad avanzare alcune considerazioni e proposte alla luce del quadro che ci restituiscono le urne. 

MASSAROSA 

L’affluenza 

Come già evidenziato, un primo dato su cui riflettere è l’affluenza straordinariamente bassa, che si ferma al 50,73%: un cittadino di Massarosa su due non si è recato alle urne, nonostante il clima politico arroventato dovuto a due anni che hanno visto una forte polarizzazione intorno al drammatico dissesto dell’ente. 

In due anni la partecipazione cala di ben 15 punti, e questo non può non costringere l’intero panorama politico ad una autocritica severissima, che a nostro avviso si incardina su tre questioni: 

1) Effetto Draghi: L’ennesimo governo tecnico di larghe intese, nato ad uso e consumo del padronato italiano, alimenta una diffusa sfiducia nella possibilità di decidere alcunché tramite gli strumenti di partecipazione politica.

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2) Degenerazione elitaria della politica: In perfetta sintesi con il punto precedente, l’impressione diffusa è che gli unici a guadagnare dalla politica siano quelli che la fanno. La causa è un approccio autoreferenziale da parte delle maggiori forze politiche, del tutto centrato sulle dinamiche di palazzo, che ha sostituito la dialettica tra idee diverse con la semplice gara a chi è più bravo ad amministrare l’esistente. 

Se la politica diventa scontro tra tecnici, chi è estraneo alla contesa perde ogni interesse e motivazione. 

3) Americanizzazione della società italiana: i processi di mediatizzazione e disintermediazione delle relazioni politiche, con la scomparsa del radicamento di massa dei partiti, e lo spostamento online di gran parte della discussione, favorita dalla crisi pandemica di Covid-19, hanno avuto come unico effetto quello di favorire la disaffezione verso la partecipazione, lasciano il campo a forme di sfogo momentaneo più finalizzato alla critica qualunquistica che ad una partecipazione responsabile alla cosa pubblica. Questo effetto si collega naturalmente con la perdita di sovranità effettiva da parte delle istituzioni democratiche. 

I risultati 

L’esito del primo turno elettorale è quello di un netto vantaggio del centrosinistra guidato da Simona Barsotti, che ottiene 4577 voti pari al 48,40%, mancando per un soffio la vittoria al primo turno. 

Il derby interno al centrodestra tra l’ex Sindaco Alberto Coluccini e il candidato di Lega e FI, Carlo Bigongiari, si risolve in una prevalenza del secondo, che conquista 2928 voti pari al 30,29%, guadagnandosi il ballottaggio a fronte dei 1662 voti pari al 17,57% ottenuti da Coluccini. 

Si ferma a 290 voti pari al 3,07% dei consensi la nostra candidata Sonia Sacchetti, sostenuta anche dal PCI. 

Alberto Coluccini, nemico pubblico numero uno. 

L’ex Sindaco di Massarosa dopo due anni di scontri furibondi che lo hanno visto protagonista, perde sensibilmente voti della sua lista civica, passando dai 1164 del 2019 ai 735 del 2021, calando anche in termini percentuali dal 9,83% all’8,44% nonostante la bassa affluenza. I voti persi dalla civica vengono in parte recuperati da Fratelli D’Italia, che ne guadagna 307 rispetto alla scorsa elezione, ma questo aumento è principalmente dovuto al trend nazionale che vede il partito di estrema destra in forte crescita; ne è riprova il rapporto relativamente basso tra preferenze e voti alla lista, che si attesta sul 63%. 

Si ipotizza inoltre che sempre per dinamiche di carattere nazionale, FDI abbia recuperato una piccola parte dei 415 voti presi da CasaPound alle elezioni precedenti, mentre quelli più organici alla sigla neofascista sono finiti ai propri candidati interni alla Lega. Si può quindi dire che gli elettori di area abbiano bocciato la gestione amministrativa dell’amministrazione Coluccini, preferendovi la destra “ripulita” di Bigongiari. 

Carlo Bigongiari, tutto cambia affinché niente cambi. 

Se a destra Atene piange, Sparta non ride. Il primo dato che salta all’occhio analizzando i risultati ottenuti dalla compagine di Bigongiari è il tracollo della Lega, che perde quasi due terzi dei propri voti, passando dai 3074 voti e il 25,96% del 2019 a 1128 voti pari al 12,96%; ciò è reso ancora più pesante considerando che alla Lega vanno parte dei voti presi nel 2019 da CasaPound.

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La perdita di consensi per la Lega è in parte spiegabile da dinamiche politiche nazionali, ma in parte essa paga lo scotto di essere stato il principale partito ad aver sostenuto l’amministrazione Coluccini, inducendo probabilmente molti che l’avevano votata nel 2019 a passare al centrosinistra o a rifugiarsi nell’astensione: tale risultato infatti non è spiegabile solo con un “travaso” interno alla coalizione di Bigongiari, la cui la lista civica ottiene 1099 voti pari al 12,62%, poco più della metà di quelli persi dalla Lega; discorso analogo vale per Forza Italia, che passa dai 1437 voti e il 12,14% del 2019 ai 432 voti e il 4,96% attuale. 

Simona Barsotti: quando i candidati fanno la differenza. 

La coalizione che sostiene Simona Barsotti si caratterizza per la rigida tenuta in termini di voti assoluti, che complice la diminuzione dell’affluenza alle urne, porta un consistente aumento percentuale. 

Partendo dal Partito Democratico, vi è un leggero calo dai 2260 voti del 2019 ai 2165 del 2021, che si tramuta però in un aumento percentuale dal 19,09% al 24,87% 

Tale leggero calo è ipotizzabile che sia dovuto alla perdita di una parte del voto “politico” al partito, compensato però da un aumento in termini percentuali dei voti di preferenza al PD da un 75% a un 87% sul totale. Verosimilmente questo pacchetto di voti è confluito nella lista Massarosa Solidale, formata da Sinistra Italiana e Articolo 1 che ottiene 192 voti pari al 2,21%. Venendo a Sinistra Comune, questa lista aumenta leggermente i propri voti assoluti, da 874 a 957, guadagnandone 83 e aumentando così il proprio peso percentuale dal 7,38% al 10,99%, perdendo la propria percentuale, storicamente bassa di voto “politico”, passando da un rapporto tra preferenze e voti di lista pari all’80% del 2019 al 114% del 2021.  

È verosimile che tale cambio di natura sia dovuto alla perdita dei voti apportati da Rifondazione Comunista e PCI, riequilibrati però da candidature individuali che hanno portato voti di preferenza che altrimenti non sarebbero andati alla lista, provenienti in massima parte dalla ex lista civica “Massarosa Domani” che alle precedenti elezioni era coalizzata con Sinistra Comune. 

La lista civica del centrosinistra, Orgoglio Massarosa, può verosimilmente aver attratto qualche voto da elettori scontenti del centrodestra, e in misura maggiore avere parzialmente attinto dagli elettorati di Massarosa Domani e Massarosa Futuro, le due liste civiche che nella tornata precedente afferivano all’area politica; tuttavia tale apporto è limitato, in quanto la civica di Simona Barsotti si ferma a 688 voti e un 7,90%, a fronte dei 1112 dati dalla somma delle due liste precedenti. 

Da ultimo, nel centrosinistra si registra un tracollo del Movimento 5 Stelle, che passa dai 1039 voti e l’8,78% del 2019 ai 269 voti e il 3,09 del 2021. Tale tracollo ha unicamente motivazioni di carattere politico, dovute sia alla flessione nazionale della forza politica guidata da Giuseppe Conte, che alla sua travagliata storia locale, investita nel pieno dal cambio di natura da partito di protesta a partito riformista di centrosinistra.  

È ipotizzabile che molti elettori del M5S siano finiti nell’astensione e a Rifondazione Comunista e PCI, o che abbiano cambiato completamente approccio, scegliendo di non dare più un voto ideologico ma apportando il proprio consenso a singoli candidati locali tramite il voto di preferenza, primi tra tutti quelli di Sinistra Comune e Orgoglio Massarosa. 

Sonia Sacchetti, il ritorno del voto di appartenenza 

La lista di Rifondazione Comunista e PCI che sosteneva Sonia Sacchetti, che ha ottenuto 268 voti pari al 3,08%, è paragonabile come conformazione solo andando a ritroso con le liste che erano presentate fino al 2009 dal solo PRC. 

Si tratta infatti della seconda lista, dopo quella del Movimento 5 Stelle, con il rapporto più basso tra voti di preferenza e voti di lista, pari al 50%.

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Se quindi è difficile fare una stima su un periodo così ampio, su cui emerge l’ovvio indebolimento nell’arco di 12 anni dei due partiti comunisti presenti sul territorio, è possibile però avanzare alcune ipotesi alla luce dei risultati politici complessivi. 

Verosimilmente circa metà dell’elettorato della lista è quello sottratto a Sinistra Comune dai due partiti, mentre l’altra metà proviene dall’astensionismo o dal Movimento 5 Stelle, a cui PRC e PCI provano a strappare il riferimento di voto antisistema. 

Qualche indicazione sul contesto e sul ruolo dei comunisti a Massarosa I risultati elettorali ci consegnano un quadro politico comunale che in parte già conoscevamo, ma che per troppo tempo abbiamo fatto finta di non vedere, che a fronte di una logorante tendenza generale, che provoca sempre più astensionismo e disaffezione in metà dell’elettorato, porta l’altra metà a votare essenzialmente su base di stima personalistica. Dobbiamo prendere atto che il clima politico che si è respirato a Massarosa negli ultimi anni, ha trasformato la politica in un affare per pochi addetti ai lavori; e le principali forze locali, a cominciare dal PD, nulla fanno per invertire tale tendenza, ritenendo che di fondo l’astensionismo le favorisca nei risultati percentuali e monopolizzando la discussione con un taglio amministrativista che strozza la politica e il libero confronto delle idee. La stessa “partecipazione” di cui tutti oggi sembrano riempirsi la bocca, è concepita soltanto in funzione di ricadute in termini di voti a questa o a quella macchina di consenso personale. Quindi come primo dato emerge la correttezza della nostra scelta politica di impostare la campagna elettorale su un lavoro e un sentimento collettivo, che rientra perfettamente nelle corde del nostro elettorato e rispetto a cui serve una battaglia culturale di lunga lena. In secondo luogo abbiamo colto l’analisi delle condizioni oggettive, vale a dire quelle indipendenti dalla nostra volontà: è stato corretto ipotizzare che dopo due anni di scontro furibondo tra centrodestra e centrosinistra, quest’ultimo campo non fosse contendibile, in quanto militarizzato da lungo tempo con una propaganda martellante che ha portato alle estreme conseguenze la dinamica “con noi o contro di noi”.  

Se avessimo impostato la campagna elettorale solo provando a dimostrare di essere più di sinistra, affidabili e rassicuranti per gli ambienti progressisti del PD, ne saremmo usciti con le ossa rotte; ciò che invece è stato colto con intelligenza è stata la necessità di porsi come punto di riferimento per l’alternativa di sistema. 

In terzo luogo, le condizioni soggettive: più di un decennio di internità al centrosinistra massarosese, ha fatto a pezzi l’autonomia programmatica e di proposta politica dei comunisti, oltre ad averne logorato le organizzazioni, senza che di ciò fosse possibile accorgersi perché inebriati da risultati elettorali positivi, che nascondevano però una subalternità culturale a battaglie decise da altri. 

Per lunghi anni siamo stati costretti a mettere in secondo piano le nostre battaglie sociali, per il diritto al lavoro, alla sanità e alla scuola pubblica, per l’ambiente senza se e senza ma. Le stesse contraddizioni aperte in passato viaggiavano in massima parte sulla scia di divisioni temporanee dell’area riformista, su tutte il conflitto nazionale tra Renzi e D’Alema e quello locale tra Del Dotto e Del Ghingaro. 

Lo scatto di orgoglio che Rifondazione Comunista e il PCI hanno avuto nello scorso agosto è stato probabilmente l’ultimo treno utile per ricostruire una alternativa sul nostro territorio dal punto di vista politico e organizzativo. 

Il voto a Massarosa ci restituisce due forze politiche che nelle contingenze si sono rivelate sì minoritarie, ma che hanno un grosso potenziale di fronte, grazie ad una organizzazione che ne ha beneficiato per tornare a connettere la dimensione locale con quella nazionale e grazie ad un posizionamento politico che per la prima volta da dieci anni ci offre la possibilità di tornare ad essere punto di riferimento per l’alternativa di sistema, complice anche la liquidazione in

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corso del Movimento 5 Stelle che per un decennio ci ha strappato tale ruolo: e con un 50% di astensione e un elettorato progressista che sta insieme soltanto grazie ad un nemico comune, gli spazi di crescita sono percorribili e stabilizzabili, grazie alla maggiore cultura politico organizzativa dei comunisti rispetto a chi nel corso del tempo ha catalizzato in loro vece il dissenso. 

Le direttrici del lavoro politico, scaturito dal congresso appena svoltosi del PRC e da quello da svolgere del PCI, dovranno essere pertanto tre: rafforzamento dell’organizzazione e della sua presenza sul territorio, costruzione di una rete di contatti locale che possa allargare lo spazio in cui ci muoviamo, assidua opposizione alla riorganizzazione del sistema di potere legato al centrosinistra sul territorio, con interventi non limitati alla stampa e ai social, precisi nei contenuti ma non avvitati su una logica di “cretinismo parlamentare” in salsa locale: non dimentichiamoci mai che esiste vita fuori dai palazzi comunali. 

SERAVEZZA 

L’affluenza al voto nel comune di Seravezza è in linea con la bassissima media nazionale, fermandosi al 55,83%.  

Qui il calo rispetto all’ultima tornata elettorale di cinque anni fa, dove si recò alle urne il 61,87% dei cittadini è meno netto rispetto a Massarosa, ma comunque importante, e si può riscontrare nelle motivazioni di carattere generale sopra esposte. 

I risultati 

Il Comune di Seravezza, avendo una popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, ha un turno unico di votazione, in cui vince il candidato sindaco con la maggioranza relativa e l’unica lista ad esso collegata; nonostante ciò le elezioni sono state vinte con una maggioranza assoluta del 50,03% dall’ex sindaco di centrodestra Lorenzo Alessandrini, ripresentatosi dopo oltre venti anni con una lista civica con il sostegno esterno da Forza Italia e Italia Viva, battendo così la candidata del centrosinistra Valentina Salvatori, che ottiene il 31,98% dei suffragi, e quella della destra Elena Luisi, che si ferma al 17,99%. 

Queste elezioni di Seravezza si sono caratterizzate per un completo stravolgimento delle consuete dinamiche politiche, fatta eccezione per la candidata del centrosinistra che ha raggruppato attorno a sé il Partito Democratico e i suoi tradizionali alleati, mentre le liste di Alessandrini e Luisi hanno visto un tale rimescolamento di carte che occorre analizzarne nel dettaglio le compagini per trarne qualche orientamento. 

In generale, un dato che si può trarre è che a Seravezza i voti alle liste non sono arrivati su base politica, ma su base personale in base ai candidati che esse esprimevano: e ciò è particolarmente vero per la lista che ha vinto. 

Valentina Salvatori, come crolla un sistema 

La candidatura di Valentina Salvatori nasce dalla necessità di una continuità ferrea con l’agenda politica delle precedenti giunte di Ettore Neri e Riccardo Tarabella, più per esigenze legate agli assetti del PD in Versilia che per seguire le priorità politiche locali. Il tentativo di ampliare il bacino di voti del PD, tramite la creazione della lista Creare Futuro (appoggiata anche da M5S, Articolo 1 e Sinistra Italiana) tuttavia non è andato oltre i 1936 voti, pari al 31,98%, con una perdita netta rispetto all’analoga compagine che nel 2016 portò alla vittoria Tarabella, che prese 2402 voti e il 34,73%. 

Tale calo è ancora più grande se si considera l’appoggio, almeno sulla carta, del Movimento 5 Stelle alla Salvatori, da cui verosimilmente sono arrivati pochissimi dei 1066 voti presi nel 2016, pari al 15,41%. 

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Tra i motivi del possibile calo di consensi, c’è sicuramente un malcontento diffuso per alcune scelte assunte dalla compagine di centrosinistra, tra cui la grande noncuranza delle frazioni montane del comune, a partire dal capoluogo, e non ultimo il passaggio di diverse figure chiave con la coalizione che sosteneva Alessandrini. 

Elena Luisi, se nemmeno la destra fa più la destra 

Sul fronte diametralmente opposto, quello della destra, la candidatura di Elena Luisi è nata dopo anni passati in trincea a fare la spina nel fianco della giunta di centrosinistra, prendendo il testimone che nel 2016 fu di Riccardo Cavirani, poi diventato segretario provinciale della Lega. Nel corso del tempo, numerose posizioni prese dalla Luisi hanno contribuito a smarcarne la figura da ambienti esclusivamente di destra, complice anche la mancanza di una prospettiva politica autonoma che spesso l’ha portata a rimorchio di battaglie storicamente portate avanti dalla sinistra, fino ad arrivare al paradosso che l’unica altra eletta della lista, Mara Tarabella, proviene da ambienti della sinistra antiliberista. 

Sul fronte dei consensi, la lista passa dai 1619 voti pari al 23,41% presi nel 2016 con Cavirani ai 1089 attuali, pari al 17,99%, quasi sicuramente finiti verso Alessandrini, a cui si è unita anche Forza Italia sostenuta da figure come Adamo Bernardi e il Senatore Massimo Mallegni. 

Lorenzo Alessandrini, la balena bianca striata di nero 

La vittoria di Alessandrini rompe parzialmente gli schemi della politica seravezzina, fornendo tuttavia le necessarie rassicurazioni che un sindaco deve dare a qualche “santo in paradiso” che lo sostenga a livello sovracomunale: a questo servono i sostegni incrociati di Forza Italia e Italia Viva e l’asse con il sindaco di Forte dei Marmi, Bruno Murzi, che è la miglior cartina tornasole della parabola di un certo tipo di civismo che ha preso piede in Versilia. 

Alessandrini può rivendicare il mantenimento di buona parte dei voti della precedente esperienza di Patto Civico, che nel 2016 con Andrea Giorgi ottenne 1816 voti e un 26,45%, diversa sotto molti punti di vista ma il cui elettorato si è in larga parte riversato nel nuovo progetto. 

Ad Alessandrini è arrivato inoltre un apporto trasversale di vecchi e nuovi volti della politica seravezzina, grazie ad un sapiente mix di esperienza personale e catalizzazione dello scontento per le politiche del centrosinistra, da cui arrivano molti voti storici del PD, che complessivamente portano la sua lista a ottenere 3029 voti e una vittoria netta con il 50,03%. 

Addirittura molte persone di sinistra, in mancanza di alternative, hanno espresso il proprio voto a favore della lista Alessandrini, nonostante il profilo politico del candidato sindaco esplicitamente di destra e con un passato discutibile di posizioni di revisionismo storico. 

Interpretare Seravezza con la lente della politica 

Vedendo i risultati di Seravezza, molti commentatori hanno sostenuto che la politica ha abdicato al proprio ruolo in favore delle persone.  

Ma quando mancano idee e organizzazioni forti, la politica la fanno proprio le persone. Quando a Forte dei Marmi fu Murzi a vincere le elezioni, inizialmente non era chiaro su che direttrici si sarebbe mossa la nuova amministrazione; con il senno di poi, abbiamo potuto verificare la formazione di una classe dirigente che nel comune più ricco della Versilia, si è fatta diretta interprete degli interessi del mondo imprenditoriale, con un occhio di riguardo al grande giro economico che di Forte dei Marmi fa la fortuna, che inevitabilmente ha avuto ripercussioni anche sull’orientamento politico dell’amministrazione, sempre più vicina al Senatore Mallegni e alle posizioni politiche del centrodestra, nel silenzio volontario o costretto di quelle figure provenienti da una cultura di sinistra che facevano parte di una compagine così variegata.

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Lo scenario che si configura per Seravezza non è identico, ma è simile, dove le pur esistenti figure progressiste presenti in tutti e tre gli schieramenti del nuovo consiglio comunale saranno costrette a fare i conti con gli impedimenti dovuti agli schieramenti politici di appartenenza (disciplina di partito una egemonia fortissima dell’unico partito che sul territorio esprime interessi ben precisi: Forza Italia di Massimo Mallegni e Adamo Bernardi. 

Che nel perfetto stile della nuova politica lobbistica e de-ideologizzata non esige amministratori con in tasca la tessera del proprio partito, ma che quando è necessario si ricordino di chi li ha sostenuti. 

Un partito comunista deve sapersi muovere anche all’interno di contesti contraddittori e complessi come quello che esce dal voto di Seravezza. 

La linea da perseguire, in un clima in cui sembra che sia venuto meno il rispetto dell’etica politica e della coerenza con storie e percorsi personali, deve essere quella del rigore nei contenuti e negli atti amministrativi che la nuova amministrazione sarà chiamata a compiere: in un quadro dove non abbiamo interlocutori privilegiati a cui chiedere coerenza con una storia, sarà nostro dovere essere la voce della coerenza politica. 

Operativamente quindi l’attività della nuova amministrazione comunale andrà monitorata in maniera meticolosa, denunciando tutti quegli atti amministrativi che inevitabilmente sarà chiamata ad adottare per venire incontro ai propri referenti politici, e richiamando alla responsabilità personale i singoli membri del nuovo consiglio comunale: tenendo la barra dritta sui contenuti e non facendo sconti a nessuno. 

 

La Segreteria della Federazione PRC-SE della Versilia

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